Allo stato si hanno quattro opzioni: quella ultra keynesiana, quella keynesiana normale, quella di mezzo, e quella austriaca. Si perdonino le etichette. La prima vuole un ritorno della spesa pubblica in un contesto di minori diseguaglianze, la seconda vuole un ritorno della spesa pubblica, la terza un ritorno della spesa pubblica ma combinata con riforme sul lato dell'offerta, la quarta propone una “de-finanziarizzazione” dell'economia combinata con il prevalere delle politiche dell'offerta.

 

Come sempre accade esistono elementi di verità in ognuna delle opzioni. La domanda vera è: quale, alla fine, prevarrà nell'arena politica?

Quella che abbiamo etichettato come ultra-keynesiana ha origine nel Levy Institute di New York è una combinazione di economisti ispirati da Minsky. Costui aveva dato una lettura originale e raffinata del keynesismo, facendone una combinazione di economia finanziaria e reale, laddove la prima è quella trainante (1). Ebbene, secondo questi signori del Levy, l'economia degli Stati Uniti ha come caratteristica quella di crescere meno che in passato per effetto della compressione della spesa pubblica, in un contesto di famiglie indebitate. Non crescendo il reddito della maggior parte delle famiglie, ecco che queste possono consumare più del loro “vincolo di bilancio” solo se si indebitano. Abbiamo così una crescita relativamente modesta e distribuita a favore dei percettori di redditi elevati con un debito crescente per i percettori di redditi modesti, che potrebbe portare l'economia statunitense nella situazione del 2008 (2). Insomma si ha un debito privato – che in passato era concentrato nei mutui ipotecari – elevato e ingestibile. Si apre così la porta alle politiche fiscali che potrebbero essere espanse ed alla redistruibuzione del reddito. Questo approccio porta al dibattito in corso in Europa, che ha come riferimento politico il nuovo leader laburista (3), e come riferimento economico Piketty (4).

Quella che abbiamo etichettato come keynesiana normale ha come riferimento l'economista Summers, già ministro del Tesoro con Clinton. In breve, l'economia, al di là del ciclo, cresce poco per effetto della modesta crescita della produttività, intanto che la popolazione invecchia. E' la famosa ipotesi della “stagnazione secolare”. Per spingere l'economia non basta la politica monetaria, perché i tassi intorno allo zero la rendono impotente. E' la famosa ipotesi della “trappola della liquidità”. Perciò si deve usare la politica fiscale. Secondo Summers un'espansione del debito pubblico non porterebbe ad un rialzo pericoloso dei rendimenti delle obbligazioni, perché i mercati scontano l'ipotesi della “stagnazione secolare” e quindi si aspettano dei rendimenti “schiacciati” per il prossimo avvenire. Significativo è il titolo dato dal Financial Times al suo nuovo intervento: “Policymakers must abandon structural reform rethoric and embrace fiscal stimulus” (5).

Quella che abbiamo etichettato come “posizione di mezzo” ha come punto di riferimento il Fondo Monetario Internazionale (6). La proposta è quella di non “stringere” la politica monetaria perché è troppo presto, e per la crescita poco vivace e per i problemi dei paesi emergenti. La politica monetaria “dolce” andrebbe accompagnata da una politica fiscale espansiva. Fin qui siamo nello stesso ambito di Summers, la differenza viene dopo. Il Fondo Monetario chiede, infatti, la prosecuzione delle politiche di liberalizzazione sul lato dell'offerta. Questa combinazione – politiche economiche lasche combinata con le riforme – è quella che sembra andare per la maggiore, per esempio in Italia.

Infine, abbiamo la Banca dei Regolamenti Internazionali. Essa sostiene (7) che il sistema ha “troppa finanza”, perché il mantenimento dei tassi di interessi ad un livello esageratamente basso porta ad una allocazione inefficiente delle risorse, oltre che alla possibilità di crisi continue alimentate dall'accumulazione da un debito che costa poco. I debiti vanno perciò compressi e vanno rilanciate le politiche dell'offerta. Volendo etichettare questo punto di vista, potremmo dire che esso è in parte “austriaco” - si deve perseguire il tasso di interesse “naturale” - e in parte in linea con l'idea teutonica di politica economica – l'”Ordoliberismus” -, laddove lo stato deve spingere verso il funzionamento dei mercati, mentre aiuta solo i bisognosi.

1- Hyman Minsky, Keynes, Columbia University Press, 1975

2 - http://www.levyinstitute.org/pubs/sa_5_15.pdf

3- http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/4195-il-qe-per-il-popolo.html

4- http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/ricerche/3824-le-capital-au-xxie-si%C3%A9cle.html

5 - http://www.ft.com/intl/cms/s/0/1e912316-6b88-11e5-8171-ba1968cf791a.html#axzz3nnxovOLg

6 - http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2015/02/pdf/text.pdf

7 - http://www.bis.org/speeches/sp150914_presentation.pdf