Il governo americano ha pubblicato i dati su redditi e povertà riferiti al 2013 (1) e le notizie non sono confortanti: la middle class continua a pagare prezzi elevati a causa della recessione, mentre il divario tra ricchi e poveri non si colma (anche se il numero totale di poveri si è ridotto). Come sintetizza il Center for American Progress (2), la quota di reddito nazionale della middle class è diminuito, i salari sono stagnanti e la middle class americana non è più la più ricca del mondo.

Il reddito medio è, pur con gli aggiustamenti inflazionistici, 8 per cento inferiore rispetto alla media pre recessione, 9 per cento in meno di quanto fosse nel 1999 e sostanzialmente invariata dagli anni post Reagan. Se i tassi di crescita però aumentano come si spiega questo impoverimento progressivo? La recovery non è arrivata? Il problema è che la crescita nel prodotto interno non si traduce in una crescita dei redditi, o come commenta sarcastico, The Upshot, blog del New York Times che fa analisi di politica ed economia, “il PIL non si mangia a tavola” (3).

Ma la domanda più pop – e allo stesso tempo più agghiacciante – l’ha posta Annie Lowrey sul New York Magazine: non torneranno mai più gli anni Novanta? Posta così, la questione, sembra roba da nostalgici, Doc Martins e Mariah Carey, ma il problema è che in 15 anni almeno la classe media americana non ha fatto altro che impoverirsi. “Se dal 1999 i redditi fossero cresciuti seguendo l’andamento precedente – scrive la Lowrey – oggi in media ogni americano avrebbe 20 mila dollari l’anno in più di quelli che ha”.

Ma non è andata così e anzi si è verificata piuttosto quella che Larry Summers, ex capo degli economisti della Casa Bianca di Obama e ministro del Tesoro clintoniano durante gli ormai mitici anni Novanta, definisce “stagnazione secolare”, che si cura soltanto con interventi dello stato straordinari senza i quali, anche a fronte di crescita, non diminuisce la disoccupazione, e non si diventa più ricchi. Per sostenerli bisogna accettare di vivere in deficit perpetuo, senza usare i tassi di interesse come unico bilancino dell’economia, altrimenti sarà sempre un alternarsi – feroce – di bolle create e di bolle scoppiate. La tesi di Summers è suggestiva, per quanto il mondo stia andando in direzione opposta, verso il rigore di bilancio e la riduzione dei debiti. Dalla sua Summers ha gli anni Novanta, lui c’era, ma è difficile credere che quel tocco magico sia rimasto intatto, e certo i dati degli ultimi 15 anni dicono che è meglio dimenticarselo, quel decennio di benessere.

(1) http://www.census.gov/content/dam/Census/library/publications/2014/demo/p60-249.pdf

(2) http://www.americanprogress.org/issues/economy/report/2014/09/24/96903/the-middle-class-squeeze/

(3) http://www.nytimes.com/2014/09/17/upshot/you-cant-feed-a-family-with-gdp.html?abt=0002&abg=1

(4) http://nymag.com/daily/intelligencer/2014/09/will-the-economy-ever-be-as-good-as-the-90s.html