Il tasso di crescita dell’economia europea sta rallentando, ma resta positivo, e maggiore di quello statunitense (A). I mercati azionari sono ad un massimo di pessimismo psicologico (B), ad un minimo di prezzo fondamentale (C), ad un minimo di andamento tecnico (D).

( A ) La previsione del Fondo Monetario. Assumendo, sulla base dei prezzi dei future, un prezzo medio annuo del petrolio di 115 nel 2008 e di 125 dollari al barile nel 2009, ed assumendo una politica monetaria invariata in Europa, abbiamo un tasso di inflazione stabile e relativamente contenuto.


La crescita del PIL è stimata nell’area dell’euro pari al 1,7% nel 2008 ed al 1,2% 2009. I numeri degli Stati Uniti sono 1,3% e 0,8%. Quelli europei non sono numeri così brutti, anche se non sappiamo che cosa accadrebbe se il prezzo del petrolio salisse oltre il livello su cui si basa la stima complessiva del Fondo Monetario.

La previsione: http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2008/update/02/index.htm
 

( B ) Il pessimismo si misura mettendo in relazione gli operatori che si dichiarano pessimisti con quelli che si dichiarano ottimisti. Il rapporto è maggiore di quello che si aveva nel 2002, ai tempi della caduta verticale dei mercati azionari.
 

( C ) Il prezzo delle azioni in rapporto agli utili stimati, il “12 Month Forward Price to Earnings ratio”, è intorno a 10, il rapporto più basso dal 1980. Se anche gli utili fossero rivisti al ribasso del 20%, avremmo un rapporto di 12, un valore in linea con quello della crisi verticale del 2002.
 

( D ) La quantità di titoli che cade in rapporto a quella che sale è ad un livello simile a quello del 2002. In altre parole, gli investitori pensano che sono poche le imprese in cui valga investire. Il che quasi sempre è un giudizio esagerato. Gli studi mostrano che le imprese che vanno veramente male durante la recessione sono poche. E queste poche vanno così male che buttano giù gli utili complessivi. Il grosso delle imprese però non va molto male, ed alcune vanno bene.
 

I numeri sui mercati: http://www.bankcreditanalyst.com/
 

È la situazione tipica dove diventa rischioso scommettere che le cose andranno ancora peggio, questo per chi ha portafogli “scoperti”, ossia che ha venduto i titoli contando di ricomprarli a dei prezzi inferiori, ma non è ancora una situazione che si presti ad un rialzo strutturale, assente la combinazione di rendimenti in discesa con utili in ascesa. Possono esserci dei rimbalzi, anche forti, che poi si spengono.