Per arrivare alla giugulare del problema delle banche statunitensi prendiamo gli estremi. Nell’attivo abbiamo i titoli che hanno un prezzo di mercato (Livello 1), quelli che hanno prezzo per analogia con titoli simili (Livello 2), ed, infine, quelli che hanno un prezzo secondo la valutazione della banca medesima (Livello 3).


Prendiamo l’estremo “soggettivo” dell’attivo, i titoli che hanno una valutazione senza scambi di mercato, il Livello 3. Lo confrontiamo con l’estremo "oggettivo" del passivo, che è il patrimonio netto, senza avviamenti, e senza azioni privilegiate. La cosiddetta “tangibile equity". L’estremo soggettivo è maggiore dell’estremo oggettivo. Per le prime venti banche statunitensi è quasi il doppio: il 5,5% dell’attivo contro il 3,4%. L’attivo delle prime venti banche statunitensi è di 12 trilioni di dollari, e quindi la differenza fra il totalmente soggettivo ed il totalmente oggettivo è di circa duecentocinquanta miliardi dollari.
 
Se sottoposti all’ormai famoso ”stress test” (ossia, simulando vari scenari di crisi, si vede come vanno i bilanci delle banche), gli attivi bancari fossero inferiori anche solo al 2%, il patrimonio netto tangibile svanirebbe. Da qui i prezzi di borsa molto deboli, i timori che vi siano delle nazionalizzzazioni di fatto, ecc. Facile che anche le banche degli altri paesi non siano messe meglio.

 

Per i numeri citati: http://www.bankcreditanalyst.com/public/story.asp?pre=PRE-20090304.GIF.
 
Il
peso dei titoli bancari in rapporto a quello di tutti gli altri titoli mostra come i primi si siano dimezzati, dal 12% al 6%, nonostante che anche i secondi siano caduti:


peso_banche_su_borsa_-_paesi_avanzati
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