In Italia è in corso da tempo uno scontro tra il modello nazionale e quello internazionale di offerta dei servizi legali, ma l'avvocatura italiana preferisce combattere una guerra di retrovia, attaccandosi alle proprie rendite di posizione per evitare di mettersi in gioco a livello internazionale.

La professione forense nel panorama italiano
Negli ultimi dieci anni il modello dello studio associato ha iniziato ad affermarsi nel panorama delle professioni legali italiane.
Gli studi tradizionali – formati da un solo professionista – hanno via via perso terreno per lasciare il posto, soprattutto nelle grandi città, a strutture composte da più colleghi che condividono sedi e biblioteche e, in rari casi, a veri e propri colossi cui fanno capo, a immagine degli studi anglosassoni, decine di partners, collaboratori e impiegati.
La gestione informatizzata delle pratiche, delle ricerche e della redazione degli atti, insieme alla creazione di studi sempre più improntati sul modello di una società di servizi piuttosto che a quello dell'atelier di un artigiano, hanno reso il mondo del foro italiano un po' più simile a quello delle imprese.
Il ruolo dell'avvocato va modificandosi, soprattutto, sotto la spinta dell'apertura dei mercati; i fanatici del mercato rappresentano il mondo italiano delle professioni come il paradigma dell'autoreferenzialità corporativa inadatto a fronteggiare le parole d'ordine della modernità: globalizzazione, rischio, flessibilità. Costoro vedono le professioni legali come sacche di ingiustificato monopolio, determinanti inefficienze e costi, mentre la nascita di grandi studi legali viene salutata come una importante, quanto necessaria, innovazione.
I fautori della libertà di concorrenza e dell'apertura delle professioni liberali alle sue regole ritengono che, affinché la professione forense vada sempre più assimilandosi all'impresa, sia necessaria una globalizzazione dei servizi legali e una maggiore capacità gestionale e organizzativa. Solo in questo modo gli studi legali italiani potranno essere competitivi sul mercato, europeo prima, mondiale poi.

Linee di evoluzione nell'organizzazione istituzionale degli studi.
L'avvento di studi legali stranieri nel nostro paese, principalmente americani e inglesi, cui si è assistito negli ultimi anni, ha indotto gli studi legali italiani ad intraprendere la strada della ristrutturazione della loro organizzazione interna in ossequio ai modelli di competizione internazionale.
Gli studi legali italiani ed europei stanno vivendo adesso quello che è avvenuto in America tra gli anni Ottanta e Novanta. Il mercato delle professioni legali sta assumendo una dimensione globale in conseguenza dell'accentuarsi dell'internazionalizzazione delle imprese. La struttura delle law firms muta in ossequio ai modelli manageriali di organizzazione delle imprese. Gli Stati Uniti d'America hanno sviluppato per primi la necessità di una presenza capillare di strutture professionali in grado di assistere le imprese nei singoli Stati o in quelli più importanti (New York, Illinois, California). Sulla scorta di quanto è avvenuto al di là dell'Atlantico, in Europa si va sviluppando un sistema integrato di studi legali.
Sull'esempio delle grandi law firms americane, anche da noi si assiste ad una tendenza alla specializzazione in campi e settori sempre più ristretti, intessendo una serie di rapporti relazionali con altri specialisti in modo da offrire ai clienti (in particolare: aziende, società) una più ampia gamma di servizi altamente qualificati. Per riprendere l'immagine utilizzata dall'editore di The American Lawyer, Steven Brill, gli studi legali che avranno maggior successo nei prossimi anni saranno costituiti non da un gruppo di professionisti con competenze generiche, ma da un gruppo di specialisti che per soddisfare le esigenze dei clienti dovrà superare le 500 unità.
La causa di quest'ultimo fenomeno è sicuramente da rinvenirsi nell'aumento del numero degli uffici legali in seno alle corporations: disponendo già al loro interno di avvocati che si occupano delle varie questioni giuridiche, le aziende sono diventate più selettive nella scelta dello studio legale esterno al quale chiedere una consulenza.
Ciò ha comportato, innanzi tutto, uno spostamento di competenze, per cui gli studi legali si sono rivolti a quei settori del diritto che venivano trascurati dagli uffici legali interni alle aziende, o perché di particolare complessità tecnica, o perché antieconomici, vista la loro rara incidenza nei casi concreti.
Una diretta conseguenza di questa evoluzione è rappresentata dalla diversa natura dei rapporti tra studi legali e clienti: se prima si caratterizzavano per la loro ampiezza e durata, oggi sono meno esclusivi e più orientati a una consulenza specifica.
La modernità è caratterizzata dal sopravvento dell'economia rispetto alla politica, cui deve aggiungersi la portata globalizzante del progresso tecnologico e scientifico, linfa vitale del capitalismo moderno, che mette sempre più imprese in condizione di operare in un mercato senza confini nazionali o geo-fisici.
In questo modello, alla figura dell'avvocato tradizionale si affianca quella di un super-avvocato con caratteristiche molto diverse. Al professionista dotato di notevole prestigio e potere, il cui sapere e le cui tecniche sono state acquisite attraverso un addestramento specifico (lo studio del diritto e delle argomentazioni legali), si aggiunge un nuovo modello di professionista, concentrato più sui risultati finali del proprio operato che sulla corretta costruzione del proprio argomentare.
Ma, soprattutto, si assiste alla nascita di colossi della consulenza legale la cui importanza va aumentando, fino a farli assurgere a nuovi centri di emanazione di sapere giuridico, di produzione di soluzioni, di modelli e di regole del diritto. I super-avvocati stanno creando un nuovo tessuto di esperti chiaramente in concorrenza con i tradizionali formanti del diritto nella determinazione delle linee evolutive dei sistemi giuridici della tradizione occidentale. La rete dei nuovi mercanti del diritto contende alla giurisprudenza e alla dottrina il ruolo di formante di avanguardia nella creazione del diritto e nell'influenza del formante legale, sia a livello nazionale che a livello comunitario.
Il dato rilevante è quello dell'internazionalità, caratteristica che determina un nuovo corridoio di circolazione dei modelli legali; tramite le sedi degli studi, infatti, attraversano l'oceano e le singole frontiere nazionali soluzioni, strumenti e glossari provenienti da altri paesi e altre tradizioni giuridiche.

Integrazione e Globalizzazione della professione legale
L'avvento della globalizzazione ha trovato impreparati gli studi legali italiani ed europei i quali non sono stati in grado di offrire alle società multinazionali avvocati con una competenza giuridica e una struttura di tipo globale, sia per il modello di formazione che ricevono, sia per il luogo in cui svolgono la loro attività professionale.
Per ottenere il tipo di assistenza legale di cui gli operatori economici avevano bisogno, è stato necessario affiancare agli avvocati europei altri professionisti, provenienti da Stati non membri dell'Unione o che comunque operavano all'interno di studi legali nati al di fuori dell'Europa, in modo particolare provenienti dagli Stati Uniti.
Il fenomeno ha, pertanto, determinato un notevole vantaggio per i grandi studi legali statunitensi, che potevano contare su solide basi economiche e sperimentate capacità di promozione commerciale oltre che su contatti importanti presso le grandi multinazionali per poter offrire i loro servizi anche in Europa.
Se all'inizio la globalizzazione degli studi legali poteva dirsi un fenomeno comune a tutte le grandi nazioni industrializzate, verso la fine degli anni Novanta si deve segnalare una sempre maggiore espansione degli studi anglosassoni, che in molti casi hanno assorbito grandi studi europei, e una certa diminuzione dell'espansione delle grandi law firms europee.
Al grande sconvolgimento in corso nel panorama delle professioni legali corrisponde la notevole crescita del fatturato degli studi legali. In alcuni paesi si registra un incremento pari al 100%.
Negli Stati Uniti l'ammontare pagato per i servizi legali nel 1995 fu di circa 114 miliardi di dollari, pari all'1,6% del Pil. Le prime cento law firms hanno fatturato 16,2 miliardi di dollari, pari a circa un settimo del totale. Dal 1980 al 1995 il valore dei servizi legali, senza tener conto dell'inflazione, è aumentato del 148%, passando dallo 0,9 all'1,6% del Pil.
Il dato che deve essere preso in esame con maggior attenzione, però, è quello della crescita del fatturato dei grandi studi legali e della quota di questo fatturato relativa ai servizi offerti all'estero. Buona parte degli introiti degli studi legali americani, infatti, è dovuta alle grandi law firms, molte delle quali hanno sedi in altri paesi.
Dal 1986 al 1996 il totale dei ricavi delle prime cento law firms è aumentato del 75%, mentre i ricavi per l'avvocato medio sono saliti solo del 14% e per il socio di uno studio legale medio solo del 13%.
Il fenomeno può essere riassunto nel seguente modo: più uno studio legale è grande, meglio riesce a sfruttare sinergie internazionali che gli consentono un'espansione globale. I dati di partenza dei grandi studi americani e, in seconda battuta, di quelli inglesi erano tali da consentire a queste strutture di avere sin dall'inizio del fenomeno della globalizzazione un peso specifico superiore rispetto agli omologhi dei paesi dell'Europa continentale; si aggiunga a questo il vantaggio di essere basati sulle piazze finanziarie più importanti al mondo (Londra e New York) e di avere da tempo sviluppato contatti con le più prestigiose banche d'affari, e si comprende come i termini della competizione non potevano che essere a loro favorevoli.

Conclusioni
La mobilità delle grandi Transnational Corporation sia la fonte del crescente ruolo assunto dalle transnational law firms, il cui compito è quello di elaborare nuove forme di sapere giuridico al fine di assecondare gli scopi di profitto delle imprese e accrescerne il potere al di fuori dei confini statali. I grandi studi legali, le transnational law firms, costituiscono ormai da qualche anno lo strumento attraverso il quale le corporations possono operare a livello globale, a volte esportando a volte imponendo i tipi contrattuali, i modelli di risoluzione delle controversie, gli strumenti societari, le strutture patrimoniali e le regole di gestione delle procedure concorsuali che meglio si attagliano alle loro esigenze.
Si assiste al ritorno del diritto nel mondo degli affari, ma tale ritorno coincide con l'assunzione di una posizione di centralità delle regole e delle tecniche di amministrazione aziendale anche all'interno delle strutture degli attori giuridici più rilevanti: le corporate law firms.
Queste sono ormai diventate un tutt'uno con l'impresa, anche se fino adesso hanno mantenuto, a differenza dei giuristi d'impresa, una propria indipendenza, una propria autorevolezza, corredo necessario a preservare il capitale simbolico del diritto che lo rende ancora una disciplina a metà tra le scienze sociali e la pratica laica dei principi etici.
Non è ancora possibile dire quale sarà il panorama della professione legale in Italia negli anni a venire. Senz'altro il fenomeno delle mega law firms è iniziato da tempo e i nostri numeri non rivelano alcuna arretratezza rispetto agli altri paesi dell'Europa continentale. È piuttosto difficile prevedere la capacità di resistenza degli ordini professionali ed in particolare del Consiglio Nazionale Forense verso la globalizzazione delle regole e dei modelli di gestione di un nuovo modo di fare avvocatura. L'autoreferenzialità dei nostri ordini professionali li porta spesso a combattere battaglie di retrovia il cui esito è già noto a chi si muove guardando come il mondo sta cambiando.