Quando la politica monetaria schiaccia la curva dei rendimenti (la disposizione temporale dei titoli di stato dai tre mesi ai trent'anni), le banche guadagnano poco. E' vero che raccolgono il denaro a un costo modesto, ma è altrettanto vero che lo impiegano con un ricavo modesto.

 

Di conseguenza il loro margine di interesse – la differenza fra il costo della raccolta e i ricavi degli impieghi – diventa modesto. Per guadagnare di più debbono alzare i ricavi da commissioni – la gestione del denaro della clientela, come quello che ha, per esempio, origine nelle commissioni dei fondi comuni. Con dei rendimenti del debito pubblico compressi e con le borse in difficoltà questi ricavi possono crescere poco. Il margine di intermediazione, che è il risultato finale della gestione ordinaria, è perciò modesto.

A fronte di questi redditi modesti si devono coprire i cattivi crediti (soprattutto in Italia), oppure i titoli tossici (soprattutto nel Nord Europa). Questa combinazione spiega la debolezza delle banche in Europa. Negli Stati Uniti il settore bancario ha incominciato a cadere quando sono cambiate le aspettative sulla politica monetaria. Il rialzo dei tassi è diventato agli occhi dei mercati meno probabile, e quindi si incominciato a scontare una curva dei rendimenti che resta schiacciata, con la conseguente pressione sul margine di interesse, di cui si diceva prima.

Non desta quindi meraviglia che il prezzo dei titoli bancari sia caduto, mentre si hanno delle amplificazioni della caduta. L'amplificazione dipende dalle vendite “scoperte”. Se so che un settore è debole e quindi che ci saranno pochi acquirenti se il prezzo cade, ecco che prendo in prestito i titoli e li vendo in gran quantità - poniamo a 100. I prezzi crollano – poniamo fino a 75, e quindi posso ricomprarli ad un prezzo molto più basso e renderli. La differenza fra il prezzo di vendita di 100 e quello di riacquisto di 75 è il guadagno potenziale dello “speculatore al ribasso”. Quando i prezzi sono scesi abbastanza, sono ricomprati. I prezzi allora rimbalzano - poniamo - da 75 a 85. Si ha il cosiddetto “rimbalzo tecnico”, che non è l'alba di un mondo finalmente rasserenato, ma la “chiusura di posizioni al ribasso”.

In conclusione, fin tanto che la politica monetaria resta lasca il reddito delle banche è compresso, mentre rimangono da coprire le perdite pregresse. Una ripresa stabile dei prezzi delle azioni bancarie fino ai livelli ante crisi è quindi improbabile. Ogni tanto si hanno dei rimbalzi (anche violenti) legati alle chiusure delle posizioni scoperte.