Si prende il rendimento delle azioni (variazione del prezzo con dividendo reinvestito all’incasso) e si prende il rendimento delle obbligazioni (variazione del prezzo con cedola reinvestita all’incasso) di tutti i paesi del mondo. Si divide il primo per il secondo. Se la curva sale (quella in alto) le azioni vanno meglio delle obbligazioni e viceversa. Si misura (grafico in basso) anche la caduta delle azioni rispetto alle obbligazioni dal picco del rapporto per avere idea dell’entità della caduta.

Fatti i conti, il grafico è di Bank Credit Analyst, ecco i risultati: (a) questa è la peggior caduta degli ultimi quaranta anni; (b) se uno avesse mantenuto fermi gli investimenti dal 1980 ad oggi, avrebbe avuto lo stesso risultato investendo in azioni o in obbligazioni (il rapporto era di .15 nel 1980, ora è tornato allo stesso livello). Trent’anni sono un arco più che sufficiente per giudicare il risultato di un investimento rischioso.

Si sostiene che, nel caso delle azioni, il segreto è aspettare e non avere paura. Gli ultimi quaranta anni mostrano che le azioni rispetto alle obbligazioni statali producono un risultato finale simile, con delle escursioni che entusiasmano o deprimono. Naturalmente in questo indice delle azioni abbiamo solo le imprese divenute giganti, non quelle che erano nane e sono diventate giganti, che sono un altro universo, a nostro avviso quello davvero interessante. Resta il fatto che i sistemi pensionistici ad accumulazione, che si basano sull’assunto che le azioni delle grandi imprese sono rischiose ma poi rendono di più, almeno negli ultimi quaranta anni, non hanno trovato il proprio fondamento. Questo ragionamento non implica che le azioni non possano salire anche molto e per lunghi periodi, dice solo che “alla lunga” i rendimenti delle azioni non si sono distaccati.
 

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