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Le relazioni transatlantiche dall'11 settembre alla crisi irachena

Transatlatic Relations from 9/11 to Iraq Crisis – What Crisis?

Categoria/Category
Anno XXXVIII, n. 168, gennaio-aprile 2003
Editore/Publisher
Centro Einaudi

Abstract

L’articolo analizza l’impatto dell’11 settembre sulla relazione transatlantica, confrontando cinque diversi argomenti a favore della tesi ottimista con cinque controargomenti proposti dall’autore a favore della tesi pessimista. Anche se Ikenberry, da una prospettiva liberale, e Carr, da un’angolatura realista, sottolineano l’importanza dell’interdipendenza economica e geopolitica; anche se ci sono motivi fondamentali perché la Nato continui a esistere e perché gli Stati Uniti continuino a chiedere cooperazione economica e politica ai partner europei per governare la globalizzazione e combattere il terrorismo, Cox ipotizza che diversi fattori abbiano reso la relazione transatlantica molto più problematica. In primo luogo, i paesi europei in sostanza non hanno cambiato la propria politica estera nonostante l’11 settembre; in secondo luogo, i pericoli per gli Stati Uniti oggi non sono più all’interno dell’Europa ma al di fuori di essa (cosa che rende la Nato molto meno importante); in terzo luogo, le spese militari complessive europee stanno diminuendo e stanno diventando irrilevanti rispetto agli sforzi americani contro il terrorismo; in quarto luogo, il disimpegno dell’America dal multilateralismo è iniziato prima di Bush e continuerà anche dopo; infine, l’America e l’Europa hanno ormai concezioni dell’ordine internazionale differenti e sempre più divergenti.

In this article, which addresses the impact of 9/11 on transatlantic relationship, the author puts forward five different causes for optimism and five counter-arguments for pessimism. Even if Ikenberry, from a liberal perspective, and Carr, from a realist one, underline the relevance of economic and geopolitical interdependence, and even if there are fundamental reasons for NATO to persist and for the United States to seek economic and political cooperation from its European partners to manage globalisation and fight terrorism, Cox suggests that several factors have made transatlantic relations much more troublesome. First, the Europeans have not substantially changed their foreign policies despite 9/11; secondly, the trouble for the United States now comes from outside Europe (which makes NATO much less important); thirdly, total European expenditure on defence is declining and becoming irrelevant compared to America’s efforts to fight terrorism; fourthly, the American retreat from multilateralism started before Bush and will probably continue afterwards. Finally, America and Europe have fundamentally different and increasingly divergent visions of the international order.