Ci si interroga su quel che accadrà l'anno prossimo quando la Banca Centrale Europea (BCE) smetterà di comprare le obbligazioni dei Tesori. Tentiamo prima una previsione e poi riportiamo quanto sta accadendo negli Stati Uniti.

 

Ecco i passaggi della previsione:

1 - La BCE dal 2018 non solo non compra più le obbligazioni, ma porta all'incasso quelle che sono nel suo portafoglio che vanno in scadenza. Se le cose fossero messe così, il Tesoro dovrebbe piazzare presso il settore privato il controvalore del flusso di obbligazioni della BCE giunte a scadenza. Si avrebbe così una maggior offerta di obbligazioni, che verrebbe assorbita dai portafogli privati. La maggiore offerta sarà assorbita con rendimenti maggiori?

2 - Se immaginiamo che la fine degli acquisti di obbligazioni da parte della BCE coincida con una politica di rialzo dei tassi, ossia che si abbia a che fare con la fine delle politiche monetarie ultra espansive, ecco che avremmo il rialzo di tutta la curva dei rendimenti, e quindi un maggior costo del debito pubblico. (Questa coincidenza non si è però avuta negli Stati Uniti, dove la Federal Reserve ha smesso di comprare obbligazioni tempo fa, e poi ha alzato i tassi di poco e ben dopo).

3 – l'ipotesi 1) cui si può sommare fin da subito, oppure rimandare nel tempo l'ipotesi 2) porta ad un maggior costo del debito. Costo che è tanto maggiore quanto maggiore è il volume del debito. Quest'ultimo è cresciuto in questi anni in tutti Paesi dell'Euro-zona. Difficile pensare che i bilanci pubblici possano, avendo dei vincoli di deficit, reggere un maggior costo del debito. Detto altrimenti, se sale il costo del debito, e si ha un vincolo di deficit, sono le altre spese che vanno tagliate. Molte spese, soprattutto quelle che dipendono dalla demografia, come le pensioni e la sanità, sono però difficilmente comprimibili.

4 – L'approccio “purista” afferma quanto segue: la Banca Centrale ha comprato le obbligazioni soprattutto dei Tesori per quel tanto che era necessario, poi, terminato il periodo che richiedeva questa politica straordinaria, realizza, ossia non rinnova, le obbligazioni accumulate che vanno in scadenza. In questo modo abbatte il proprio attivo che si era gonfiato smisuratamente e tutto torna come prima. Nel caso purista il bilancio della banca centrale torna magro, mentre s'ingrossa quello dei privati. Il ritorno alla situazione ante crisi non è però indolore: il settore privato ha, infatti, assorbito non solo il debito che è stato emesso negli anni della crisi, ma dovrebbe assorbire anche quello acquistato dalla banca centrale. Il tutto in un contesto che con grande probabilità – si dovrebbe avere una ripresa dell'economia reale - è quello di un rialzo della curva dei rendimenti. Il costo economico e politico per il bilancio pubblico di questa combinazione (rialzo dei tassi e vendita dei titoli della banca centrale) è troppo alto. La conclusione è allora quella che vede la banca centrale rinnovare i suoi titoli che vanno in scadenza in modo tale che non si abbia una pressione sui portafogli del privati. I titoli sono rinnovati, mentre le cedole tornano al Tesoro, perché le banche centrali, rafforzato il proprio bilancio, debbono rendere ogni surplus. La conclusione probabile della vicenda è perciò quella che vede il congelamento del debito pubblico che le banche centrali hanno acquistato negli anni della crisi.

5 – L'esperienza statunitense milita a favore della previsione appena fatta che sostiene che il debito pubblico rimarrà nei bilanci delle banche centrali e non peserà sui conti dei Tesori. Una nota della Federal Reserve di New York sostiene che mentre si avrà una riduzione delle obbligazioni legate al settore immobiliare, quelle emesse dal Tesoro resteranno all'incirca allo stesso livello, ossia saranno rinnovate. Il primo grafico (2) mostra l'accumulazione di titoli da parte della banca centrale. Il secondo mostra in forma grafica la succitata previsione della Federal Reserve di New York (2). La conclusione è che il bilancio della banca centrale dimagrisce, ma non per la sua componente pubblica, i titoli del Tesoro. Mette conto notare una differenza: nel bilancio della banca centrale statunitense vi sono molte obbligazioni legate al settore immobiliare, che possono essere vendite per ottenere un dimagrimento del bilancio, mentre in quello della BCE si hanno ben poche obbligazioni che non siano dei Tesori.

 

BilancioFED1
BilancioFED1

 

BilancioFED2
BilancioFED2

 

6 – Come che vada a finire con le obbligazioni detenute dalle banche centrali, resta il quesito se siamo destinati ad avere ancora dei tassi e dei rendimenti bassi, e quindi un costo del debito compresso? Si hanno due scuole di pensiero nella ricerca di una risposta al quesito (3).

La prima è quella della “stagnazione secolare”. Il livello compresso dei tassi e dei rendimenti trae origine dalla crescita modesta, frutto di una domanda insufficiente, per cui si ha un'offerta di risparmio maggiore della domanda. Il prezzo del risparmio abbondante (il tasso di interesse) scende. Si ha così un costo del risparmio molto basso che incentiva l'accensione dei debito. L'anomalia di un debito crescente con un costo compresso si spiega – secondo la prima scuola di pensiero - con la bassa crescita dell'economia.

La seconda scuola di pensiero è quella della risposta inappropriata delle banche centrali. Una risposta che alimenta un'asimmetria comportamentale. Se l'inflazione non sale troppo durante i boom, la banca centrale non alza troppo il costo del denaro. Se l'economia si indebolisce molto e l'inflazione s'ammoscia, la banca centrale schiaccia il costo del denaro. Quest'asimmetria altera i comportamenti dei mercati, perché i tassi tendono a restare più bassi di quel che dovrebbero in qualunque fase del ciclo. E qui scatta la trappola. Una volta che si sia accumulato molto debito con un costo compresso, diventa difficile per le banche centrali alzare i tassi. Si rischierebbe, infatti, di far deragliare l'economia.

Ciascuno scelga la scuola che preferisce, oppure misceli le due senza schierarsi, restando, beninteso, libero di fondarne una terza.

1 - https://www.ft.com/content/48e5f0ba-1a4b-11e7-bcac-6d03d067f81f

2 - https://www.ft.com/content/181d3ebb-eb11-3eba-8afe-d0d4c3df518b

3 - http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/4660-ifigenia-fra-bolle-e-stagnazione.html