Reputazione: opinione che si ha di qualcuno. Dal latino reputare, fare i conti per bene, ovvero riflettere, esaminare (*). Terminologia e questione non moderna ma cresciuta in tempi recenti notevolmente di importanza fino a diventare terreno di analisi e valutazione all’interno delle aziende e delle società. Rispetto al passato, quando forse la reputazione apparteneva principalmente alla sfera privata ed individuale, la stima dell’opinione degli altri è diventata una attività trattata con strumenti scientifici e sempre più soggetta a tentativi di misurazione matematica.

La reputazione aziendale, ovvero l’opinione dei portatori di interessi esterni all’azienda, è diventata particolarmente rilevante. La misurazione del correlato “rischio reputazionale” come oggi viene definito assorbe sempre maggiori risorse nell’ambito del cosiddetto “risk management”. A suo volta la reputazione aziendale è funzione di altre due componenti che determinano la formazione dell’opinione: l’identità e l’immagine.

L’identità si può definire come la percezione attuale dell’azienda dei portatori di interessi (stakeholders) interni, ovvero dipendenti e managers. Una forte identità aziendale rappresenta sicuramente un’elemento determinante ed indispensabile nella costruzione di una reputazione altrettanto affermata e riconosciuta.

L’immagine di una azienda è più complicata da definire perchè è fatta di due pezzi: quella interna e quella esterna. Internamente le aziende e le organizzazioni si dedicano alla costruzione di un immagine che corrisponda il più possibile a quella che si vorrebbe fosse riconosciuta all’esterno. A questa si contrappone l’immagine effettiva che il mondo percepisce e che, se non corrispondente alle esigenze ed alle caratteristiche interne, obbliga spesso a modificare l’impostazione di partenza.

Una solida e riconosciuta immagine rappresenta un punto fondamentale per la costruzione della reputazione aziendale che, rappresentando ciò che il mondo esterno pensa di una azienda, è sempre più un obiettivo strategico della dirigenza e degli azionisti.

Attraverso alcuni algoritmi e matrici è possibile, quindi, assegnare un voto alle diverse variabili che si ritengono rilevanti (redditività, responsabilità ambientale e sociale, ambiente di lavoro, gestione societaria, qualità del prodotto, eccetera) da parte dei diversi soggetti interessati (clienti, investitori, regolatori, fornitori, eccetera) arrivando ad un valore finale che misura il rischio reputazionale.

Le misurazioni possono fornire elementi utili per l’autovalutazione delle aziende. La discrezionalità nell’attribuzione dei punteggi può essere mediata attraverso la raccolta di dati dall’esterno che indichino ciò che, almeno in termini di immagine, il mondo pensa della singola azienda. Resta forse più complicato e meno scientificamente maneggevole la costruzione di una forte identità interna ovvero la ricerca e la definizione del carattere di una azienda e di una organizzazione. La costruzione di una definita e riconoscibile identità rappresenta, più dell’immagine, la scommessa che le organizzazioni più o meno complesse devono affrontare.

(*) Cortellazzo, Zolli: Dizionario Etimologico della Lingua Italiana.

Reputazione2
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