Si ha una produzione crescente di ragionamenti intorno alla relazione fra gli Stati Uniti e la Cina. I primi sono la “potenza che sovrasta” - incumbent come è comunemente chiamata in inglese, dal latino incumbere. La seconda è la “potenza revisionista”. Al timore che gli Stati Uniti possano essere subissati dalla Cina, si aggiunge la produzione crescente di ragionamenti intorno alla crisi dell'”Ordine Liberale”, che sarà l'oggetto della prossima puntata di questa rubrica. Una produzione crescente che è alimentata dall'osservazione che emergono con forza i Paesi e i leader autocratici.

1 – Riecco l'Impero di Mezzo

Le tensioni fra il sovrastante ed il revisionista sono stati studiati fin dalla antichità. Sparta era dominante ed Atene voleva prenderne il posto. La “Guerra del Pelopponeso” di Tucidide tratta proprio di questo. Abbiamo avuto altri scontri nel corso dei secoli. Alcuni si sono conclusi con una guerra. Il penultimo è sfociato in una guerra, anzi ben due e pure mondiali: quello fra la potenza che sovrastava – la britannica - e quella revisionistica – la tedesca. Non sempre però lo scontro si è concluso con una guerra. L'ultimo caso è quello della “guerra fredda”, laddove la potenza revisionistica, l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, ad un certo punto è implosa.

La Cina ha registrato un tasso di crescita impressionante, tanto che oggi la sua economia – se misurata non a prezzi correnti, ma a parità di potere d'acquisto (PPP) - ha ormai la stessa dimensione di quella statunitense. Col tempo, dato il maggior tasso di crescita, l'economia della Cina diventerà più grande di quella statunitense. Ad oggi la Cina, l'Europa, e gli Stati Uniti hanno una dimensione simile. I cinesi sono però molto più numerosi, per cui il loro PIL diviso per il numero di abitanti – il PIL per capita – è pari a un quarto di quello che si forma intorno alle sponde dell'Atlantico. La dimensione assoluta di un'economia però conta in campo militare, dove la spesa cinese è pari a 400 miliardi di dollari l'anno, contro i 200 della Russia e i 600 degli Stati Uniti. Considerando lo sviluppo tecnologico che si ha in Cina, una spesa militare di questo tenore va presa sul serio. 

Per approfondire:

G. Allison, Destined for War: Can America and China Escape Thucydides's Trap?, Scribe, 2017

https://www.ft.com/content/5f796164-3be1-11e8-b9f9-de94fa33a81e

2 – Le ragioni del successo

Si può dibattere a lungo sui meriti relativi delle economie prevalentemente dirigiste come quella cinese, oppure prevalentemente di mercato come quella statunitense. La domanda è: come ha potuto un'economia dirigista – meglio una commistione di dirigismo e libero mercato - avere tanto successo? Come è riuscita a registrare per decenni dei tassi crescita particolarmente elevati, che hanno portato il Paese ad avere un'economia diversificata e competitiva? Gli altri casi di dirigismo – nel caso sovietico “assoluto”, ossia senza commistioni con il mercato, non hanno portato ad un reddito pro capite così elevato in così poco tempo. Nel caso sovietico - in settanta anni di socialismo – il reddito per capita è oscillato intorno a circa un terzo di quello statunitense.

Il segreto pare che alberghi nella burocrazia. “In the Communist party, China has an ostensibly modern template for its ancient system of imperial sovereignty and meritocratic bureaucracy. But the party is now emperor. So, whoever controls the party controls all”. “Since opening its markets in 1978, China has in fact pursued significant political reform - just not in the manner that Western observers expected. Instead of instituting multiparty elections, establishing formal protections for individual rights, or allowing free expression, the CCP has made changes below the surface, reforming its vast bureaucracy to realize many of the benefits of democratization—in particular, accountability, competition, and partial limits on power—without giving up single-party control. Although these changes may appear dry and apolitical, in fact, they have created a unique hybrid: autocracy with democratic characteristics. In practice, tweaks to rules and incentives within China’s public administration have quietly transformed an ossified communist bureaucracy into a highly adaptive capitalist machine. But bureaucratic reforms cannot substitute for political reforms forever”.

Un Paese antico come la Cina inevitabilmente porta la discussione sulla “lunga durata”. La Cina è “risorta” dopo aver perso parte della sovranità e dopo esser finita in miseria, a partire dagli inizi del XIX secolo. Sulle ragione della decadenza si hanno diverse ipotesi. Secondo Mark Elvin si è avuto un ““high-level equilibrium trap”; (ossia) the country ran well enough, with cheap labour and efficient administration, that supply and demand could be easily matched in a way that left no incentive to invest in technological improvement”. “Others note that Europe benefited from competition and trade between states, which drove its capacity for weaponry and its appetites for new markets”. As Kenneth Pomeranz, an American historian, has argued, access to cheap commodities from the Americas was a factor in driving industrialisation in Britain and Europe that China did not enjoy. So was the good luck of having coal deposits close to Europe’s centres of industry; China’s coal and its factories were separated by thousands of kilometres, a problem that remains trying today”. Secondo altri, gli Unni e la libertà intellettuale spiegano abbastanza il divario economico fra Cina e Occidente.

Come che sia, il centro di gravità dell'economia mondiale sta da tempo tornando verso Oriente

Per approfondire:

https://www.ft.com/content/3721c694-bd82-11e7-9836-b25f8adaa111

https://www.foreignaffairs.com/articles/asia/2018-04-16/autocracy-chinese-characteristics

https://www.economist.com/news/essays/21609649-china-becomes-again-worlds-largest-economy-it-wants-respect-it-enjoyed-centuries-past-it-does-not

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/4557-unni,-mandarini,-protestanti.html

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/1599-il-centro-di-gravita-delleconomia.html