Martedì 30 Ottobre, durante un serrato question time alla Camera, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha risposto a un'interrogazione in merito al "metodo Stamina", il trattamento con cellule staminali che negli ultimi mesi ha riscosso grande attenzione nel dibattito pubblico soprattutto italiano. Dopo varie vicissitudini, infatti, il ministro ha annunciato che non è permessa la sperimentazione di Stamina perché il comitato scientifico che ne doveva controllare la regolarità ha stabilito che non esistono i presupposti per tale sperimentazione. Il caso Stamina è rilevante non solo per capire il complesso rapporto tra comunità scientifica e dibattito pubblico, ma anche per mettere a fuoco una tendenza radicata della politica italiana a ragionare in modo "caldo", sulla scia di emozioni, e non in quello "freddo" e distaccato dell'analisi razionale.

1. A detta di Michele de Lusa, professore di medicina rigenerativa all'Università di Modena e Reggio Emilia, la storia del "metodo" Stamina e del suo ideatore, Davide Vannoni, è "uno scandalo basato sulla frode e sulle menzogne". Ma cosa è esattamente il caso Stamina?

Nel 2007 Vannoni, docente di Psicologia dell'Università di Udine, laureato in Lettere e dirigente di una piccola società di comunicazione torinese chiamata Cognition, scopre, per ragioni personali, una ricerca pubblicata da un gruppo di studiosi di origine russa e ucraina incentrata su un particolare tipo di cellule, le cellule mesenchimali, che si possono ottenere tramite un espianto dal midollo osseo. In realtà, queste cellule non sono una novità, ma oggetto di studio da molti anni, soprattutto perché la relativa facilità con cui possono essere ricavate e la loro natura meno controversa rispetto alle cellule staminali embrionali le rendono potenzialmente idonee per curare alcune malattie. Il problema è che i risultati delle sperimentazioni sulle cellule staminali mesenchimali sono ancora ampiamente insoddisfacenti dal punto di vista scientifico e le prove sperimentali ancora troppo esigue per accertarne l'effettiva efficacia nelle cure di malattie come quelle neurologiche.
Vannoni, entusiasmato dalla prospettiva, decide di lanciarsi nell'impresa e organizza un laboratorio per la conservazione e preparazione di cellule staminali mesenchimali nel sottoscala della sua società di comunicazione in Via Giolitti a Torino. Inoltre, riesce ad assicurarsi fondi, tra cui alcuni dalla Regione Piemonte, allora gestita da Mercedes Bresso, per una campagna di informazione sulle cellule staminali. I fondi però non vengono mai erogati perché con i primi pazienti arrivarono anche le prime indagini della magistratura. La "cura" Stamina, infatti, pone numerosi interrogativi non solo circa le modalità delle procedure mediche mai del tutto chiarite, ma anche riguardo alle donazioni richieste ai pazienti che intendono sottoporsi al trattamento. Sebbene, infatti, Vannoni dichiari di non cercare nessun guadagno e di essere interessato solo a dare delle cure e non a lucrare sulla vendita di un farmaco, le testimonianze dei familiari dei pazienti affermano il contrario ed effettivamente le somme che iniziano a girare nelle sue mani sono decisamente elevate. Tutto questo finché un impiegato della Cognition, stupito dal giro di malati che entra ed esce dall'ufficio, deposita un esposto in procura e il giudice Raffaele Guariniello apre un'inchiesta. L'ipotesi di reato è associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla somministrazione di "medicinali guasti". Le persone indagate e rinviate a giudizio sono in tutto sedici, compreso Vannoni. Le vicende giudiziarie di Stamina, però, non mettono fine al progetto e nel 2011 Vannoni riesce ad appoggiarsi all'Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia, dove dodici pazienti vengono sottoposti alla "cura" Stamina, un trattamento ancora senza una sperimentazione clinica controllata o una vera e propria autorizzazione da parte delle autorità sanitarie competenti. A questo punto, il pubblico ministero Guariniello richiede una ispezione e dispone un sopralluogo dei Nas dei Carabinieri con la collaborazione di AIFA, l'Azienda Italiana del Farmaco. Vengono prelevati alcuni campioni di cellule usate nelle procedure del progetto Stamina per capirne non solo l'effettiva efficacia, ma anche l'eventuale pericolosità. Il fatto che tra i pazienti dell'ospedale di Brescia ci siano anche alcuni bambini rende questo punto particolarmente importante e preoccupante. Nel Maggio del 2012 AIFA emette un'ordinanza in cui viene vietata qualsiasi collaborazione tra l'ospedale bresciano e l'associazione Stamina Foundation ONLUS.

Ma perché si sa così poco del controverso "metodo" Stamina e dei suoi effetti?

La risposta a questa domanda è molto semplice: Vannoni si è sempre rifiutato di rivelare la composizione e le fasi di produzione del suo cocktail cellulare adatto, secondo la sua opinione, per la cura di svariate malattie, quali la sindrome di Kennedy, il morbo di Parkinson, l'atrofia muscolare spinale, la sclerosi laterale amiotrofica, le tetraplegie, l'ictus e la leucodistrofia metacromatica. L'unica fonte di informazione riguardo a Stamina si trova nel tentativo (fallito) da parte di Vannoni di brevettare il suo "metodo". Il motivo per cui il brevetto è stato negato riguarda inesattezze e mancanze nella presentazione della richiesta e, in particolare, la sostanziale mancanza di innovazione della "cura", le cui procedure poggiano su dati che sono già esistenti e pubblicati. Su questo punto, nel 2013, la rivista americana Nature pubblica un pesante articolo in cui mostra come il "metodo" Stamina sia basato su una frode scientifica e sulla manipolazione di dati. In particolare, gli autori dell'articolo dimostrano che le foto allegate da Vannoni alla richiesta di brevetto sono state rubate da articoli di un gruppo di ricerca russo.

2. Una prima questione che il caso Stamina pone riguarda la possibilità di infrangere le regole della sperimentazione scientifica e dei controlli da parte di istituti pubblici competenti e, in generale, il modo in cui il metodo sperimentale nelle questioni mediche è percepito dalle persone. Il dibattito pubblico italiano sul caso Stamina, infatti, è stato per lo più portato avanti dalla trasmissione televisiva Le Iene, nel corso della quale sono stati mandati in onda una serie di servizi incentrati sulle storie di alcuni bambini affetti da patologie gravi i cui genitori avrebbero voluto avere accesso alla "cura" Stamina. A partire da questa iniziativa televisiva, si è creato un vero e proprio movimento pro Stamina, che ha organizzato manifestazioni di protesta e sit in nelle piazze italiane. Inoltre, alcuni personaggi dello spettacolo come Adriano Celentano, la cui competenza scientifica è per forza di cose fortemente dubbia, si sono scagliati contro la decisione di AIFA di chiudere il progetto Stamina a Brescia.

Ora, che nel dibattito pubblico italiano venga dato ampio spazio a opinionisti e personaggi dello spettacolo e della letteratura per commentare e discutere problemi cruciali di natura scientifica i quali, in quanto tali, necessitano di una comprensione tecnica delle circostanze, è naturalmente molto preoccupante. È, però, altrettanto o forse più preoccupante che scelte e decisioni politiche siano prese sulla scia di opinioni emotive su questo tipo di problemi e non sulla base di prove ed evidenze. A fine 2012, dopo le ispezioni delle autorità sanitarie a Brescia e la bocciatura di Stamina da parte di AIFA, l'allora ministro della Sanità Balduzzi ha provato a varare un decreto urgente in materia sanitaria teso a concedere eccezionalmente la prosecuzione dei trattamenti con le cellule staminali mesenchimali per quei pazienti che erano stati già avviati alla "cura" prima dell'entrata in vigore del decreto. La commissione Affari Sociali della Camera ha non solo approvato il decreto Balduzzi, ma anche stabilito l'avvio di una sperimentazione clinica del "metodo" Stamina stanziando un finanziamento di tre milioni di euro. Per fortuna, davanti a questa decisione la comunità scientifica è insorta e la sperimentazione su Stamina è stata bloccata.

3. Il caso Stamina mostra chiaramente l'indifferenza dell'attuale classe politica italiana nei confronti di temi come quelli della scienza e della cultura in generale. Sebbene, infatti, sia comprensibile che persone che stanno attraversando un momento difficile come quello della malattia di un parente possano cercare qualsiasi cura e magari anche prendere, in buona fede, decisioni avventate o sconsiderate dal punto di vista clinico, questo non è ammissibile da parte di chi deve, invece, chiarire e regolamentare procedure sanitarie. Il punto potrebbe sembrare controverso da una prospettiva liberale: ci si potrebbe infatti chiedere se non faccia parte della libertà di ciascuno decidere da sé, autonomamente, quali cure seguire e a quali trattamenti sottoporsi. Effettivamente, se si pensa che lo stato debba intervenire il meno possibile nelle scelte individuali dei cittadini e non giudicarne lo stile di vita, potrebbe sembrare che ciascuno abbia diritto di disporre del proprio corpo e, di conseguenza, anche delle cure su di esso. In realtà, anche da un punto di vista strettamente libertario, la truffa e il lucro sulla pelle degli altri non possono essere giustificati sulla base di una supposta libertà individuale. Anche il mercato della salute deve essere regolato da leggi precise in conformità con il principio del danno di Mill. Inoltre, la libertà individuale di scegliere a quali cure sottomettersi deve essere per forza supportata dalla possibilità di essere informati in modo esaustivo sugli effetti delle cure. Da questo punto di vista, la fortissima reticenza di Vannoni a spiegare il "protocollo" di Stamina e la sua volontà di non rivelare i risultati raggiunti dal suo "metodo" e le procedure seguite sono in netto contrasto con una prospettiva liberale. In questo senso, la decisione del comitato scientifico che ha bocciato la sperimentazione di Stamina deve sicuramente essere vista positivamente. Allo stesso tempo, colpisce il fatto che fin da subito non sia stata fatta chiarezza e che potere esecutivo e potere legislativo abbiano preso decisioni politiche sulla scorta dell'empatia, privilegiando il punto di vista dei malati e dei loro familiari (o forse solo guardando le cose da una logica di consenso elettorale). Ciò è inaccettabile e ingiusto.