In una lunga intervista data al Financial Times (1) Alan Greenspan, che, quando presiedeva la Banca Centrale degli Stati Uniti, era chiamato "Maestro", sostiene che l'approccio economico tradizionale, da intendersi come quello che pone al centro dei modelli la razionalità degli operatori, funziona nei mercati detti reali, ma non sempre in quelli detti finanziari. I quali ultimi funzionano secondo l'approccio economico tradizionale, salvo quando l'indebitamento diventa eccessivo, per cui possono, a causa della fragilità del sistema, crearsi delle situazioni di euforia e di panico.

Ma vediamo meglio che cosa afferma Greenspan: "But as the months turned into years, Greenspan slowly developed a new intellectual framework. This essentially has two parts. The first half asserts that economic models still work in terms of predicting behaviour in the “real” economy: his reading of past data leaves him convinced that algorithms can capture trends in tangible items like inventories. “In the non-financial part of the system [rational economic theory] works very well,” he says. But money is another matter: “Finance is wholly different from the rest the economy.” More specifically, while markets sometimes behave in ways that models might predict, they can also become “irrational”, driven by animal spirits that defy maths. Greenspan partly blames that on the human propensity to panic. “Fear is a far more dominant force in human behaviour than euphoria – I would never have expected that or given it a moment’s thought before but it shows up in the data in so many ways,” he says. “Once you get that skewing in [statistics from panic] it creates the fat tail.” The other crucial issue is what economists call “leverage” (more commonly dubbed “debt”). When debt in an economy is low, then finance is “neutral” in economic terms and can be explained by models, Greenspan believes. But when debt explodes, this creates fragility – and that panic. “The very nature of finance is that it cannot be profitable unless it is significantly leveraged … and as long as there is debt there can be failure and contagion.”

Approfondiamo le tre asserzioni cruciali di Greenspan riprendendo tre lavori già pubblicati, i cui link trovate in fondo al commento: a) la finanza non è profittevole a meno che non abbia una leva elevata - ragionamento ispirato da Posner;, b) a quel punto essa diventa fragile - ragionamento ispirato da Taleb; c) e si scatenano i comportamenti imitativi, come l'euforia e il panico - ragionamento ispirato da Krugman.

a) La leva elevata: margini bassi e volumi alti

Perché mai l'industria finanziaria è “ontologicamente” fragile? Le banche si indebitano e prestano il denaro ricevuto. Per guadagnare (o, semplicemente, per pagare i propri costi di funzionamento) le banche debbono ricevere un tasso di interesse maggiore (= uno spread) di quello che pagano, e dunque debbono cercare delle attività rischiose (= con un maggior rischio si può avere un maggior rendimento). Inoltre, sono indebitate a breve (= i depositi possono essere ritirati all'istante) e prestano a lungo termine (= i crediti delle banche non possono essere ritirati all'istante, e, se ciò anche avvenisse, l'economia si affloscerebbe). Se lo spread è basso, ecco che le banche non pagano i propri costi di funzionamento, se, invece, è alto, ecco li pagano, ma con uno spread alto (= un tasso di interesse attivo alto) si riduce il volume dei crediti.

Ergo, la condizione ottimale per le banche è quella in cui esse prestano molto (= hanno una leva – il rapporto fra attivo e capitale di rischio - elevata) per avere un margine di profitto (= un reddito sopra i costi di funzionamento) anche con spread bassi (= che incentivano i debitori). Ossia, per dirla in termini industriali, quando i margini sono bassi si deve agire sui volumi. Da qui la fragilità quando le cose vanno male: le banche con una leva elevata non sono a rischio solo se i loro crediti sono sicuri. La crisi ha mostrato che i molti crediti (soprattutto quelli in campo immobiliare) non lo erano.

Quando cade la “fiducia” (= che è un qualcosa impossibile da quantificare), si riducono i consumi e gli investimenti. Un minor tasso di interesse richiesto dalla banca centrale per prestare alle banche di credito ordinario può non “salvare la partita”, perché le banche non si fidano (= non sanno come sono messi i conti di ciascuna) le une delle altre (= i tassi interbancari sono spinti al rialzo, oppure le banche non si prestano il denaro fra loro, qualunque sia il tasso) e nemmeno dei clienti non bancari, i quali cedono all'ansia e non chiedono altri crediti. Morale, le banche “immagazzinano” la moneta invece di farla circolare. In questo modo, l'economia non si riprende, per quanto possano essere bassi i tassi di interesse.

b) La Fragilità: sassolini e pietre

Un re, che voleva punire il figlio tirandogli una pietra, non voleva fargli del male, mentre lo doveva punire. Perciò la pietra doveva lanciarla. Su consiglio di un rabbino molto saggio, la pietra venne spezzata in tanti frammenti. La pietra, suddivisa in tanti frammenti, fu lanciata contro il figlio, che fu punito, ma non si fece male. Il concetto è che il lancio di una pietra intera produce sulla vittima un danno maggiore di quello che si genera dall'accumularsi di tanti frammenti della stessa pietra che colpiscono la vittima medesima. Insomma, la pietra intera produce un danno superiore a quello dei frammenti che la compongono.

Per esempio, ogni giorno vi sono migliaia di terremoti di entità molto modesta (i “sassolini”) di cui nessuno si accorge, perché non producono danni, e che sono perciò assorbiti nell'indifferenza, mentre in un anno vi sono pochi terremoti di grande intensità (le “pietre”) di cui tutti si accorgono, perché sono catastrofici.

L'effetto cumulato di tanti piccoli shock è perciò minore dell'effetto di un singolo shock a grande impatto. “Fragile” è perciò quello che risente molto di più di un singolo evento importante a bassa frequenza, di quanto risenta di molti eventi poco importanti che avvengono casualmente e in successione. (Con un linguaggio più tecnico, possiamo affermare che l'impatto negativo di un singolo evento importante produce degli effetti maggiori di quelli che si avrebbero se l'evento maggiore fosse spezzato e gli eventi di minor dimensione fossero cumulati un poco alla volta. In questo caso, avremmo un andamento “non lineare”. E gli andamenti non lineari, se positivi, sono “convessi”, se negativi “concavi”).

Siamo arrivati alle grandi banche e perciò al “too big to fail”, laddove, ai tempi della crisi del 2008, si è avuto l'andamento non lineare di forma concava (nientemeno).

Prima ancora del crack della Lehman – nel settembre 2008 - ci fu la vicenda della Societé Générale – nel gennaio 2008. Un suo trader – un signore che compra e vende per conto di una banca contando di guadagnare sulle escursioni dei prezzi - aveva nel tempo acquistato una gran quantità di azioni senza però averle fatte registrare nei portafogli della banca. La qual cosa viene scoperta durante un fine settimana. La banca decide subito di vendere tutto quanto non era ufficialmente registrato. Quindi il lunedì, quando, per sfortuna, il mercato statunitense era chiuso per una festività, e dunque il mercato era poco “liquido”. L'impatto della vendita “a tutti i costi” fu molto pesante: su 70 milioni di dollari di vendita la banca ne perse ben sei.

Dunque – per riprendere l'esempio iniziale - abbiamo avuto un sasso di notevoli dimensioni lanciato in un solo momento e non un sasso spezzato in tanti sassolini lanciati in tempi diversi. Il sasso lanciato in un giorno produce un danno maggiore di quello che si sarebbe avuto, se invece di un singolo trader che “nasconde” 70 milioni di dollari, avessimo avuto dieci trader di dieci banche, con ciascuno che avesse “occultato” 7 milioni, e con le dieci banche che vendevano nel tempo e indipendentemente l'una dall'altra le azioni che man mano avevano purtroppo scoperto di avere. Torniamo perciò all'esempio dei tanti terremoti minori di cui nessuno si accorge, e di un terremoto maggiore di cui tutti parlano.

Un sistema con banche gigantesche produce degli impatti negativi maggiori di un sistema concorrenziale, ossia composto da molte banche di peso non dissimile, quando le cose si mettono male.

c) I comportamenti imitativi: conigli e mammut

Equilibrio statico

Immaginate due gruppi umani nella notte dei tempi. I primi cacciano conigli, i secondi mammut. I primi avranno un tipo di alimentazione che possiamo chiamare “continua”. I conigli sono piccoli, sono tanti e si trovano facilmente. Nessun coniglio permette di farsi delle grosse scorpacciate. I secondi avranno un tipo di alimentazione che possiamo chiamare “discontinua”. I mammut sono enormi, sono molto pochi e si trovano difficilmente. Il mammut permette di farsi delle grosse scorpacciate. Ma fra una gran mangiata di mammut e l’altra si fa la fame. Con i conigli si lavora, ossia si caccia, tutti i giorni, si mangia poco ma regolarmente, e non viene richiesto alcun atto eroico. Con i mammut, invece, si lavora ogni tanto, si mangia molto ma irregolarmente, e viene richiesto un eroismo pronunciato. I “maschi beta” vivranno nella grotta dove di notte si nasconde la tribù che caccia conigli, mentre i “maschi alpha” vivranno nella grotta dove vivono i cacciatori di mammut. I cacciatori di conigli si accoppieranno poco frequentemente e senza motivo apparente, possiamo immaginare, come Fantozzi, ogni venerdì, i cacciatori di mammut, invece, si accoppieranno solo dopo una grande festa intorno al fuoco, dove mangiano la carne dei bestioni e cantano le proprie gesta eroiche; al di fuori delle feste sono casti.

Possiamo provare a misurare il benessere come quantità di cibo annuo, attività sessuale annua, speranza di vita. La prima tribù e la seconda alla fine mangiano la stessa quantità di carne. Una ne mangia poca, ma tutti i giorni, l’altra molta, ma raramente. Lo stesso dicasi per il sesso, i primi fanno sesso mediocremente ma regolarmente, i secondi raramente, ma appassionamene. I primi moriranno raramente, i secondi con maggiore frequenza. I primi sono, per dirla con un linguaggio sconosciuto nella preistoria, dei “borghesi”, mentre i secondi sono dei “guerrieri”. I primi saranno quindi soddisfatti del proprio mediocre quotidiano, i secondi troveranno il rischio della caccia al mammut una vera meraviglia che mette alla prova i “veri uomini”. In conclusione, il sistema delle due tribù è “in equilibrio”.

Squilibrio e riequilibrio, ossia nascita e caduta della bolla.

All’improvviso un gran numero di mammut si sposta verso l’area dove vivono le nostre due tribù, forse alla ricerca di erba. I cacciatori di mammut troveranno così cibo in abbondanza tutti i giorni. I cacciatori di conigli dopo qualche tempo diventano invidiosi. Se rifacciamo i conti di prima le due tribù non sono più in equilibrio. I cacciatori di mammut, infatti, mangiano molto ed anche regolarmente. I cacciatori di conigli, riuniti in consiglio, decidono allora di darsi alla caccia dei mammut. Ecco come, nella notte dei tempi, si forma quel comportamento che poi, nei tempi recenti, verrà chiamato da “bolla”.

I cacciatori di conigli si danno alla caccia del mammut, proprio come i cacciatori di mammut. Tutti ottengono molta carne, rischiando la vita. Nel linguaggio moderno si dice che ad un elevato rendimento corrisponde un rischio alto. I mammut però, con tutti che danno loro la caccia, si riducono di numero molto in fretta, i mammut morti non sono infatti sostituiti dai mammut bimbi in un rapporto di 1:1. Intanto che i mammut si riducono, i conigli, che non vengono più cacciati, aumentano velocemente di numero. Ecco che la carne di mammut scarseggia, mentre quella di coniglio abbonda. Non solo scarseggia ma resta pericoloso procurarsela. La carne di coniglio abbonda e non si corrono rischi a procurarsela. Nel linguaggio moderno si dice che ad rendimento basso (i mammut sono diventati pochi dopo lo sterminio) corrisponde un rischio alto (cacciarli resta comunque pericoloso).

Torna quindi ad essere molto remunerativa la caccia al coniglio, che rende molto, mentre si rischia poco o niente. La caccia al mammut viene abbandonata da entrambe le tribù. La “bolla” dei mammut si è sgonfiata. Tutti si mettono a cacciare conigli, che diventeranno pochi dopo anni ed anni di mattanza, mentre i mammut torneranno nel tempo ad essere numerosi. A quel punto tornerà attraente la caccia al mammut.

Fonti:

(a) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3606-il-nobel-mancato-di-posner.html

(b) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3555-too-big-too-fail.html

(c) http://www.centroeinaudi.it/articoli/commenti-economiacentroeinaudiit-98/231-conigli-e-mammut.html

(1) http://www.ft.com/intl/cms/s/2/25ebae9e-3c3a-11e3-b85f-00144feab7de.html#axzz2ir4GTzF2