Gli Stati Uniti d'Europa, già immaginati negli ultimi anni dell'ottocento da un giovanissimo Luigi Einaudi, al quale si aggiunsero nel novecento Ernesto Rossi, Altiero Spinelli e gli altri confinati di Ventotene, restano una meta incompiuta. Una meta intralciata dagli Stati nazionali che, col loro rafforzamento, hanno provocato l'indebolimento della Commissione, come a suo tempo provocarono il fallimento della Comunità europea di difesa, per la quale l'Italia di De Gasperi e di Sforza si batté particolarmente.

Più di recente, però, il freno ad un autentico processo federativo è venuto dal subdolo nemico dell'allargamento ad ogni costo, autentica medicina sterilizzatrice di qualsiasi politica sinceramente europeista, ovvero federalista. Si sono frapposti, così, ingestibili ostacoli alla creazione di un nucleo federale di Stati dove le funzioni primarie - a partire dalle politiche energetiche, la difesa, l'ambiente e l' immigrazione - abbiano natura e struttura federali.

Si avverte la mancanza di un nucleo duro rappresentato da Germania Francia e Italia, un nucleo, come alle origini, determinato e coeso, aperto a chi volesse in seguito aderirvi, nutrito di un europeismo nuovo, più concreto e incisivo, in grado di portare a compimento l'Europa, ancora oggi la grande speranza che si fa amare cantata da De Madariaga.

Solo un nuovo inizio potrebbe consentire di sciogliere l'oramai soffocante giogo dei veti e dell'unanimismo, favorito da una struttura giuridica che premia la lentezza nella maturazione e nella comprensione dell'ultimo dei paesi membri.

Ora, l'Italia, che storicamente ha avuto un ruolo di primo piano nella costruzione europea, spesso nonostante la scarsa determinazione e l'eccessivo alternarsi dei rappresentanti nazionali, rischia di non saper esprimere un'idea coerente ed una visione dell'Europa sufficientemente presbite.

Tale incapacità è dovuta alla scarsa rappresentanza di cui godono le componenti tradizionalmente federaliste ed europeiste.

E' giunto il momento, però, dell'assunzione di responsabilità. Si deve partire da un primo nucleo aggregativo, caratterizzato dalla individuazione di un incipiente progetto europeo.

Un progetto che deve essere proposto a tutti i federalisti europei e, in primo luogo, ai liberali italiani, quali rappresentanti del primo, più genuino e sincero spirito europeista, per i quali le imminenti elezioni - le uniche su scala nazionale dove è possibile usare l'arma delle preferenze - sono l'occasione propizia per riunirsi nel parlamento sovranazionale, primo passo della cooperazione rafforzata nelle istituzioni rappresentative nazionali.

E' così che in ambienti insospettabilmente liberali, si è deciso di stilare un appello rivolto ai liberali candidati all'Europarlamento.

L'iniziativa, però, ha una sua particolarità. Nasce dopo la presentazione delle liste di candidati, e ciò si è stati costretti a fare più per necessità che non per altro, constatando la sostanziale assenza di una omogenea presenza liberaldemocratica.

L'Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere una esplicita e coerente lista liberale, democratica e riformatrice.

Vi sono sì partiti affiliati e/o membri dell'ELDR (European Liberals Democrats and Reformers party) ma, vista l'inflazione che il termine liberale ha subito in Italia, non è detto che all'interno di queste liste vi sia una comune sensibilità liberale.

Così, si è partiti dal quest'Italia non [ci] piace di Giovanni Amendola e si è ritenuto essenziale cercare di individuare, in sette punti, un programma minimo sul quale impegnare le diverse personalità disposte a promuoverne la realizzazione ed a proporsi all'elettorato quale candidato liberale dell'ELDR.

Tristemente avvezzi al malcostume italiano per cui, pur di ammiccare a destra e a manca, ci si impegna su tutto, salva la riserva mentale di svincolarsi il giorno dopo l'esito elettorale, o ci si impegna su tavoli sempre chiaramente distinti, sommando propositi che sono di per sé in manifesta contraddizione, si è voluto vincolare i candidati con la clausola giuridica simul stabunt simul cadent : ci si deve impegnare su tutti i punti, in omaggio ad un precetto etico, quello del parlar chiaro, che evita facili fraintendimenti.

Molte le obiezioni ma, fatto ancor più importante, variegate e prestigiose le adesioni.

All'obiezione principe, però, si ritiene doveroso rispondere. A chi contesta che una simile iniziativa nasca per dividere, dobbiamo rispondere ore rotundoche è vero l'esatto contrario.

Da liberali non si poteva pensare ad un endorsement generale in favore di una lista, premiata sulle altre: non lo si poteva fare proprio perché mancano i presupposti per una tale decisione.

Si è dovuto così pensare ad un'iniziativa che, come è naturale per i liberali, nasca dall'individuo. Ci si impegna così a sostenere elettoralmente i singoli candidati che facciano propri tutti i punti dell'appello, prescindedo dalla lista di appartenenza e fatta salva l'unica pregiudiziale politica che valga la pena di spendere: il Popolo delle libertà che per modi, contenuti, idee ed atteggiamenti, insomma sui principii, è quanto di più alieno al liberalismo europeo. E si badi che questa è una verità autoevidente non appena ci si prenda la briga di superare le Alpi.

Così si ritiene di poter garantire gli elettori di fronte alle spesso troppo generose promesse elettorali. E si tenta di fornire un rimedio alla più imbarazzante delle domande che si possa fare ad un liberale italiano: sì, sono d'accordo con Lei, ma allora per chi votiamo?

Ai candidati di cultura liberale dei partiti di centrosinistra si chiede dunque di presentarsi agli elettori con la dicitura candidato liberale dell'ELDRe di impegnarsi, coerentemente, in ogni futuro atto politico, nella difesa e nell'affermazione di una conseguente politica riformatrice e liberale.

Punti imprescindibili dovranno essere, cumulativamente:

  • riforma della Politica Agricola Comunitaria che consenta alle merci extra UE di entrare agevolmente sul nostro mercato, a beneficio dei consumatori;
  • coerente politica antitrust comunitaria, con strumenti di reale contrasto alle posizione di monopolio e di oligopolio in tutti i settori, primo tra tutti quello dell'informazione e dei media;
  • elaborazione di una moderna politica energetica che sappia rendere l'Europa libera dal ricatto dei paesi produttori di petrolio: senza no pregiudiziali ed ideologici, quindi, alnucleare pulito (c.d. di quarta generazione);
  • difesa dei principi di convivenza laica e liberale della nostra società: sì al riconoscimento delle unioni di fatto sia etero che omosessuali; sì al principio di autodeterminazione e al diritto assoluto di ciascun individuo di disporre in merito alle cure (inclusa nutrizione etc.) da somministrargli; sì al pluralismo dei valori, no al finanziamento statale e federale delle Chiese, dei partiti e dei sindacati;
  • difesa e affermazione di un'economia di mercato garantita da regole certe e sorretta da un'efficace politica della concorrenza; no alle sovvenzioni pubbliche e alle imprese assistite;
  • investimenti europei alla ricerca, alla formazione, ai progetti di mobilità degli studenti più meritevoli, ed allo sviluppo di una moderna economia della conoscenza.
  • una politica dell'immigrazione attenda al valore dell'inclusione e a quello della circolazione delle intelligenze e delle risorse.

Ce n'è abbastanza per un impegno concreto e coerente.

Per i liberali questa rischia di essere l'ultima chiamata.