Tre sono i punti di svolta in Europa: 1) l'impatto del prezzo del petrolio; 2) il Quantitative Easing; 3) le elezioni in Grecia. La nostra previsione è: 1) l'impatto del prezzo del petrolio (dimezzatosi) non è così espansivo come si sarebbe potuto immaginare; 2) gli acquisti di obbligazioni da parte della Banca centrale europea e da parte delle Banche centrali nazionali annullano il rischio di insolvenza dei debiti pubblici; 3) gli effetti delle elezioni in Grecia non avranno un impatto significativo.

 

1 – L'impatto del prezzo del petrolio

Dopo un periodo iniziale di euforia sugli effetti benefici della caduta del prezzo del petrolio, si è passati ad una lettura più compassata. Questa volta, e a differenza del passato, la caduta del prezzo del petrolio porterà meno benefici. La caduta del prezzo di oggi ha un precedente. Nel periodo 1969-1986 abbiamo avuto un andamento simile a quello odierno del 1998-2015. Qual è la differenza? Per capire dove alberga la differenza, si immagini l'economia in maniera molto stilizzata.

Cade il prezzo del petrolio, aumenta (più o meno, a seconda del peso delle accise) il potere d'acquisto dei consumatori. I quali ultimi spendono di più nell'acquisto di altri beni. Altrimenti detto, le famiglie non risparmiano il maggior reddito disponibile. Si ha così un incremento della domanda dei beni prodotti all'interno delle economie che importano materie prime energetiche. I prezzi cadono, anche perché le imprese tagliano i prezzi, avendo minori costi per le materie prime. I prezzi cadono e perciò aumenta il tasso di interesse reale (interesse nominale meno tasso d'inflazione). La banca centrale taglia i tassi. I minori tassi nominali combinati con una inflazione minore mantengono invariati i tassi reali in presenza di una maggiore domanda. L'economia trae così beneficio dal prezzo del petrolio in caduta.

Se - rispetto a quanto esposto finora - rimuoviamo due condizioni: 1) le famiglie non spendono (perché sono indebitate, perché sono insicure sul futuro) quanto risparmiano con la caduta del prezzo del petrolio; 2) i tassi di interesse sono già a zero e quindi, se i prezzi cadono per effetto del minor costo energetico, la banca centrale non può fare nulla, con il risultato che i tassi reali aumentano, ecco allora che la spinta propulsiva che si ha con la caduta del prezzo del petrolio si riduce.

2 – Il Quantitative Easing di Draghi

I titoli del Tesoro dell'Euro-zona hanno da qualche tempo un rendimento (alla scadenza) negativo per molti Paesi – fra cui la Germania - nella parte breve e media delle scadenze. Per altri – fra cui l'Italia - hanno dei rendimenti (alla scadenza) quasi tutti modestamente positivi. Insomma, è come se il QE nell'Euro-zona ci fosse già. Se scopo del QE è schiacciare i rendimenti delle obbligazioni, ebbene questi sono già schiacciati. Se il QE non serve a schiacciare i rendimenti, perché questi lo sono già, allora il QE serve solo a mantenere i rendimenti schiacciati, perché altrimenti questi potrebbero salire. Come dire, la BCE gioca d'anticipo per evitare che i rendimenti possano salire prima che l'economia si sia ripresa in via definitiva.

La decisione presa giovedì intorno al QE è duplice: l'ammontare dei titoli in acquisto e la ripartizione del rischio. L'ammontare di obbligazioni pubbliche e private che saranno acquistate è maggiore di quanto si pensava – circa mille miliardi di euro contro il dubbio che fossero cinquecento – e la ripartizione, o, se si preferisce, la messa in comune del rischio (sui titoli di stato, ma non su quelli privati) è molto meno condivisa di quanto si pensava. I titoli di stato saranno comprati dalla Banca centrale europea e dalle varie Banche nazionali.

Gli acquisti della Banca centrale europea saranno in proporzione alle quote dei diversi Paesi nel suo capitale, mentre ogni Banca centrale nazionale procede negli acquisti per proprio conto. Fino ad un certo ammontare di acquisti di titoli di stato le Banche centrali nazionali e quella centrale europea condividono il rischio, oltre questo ammontare, fissato al 20% degli acquisti addizionali, il rischio non è più condiviso.

La soluzione trovata a Francoforte pare “compromissoria”: si comprano sì i titoli di stato, ma solo fino a un certo punto in condivisione. Il bicchiere può perciò essere visto mezzo pieno (si comprano i titoli di stato dell'Euro-area, ecco che “hanno vinto i Latini”), oppure mezzo vuoto (non si ha nell'Euro-area una vera volontà nel condividere i rischi, ecco che “hanno vinto i Nordici”). Fosse una schedina del Totocalcio avremmo così una X.

Oppure no, sembra una X, ma non lo è? Chi sostiene che questa è “a ben guardare una vittoria di Draghi”, fa notare due cose e la loro implicazione. La prima. L'ammontare di acquisti consentito è il doppio delle attese, ergo, se anche gli acquisti sono limitati come percentuale di condivisione del rischio, essi sono il doppio in valore assoluto. La seconda. Le banche centrali nazionali hanno abbastanza capitale di rischio da reggere le eventuali perdite sui titoli acquistati. Segue che il rischio di insolvenza dei debiti pubblici non c'è più (Grecia esclusa, e questo problema sarà affrontato più avanti). Ossia, il rischio insolvenza per i debiti pubblici scompare per il combinato effetto degli acquisti a rischio condiviso effettuati dalla Banca centrale europea e per effetto degli acquisti delle Banche centrali nazionali nell'Euro-area.

Fin qui abbiamo discusso dei debiti pubblici. Ma gli acquisti cospicui di obbligazioni private potrebbero essere il modo per finanziare gli investimenti in infrastrutture, di cui tanto si parlato poco tempo fa.

3 – L'impatto delle elezioni in Grecia

Il debito pubblico greco per la gran parte è stato ristrutturato. L'ottanta per cento del debito scade, infatti, molto avanti nel tempo – di questo ottanta per cento il sessanta per cento scade il venticinque anni, e il rimanente venti per cento scade in tredici anni. Perciò non si hanno problemi di rinnovo del debito se non per la modesta parte residua – il venti per cento. Oltretutto sull'ottanta per cento del debito ristrutturato l'interesse pagato è solo del 1,82% . Per alcuni un numero da “usura”, in realtà un numero minuscolo: la Germania sul tutto il suo debito paga circa il due per cento e l'Italia circa il quattro per cento.

Se, come visto, “il” problema non è l'onere del debito, allora perché se ne parla così tanto e così concitatamente? Se il debito fosse cancellato del tutto (quindi sia il debito sia le cedole), oppure fosse consolidato (ossia ristrutturato in maniera tale che non scade mai, ma paga solo le cedole) poco cambierebbe, visto che già oggi scade molto in là nel tempo, e che costa pure molto poco. Possibile che la questione del debito sia solo un idola fori – ossia che abbia a che fare con le credenze fallaci ”della piazza”. Oppure anche che la questione del debito sia un escamotage per definire un Nemico (la Troica, la Finanza, i Teutonici, il Neo-liberismo), rispetto al quale ribadire un'alternativa, che poi sarebbe quella classica: “adesso ci governiamo noi”.

La succitata alternativa che sarebbe il ritorno della spesa sociale, una questione vera e urgente dal momento che un terzo della popolazione greca è finita sotto la soglia della povertà. Urgente, perché la crescita economica riporterebbe sopra la soglia di povertà una parte cospicua della popolazione, ma solo nel più lungo termine. La spesa sociale, come abbiamo visto, potrebbe essere finanziata solo in parte modesta dalla cancellazione degli interessi, perciò in gran parte sarebbe pagata attraverso un rialzo delle imposte. Avremmo così in Grecia come soluzione un incremento sia delle spese sia delle imposte che lasciano il saldo del bilancio pubblico invariato. Se, invece, le spese crescessero più delle imposte e perciò non lasciassero il saldo invariato, ecco che si avrebbe un maggiore deficit pubblico che potrebbe essere finanziato, non emettendo la Grecia moneta, solo con le obbligazioni. Ciò che che potrebbe avvenire solo offrendo dei rendimenti molto elevati. Ecco allora che forse si spiega l'intestardirsi sulla vicenda del debito. Non si è sicuri di poter espandere la spesa e contemporaneamente alzare le imposte - spendere è facile, mentre raccogliere le imposte è difficile – e perciò si cerca il modo di condizionare i partner dell'Euro-zona per non essere “puniti” in caso di incremento del fabbisogno finanziario.

Il rischio insolvenza per i debiti pubblici – Grecia esclusa - è scomparso da giovedì scorso, per il combinato effetto degli acquisti a rischio condiviso che saranno effettuati dalla Banca Centrale Europea e per effetto degli acquisti che saranno effettuati delle Banche Centrali Nazionali. Altrimenti detto, l'“effetto contagio” non dovrebbe esserci anche nel caso di un aggravarsi della crisi greca.

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