Andiamo più a fondo nell’analisi delle obbligazioni. È necessaria una breve premessa, che poi è una parte di quanto avevamo scritto dettagliatamente (1). In condizione di ripresa economica i rendimenti delle obbligazioni dovrebbero salire, e di più dovrebbero salire in condizione di ripresa combinata con una grand’emissione di debito pubblico. Registriamo, invece e da qualche tempo, una discesa – anche se non marcata come quella del 2008 – del rendimento delle obbligazioni (2). Dunque la scommessa di chi compra obbligazioni oggi non è solo sul fatto che non ci sarà alcuna ripresa significativa – previsione che condividiamo –, ma che le emissioni di debito pubblico saranno facilmente assorbite – previsione che ci lascia molto perplessi.


Dunque, o il mercato delle obbligazioni si sta semplicemente sbagliando, oppure c’è qualcos’altro che non abbiamo considerato. Questo misterioso altro potrebbe essere l’idea che: 1) oltre alla banca centrale cinese che deve – per tenere stabile il cambio dello yuan con il dollaro – comprare obbligazioni statunitensi, 2) e ai risparmiatori impauriti, che finiranno con il preferire per il proprio fondo pensione il reddito fisso, 3) potremmo pure avere le banche di credito ordinario che compreranno il debito pubblico, perché nel tempo usciranno dalle obbligazioni «tossiche» ed erogheranno meno credito. Una terza (e grossa) componente di domanda (potenziale) di obbligazioni in condizione di modesta crescita economica potrebbe essere una buona spiegazione della forza dei prezzi delle obbligazioni. Chi compra oggi forse pensa che le rivenderà alle banche a un buon prezzo.

Ecco il grafico a supporto di questa corrente di pensiero:
http://www.zerohedge.com/sites/default/files/images/Bank%20CRE%20loans.jpg

Laddove si vede che le banche commerciali statunitensi hanno la stessa quota percentuale di titoli di stato di una volta (il 15% del loro attivo), ma hanno accresciuto la quota di prestiti diretti e indiretti al settore immobiliare (attraverso le obbligazioni con in pancia i mutui) fino al 45%. Se appena le banche tornano alle vecchie abitudini, ecco che si può formare una terza corrente di acquisti di titoli di stato.

L’argomento lo discuteremo ancora. Cercheremo di difendere la nostra idea che la parte lunga della curva dei rendimenti resta pericolosa. Se i rendimenti a lungo termine piegano molto, andando intorno al 3%, basta un minimo cenno d’inflazione, o anche il timore che possa un giorno esserci, e si incorre in grosse perdite in conto capitale. Lo stesso accade se le emissioni di grandi quantità di debito pubblico cominciano a premere sui rendimenti. Se, per esempio, dal 3% i rendimenti tornano anche solo al 4% – su di un titolo a trent’anni – si perde circa il 15%


(1) http://www.centroeinaudi.it/commenti/le-azioni-e-le-obbligazioni-si-contraddicono.html

(2) http://charts3.barchart.com/chart.asp?jav=adv&vol=Y&grid=Y&divd=Y&org=stk&sym=V1Y0&data=H&code=BSTK&evnt=adv