Putin ha perso ogni legittimazione democratica, appare sempre più come una sorta di nuovo zar e non perde occasione per alzare la posta in gioco. Prima con la mediazione al fulmicotone durante la crisi siriana; poi in Crimea; e ora su tutto lo scacchiere. La marina russa riceverà una nuova infusione di vascelli e sottomarini, si svolgono test nucleari segreti, tanto che nessuno si stupirebbe se a breve venissero rimessi in volo i bombardieri strategici. Ma siamo davvero alle porte di una nuova guerra fredda?

1. Per fare una guerra, fredda o calda, bisogna essere in due. Al momento il presidente Obama non pare intenzionato a seguire Putin in una escalation militare in Ucraina. Se è evidente da che parte stanno gli Stati Uniti, è altrettanto evidente che la crisi non verrà risolta con la minaccia militare. Il motivo è semplice. Obama non ha bisogno del tipo di consenso che solo una guerra fredda può concedere. Questo è il problema di Putin: la sua guerra è il segno di una debolezza, se non di una fragilità. Il sistema russo non si è ancora equilibrato dopo la caduta del Muro, mentre quello americano, con Obama, ha cercato di darsi un assetto che andasse al di là del manicheismo ideologico che tanto fece per tenere unito il paese durante la guerra fredda. E qui veniamo al punto dolente. Che cosa accadrebbe se per un motivo qualsiasi alle prossime elezioni dovessero vincere i repubblicani? Saremmo ancora spinti a dire che una seconda guerra fredda pare improbabile?

2. A sentire quanto dichiarano ai media, i repubblicani paiono pronti a seguire Putin lancia in resta. Una nuova guerra fredda servirebbe per riequilibrare il loro peculiare problema di consenso politico. A quanto paiono dire i pollsters (i sondaggisti), i repubblicani avrebbero perso il contatto con la parte multietnica e femminile della società americana. Avrebbero avuto delle speranze con la parte ispanica dell’immigrazione recente, ma le posizioni prese in questioni di immigrazione danneggiano seriamente ogni loro possibilità di avanzata in questo campo. Alle scorse elezioni i repubblicani sono andati meglio del previsto con le donne, e questo dopo una infinità di gaffes, dai discorsi sul “legitimate rape” al ruolo complessivo della donna nella società. Detto questo, le prospettive per il futuro non paiono buone. Gli americani sembrano inclini a votare contro il presidente alle elezioni mid-term, e questo per contenerne il potere esecutivo. E quindi votano repubblicano. Ma poi quando si tratta di eleggere un presidente repubblicano paiono volerci pensare due volte, non aiutati dal fatto che molti di loro sono eccessivamente inclini a dare spazio di tribuna al tradizionalismo religioso.

Una nuova guerra fredda darebbe ai repubblicani una nuova “lease on life”, una nuova vita. I repubblicani hanno sempre dato il meglio di loro stessi nell’opporsi alla minaccia comunista. Una gran parte del loro consenso postbellico era dovuto a questa abilità di sfruttare la minaccia sovietica per aggregarlo.

3. Il problema è che se in passato la minaccia sovietica era di una qualche concretezza, oggi la minaccia putinista fa paura, ma non quel tipo di paura. Forse cambierebbe qualcosa se ritornassero in volo i bombardieri strategici. Ma allo stato dell’arte, agli americani non importa nulla della Russia di Putin. Infatti, a rigore, il problema posto dalla Russia oligarchica al mondo civile è principalmente europeo. Di nuovo: senza i bombardieri strategici, la questione non preme agli americani. Da cui si possono trarre alcune conclusioni, la prima delle quali è la seguente: potrebbe essere interesse di Putin rimettere in volo i bombardieri. Ma anche: se per sbaglio dovessero vincere i repubblicani le prossime elezioni presidenziali, il rischio di una nuova guerra fredda diventerebbe tangibile. Infine: spetterebbe all’Europa la risoluzione di questa crisi. E qui si apre una voragine fra chi ha ben chiaro chi è Putin e chi è disposto a corteggiarlo in cambio di favori energetici. Se si dovesse scatenare un'altra guerra fredda, è su questa linea che potrebbe dividersi l’Europa Unita.