1. Si hanno due approcci alla crisi europea. Il primo, noto come Fiscal Compact (FC), vuole che i deficit pubblici siano azzerati con (quasi) qualunque andamento ciclico; il secondo, noto come Growth Compact (GC), vuole rilanciare l'economia, senza però esagerare con i deficit pubblici.

Nessuno dei due approcci è convincente. Nel caso del FC sono troppe le assunzioni per il ritorno della fiducia. Nel caso del GC i numeri non “girano” facilmente. È un ragionamento lungo e per molti versi tecnico, ma merita affrontarlo.

2. Il Fiscal Compact è l'idea che i deficit pubblici debbano essere nulli anche in assenza di ripresa economica. I deficit pubblici nulli, infatti, non alimentano il debito che perciò smette di crescere. Smettendo il debito di crescere, ecco che prima o poi torna la fiducia e l'economia alla fine si riprende.

Com’è che si manifesta la “fiducia”? Se il debito pubblico cresce, gli agenti economici pensano che in futuro pagheranno più imposte per tenerlo sotto controllo, perciò riducono i propri consumi oggi per tener conto delle maggiori imposte di domani. Se il debito pubblico, invece, non cresce, gli agenti economici pensano che in futuro pagheranno meno imposte per tenerlo sotto controllo, e perciò aumentano i propri consumi oggi per tener conto delle minori imposte di domani. (La fiducia, a sua volta, emerge in base a due comportamenti: si assume che gli agenti tendono a spalmare - a rendere costanti - nel tempo i consumi, e si assume che facciano dei conti minuziosi sulle imposte di domani).

Sembra piuttosto astruso, ma nel Documento di Economia e Finanza (DEF-2012) si hanno due simulazioni, a pagina 6. La prima non tiene conto del salto della fiducia, il secondo sì. Nel primo caso, ossia in assenza di fiducia, le manovre di correzione dei conti pubblici italiani del 2011 peggiorano l'andamento tendenziale (l'andamento che si avrebbe non facendo nulla) dei consumi (in termini reali) nel 2012, 2013, 2014 del -0,9%, -1,4%, -1,2%. In presenza di fiducia i numeri sono, invece, nel 2012, 2013, 2014 del -1,1%, -0,7%, -0,1%. Una differenza importante, ma non proprio un balzo quantico.

è perciò possibile che nel prossimo futuro possa prevalere l'idea opposta, ossia che è meglio avere dei deficit pubblici sobri, il Growth Compact. L'idea è che la compressione della domanda in deficit di origine pubblica - in assenza di un livello adeguato di consumi e investimenti del settore privato - possa spingere l'economia nella trappola della mancanza di crescita. L'idea è fatta risalire all'economista Keynes, e, infatti, viene definita “keynesiana”.

Non si sa con chiarezza se un debito pubblico cospicuo sia o meno un freno alla crescita. Potrebbe, infatti, essere vero il contrario, ossia che è la modesta crescita ad alimentare il debito. E questo potrebbe essere il cavallo di battaglia di quelli che vogliono ridiscutere il Fiscal Compact.

3. La gran spesa pubblica in deficit in sé e per sé non porta automaticamente a una grande crescita, altrimenti la Grecia sarebbe da tempo molto ricca. La spesa pubblica in deficit funziona sotto certe condizioni. Al riguardo, De Long e Summers (Fiscal Policy in a Depressed Economy, marzo 2012) hanno spiegato che è possibile l'espansione dell'economia (purché sia in partenza depressa, ossia con una sotto occupazione degli impianti e della manodopera) attraverso un maggior deficit pubblico senza per questo avere un aumento del debito pubblico (in percentuale del PIL).

Ciò avviene se il deficit pubblico alimenta la domanda aggregata per una somma maggiore della spesa iniziale in deficit (ossia, se il moltiplicatore della spesa è significativo), a condizione che il costo del debito sia inferiore al tasso di crescita dell'economia. Si assume, infine, che la politica monetaria sia fuori gioco, ossia che i tassi stiano per qualche tempo intorno allo zero.

In Italia il costo del debito è pari - sulla media delle scadenze delle obbligazioni dai tre mesi ai trenta anni - al 4% circa. Poniamo che resti invariato a fronte della ripresa della spesa pubblica in deficit. La crescita economica (reale e nominale) che riduca il peso (percentuale) del debito pubblico che si dovrebbe avere deve perciò essere superiore al 4%. La crescita economica si compone di un tasso di inflazione (precisamente il deflatore del PIL) che è pari al 2% (il valore corrente) e di una crescita reale che deve essere pari al 3% (la crescita negli ultimi anni è stata pari alla metà). Il 5% è perciò un numero molto alto per l'Italia.

Negli Stati Uniti, invece, il costo del debito è decisamente inferiore al nostro e una crescita elevata di un'economia così elastica è sempre possibile. È per questo che De Long e Summers sostengono che negli Stati Uniti si possa avere una spesa pubblica in maggior deficit senza un aumento (in percentuale del PIL) del debito.

4. Dal punto di vista politico, possiamo definire il FC come l'approccio Merkel-Sarkozy-Monti fino alle elezioni francesi. E possiamo definire il GC come l'approccio di Hollande alla ricerca di alleanze.

Da notare che l'approccio Merkel-Sarkozy-Monti aveva come implicazione la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro.

La riforma delle pensioni è stata fatta in Germania e in Italia.

Quella del mercato del lavoro solo in Germania.

In Francia resta aperta la questione della riforma delle pensioni e del mercato del lavoro, che Hollande sembra non voler proprio toccare.

Perciò dietro l'approccio dell'austerità (FC) e della crescita (GC) si nasconde molta polpa. Per parafrasare Mitterand, la politica con la “P” maiuscola è quella che non dice che cosa vuol fare per davvero. Perciò la “Politique à la Hollande” è quella che vuole lasciare lo Stato sociale sostanzialmente com'è, con i costi di funzionamento del medesimo addolciti da una maggiore crescita (sempre che ci sia).

5. I famigerati mercati finanziari con chi si schiereranno?

Se con il FC - ossia vendendo le attività finanziarie europee, casomai si seguisse il CG - essi corrono il rischio di travolgere le attività finanziarie stesse, anche quando queste fossero sane.

Infatti, qualora i mercati finanziari cambiassero opinione sul debito di un Paese solvente, ma che non cresce nonostante il ritorno ai deficit di bilancio, ecco che potrebbero chiedere dei rendimenti così alti da spingere sul sentiero dell'insolvenza. In questo caso, la domanda di titoli del debito pubblico si riduce anche in presenza di rendimenti maggiori. Per attirare la domanda i rendimenti debbono diventare ancora più elevati, perciò premendo sui conti del Tesoro.

L'Italia è solvente: l'avanzo primario (la differenza fra le entrate e le uscite dello Stato prima del pagamento degli interessi) è positivo e pari fra pochi anni al 6% del PIL (DEF 2012, pagina 50). Un avanzo primario di questo tenore è in grado di pagare tutti gli interessi sul debito pubblico. Si hanno, infatti, 80 miliardi circa di euro di surplus primario e un numero non diverso di oneri del debito. Il debito pubblico non cresce più e perciò basta che sia rinnovato alla scadenza.

Se, invece, i mercati si schierassero con il CG - e cioè comprando le attività finanziarie europee, nonostante l'addolcimento del FC - essi possono tirar su i prezzi per un qualche tempo per poi vedere.

In questi primissimi giorni del post elezioni francesi, i segnali dicono che, per ora, i mercati sono “alla finestra” (si pensi all’asta di BOT francesi andata bene e alle Borse europee in modesta ripresa).

Potrebbe allora concludersi che i francesi hanno in maggioranza scelto di lasciare le cose come sono, così come i mercati finanziari non hanno reagito con ondate di vendite.