Nel sito di Brad Setser, un economista statunitense che segue soprattutto le vicende del dollaro e delle riserve delle banche centrali dei paesi emergenti, Richard Iley, economista della BNP Paribas, espone, su invito, il suo punto di vista. Setser sottolinea l’importanza e la novità delle banche centrali e dei Sovereing Wealth Funds nella finanza mondiale.

Iley sottolinea il peso della finanza privata e non sembra preoccupato dalla quantità di titoli del Tesoro statunitense detenuti dai cinesi, né dagli acquisti di azioni da parte dei fondi statali. Occam, come si evince dalla lettura delle note e delle ricerche, è propenso a dare ragione a Setser. Qui però si espone il punto di vista opposto. Come noto, facendo così si capiscono meglio i propri punti deboli, il che è sempre utile. Di seguito trovate la sintesi del pensiero di Iley. I commenti sono fra parentesi.
  
1. Fino al 2004 Iley era preoccupato, come la maggioranza degli economisti, dalla traiettoria della bilancia dei pagamenti correnti (saldo della bilancia commerciale più saldo dei dividendi e delle cedole più trasferimenti unilaterali) statunitense. Poi, anche grazie alla frequentazione degli economisti australiani (i quali, vivendo in un paese che ha da anni una bilancia dei pagamenti correnti negativa, conoscono bene l’argomento), ha elaborato un punto di vista meno preoccupato. Gli australiani hanno, dopo molti e vani tentativi, rinunciato a portare sotto controllo la bilancia corrente. Sono arrivati alla conclusione che il saldo della bilancia corrente è affare dei privati che hanno sempre meno la propensione di investire nel proprio paese (ossia, i privati decidono dove e come investire secondo le proprie convenienze, e, se sono disposti a finanziare il deficit di un paese come l’Australia, ma potrebbero essere adesso anche il caso degli Stati Uniti, perché non dovrebbero farlo). Gli australiani si sono inventati un’espressione per questo loro convincimento, quello che decidono liberamente “gli adulti consenzienti”, va lasciato al loro giudizio. Insomma, i governi non si impiccino. Questo è l’incipit di Iley. Vediamo la parte tecnica.
  
2. Dopo tutto, dice, gli sviluppi negativi che ci si aspettava negli Stati Uniti non ci sono stati. La “metrica” della sostenibilità dei disavanzi non è infatti deteriorata. Il debito netto degli Stati Uniti (Net International Investment Position = NIIP, ossia il complesso delle attività finanziarie estere, azioni e obbligazioni, detenute meno le attività finanziarie degli Stati Uniti detenuti dall’estero) è cresciuto (per effetto dei disavanzi delle bilancia delle partite correnti) di 2.500 miliardi di dollari, ma il NIIP in rapporto all’economia statunitense (che intanto è cresciuta) è rimasto invariato, sul 20% del PIL. La misura “finale” di sostenibilità (ossia il debito in rapporto alle esportazioni, perché si suppone che un paese possa in linea logica non importare più per qualche tempo e continuare ad esportare, fino ad esaurimento del debito estero) è migliorata.
   
3. Il dollaro è caduto molto (verso le monete libere di fluttuare, come l’euro). Per cadere ancora, ma visto il miglioramento dei conti, quelli “sofisticati”, con l’estero, dovrebbero prevalere in modo irragionevole dei comportamenti “estrapolativi” e non “regressivi” (i primi sono quelli che prendono gli ultimi dati e li proiettano nel futuro, i secondi sono quelli che riportano i dati ultimi verso le medie di lungo termine). Questo oggi è difficile pensarlo. La strada del risanamento è lunga, ma è stata imboccata. E se ci fosse una recessione, il miglioramento diventerebbe molto più marcato (su questo si possono vedere gli studi ultimi del Levy Institution di New York, che dicono la stessa cosa). Il miglioramento dei conti con l’estero diventerebbe ancora più marcato, se in caso di recessione e di caduta della domanda negli Stati Uniti e poi nel mondo, il prezzo del petrolio flettesse.
 
4. (Detto del saldo commerciale, mancano da discutere la bilancia in conto reddito e quella dei trasferimenti unilaterali. Questa la lasciamo nella previsione invariata, un saldo negativo di 25 miliardi di dollari, perché sono le spese per mantenere l’esercito all’estero e gli aiuti ai paesi poveri). Gli Stati Uniti a fronte di un debito netto di 2.500 miliardi di dollari, hanno un saldo fra dividendi e cedole incassate e pagate pari sostanzialmente a zero. Come è mai è possibile ottenere un simile risultato? I crediti degli Stati Uniti sono gli investimenti fissi diretti e, in misura minore, le azioni, mentre i debiti sono principalmente in obbligazioni. Il rendimento dei crediti è talmente superiore ai costo del debito che il saldo è positivo. Il privilegio di essere la moneta di riserva fa sì che gli Stati Uniti si indebitino nella propria moneta ed investano in quelle altrui. Col dollaro debole, i loro investimenti azionari ed industriali, che sono di loro molto redditizi, varranno ancora di più in dollari, quando vengono rimpatriati, mentre il debito costa quanto il rendimento dei titoli di stato. (Insomma gli Stati Uniti sono il più grande hedge fund mai inventato, dato che indebitano ad un costo inferiore al rendimento dei propri investimenti).
 

 

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5. Questa combinazione favorevole potrebbe diventare una trappola, se fatta girare al contrario. Immaginiamo una recessione nel mondo. Questa farebbe cadere la redditività degli investimenti statunitensi. Se il dollaro poi si rafforzasse, il reddito degli investimenti statunitensi, cambiato in dollari varrebbe molto meno. Gli esborsi sul debito statunitense detenuto dal resto del mondo, resta, invece, costante. Iley non ritiene probabile la combinazione.
  
6. Setser fa la somma algebrica dei flussi finanziari privati in entrata ed in uscita negli Stati Uniti. Resta una somma modesta, intorno ai 400 miliardi. (1.786  miliardi di dollari privati in entrata contro 1.418 miliardi di dollari privati in uscita). Poiché il disavanzo statunitense è intorno agli 800 miliardi dollari, risulta che metà dello stesso è finanziato dalle banche centrali. Di conseguenza, i flussi finanziari statali (delle banche centrali asiatiche e petrolifere) in ingresso (quelli che comprano le obbligazioni), sembrano il cuore del problema. Essi possono essere pensati come la fonte instabile del finanziamento netto del disavanzo statunitense. (Trattandosi di paesi con regimi politici quasi sempre non democratici, sorgono preoccupazioni sulla stabilità del flusso).
  
7. Se, invece, secondo Iley, si misurassero i flussi statali esteri in rapporto al totale dei flussi esteri, si vedrebbe he questi sono stabili da decenni. (La crescita dei flussi privati e pubblici in ingresso è stata enorme, per cui la parte pubblica, consistente in termini assoluti, non lo è poi tanto in termini relativi). E dunque, non si vede la novità. Il mondo si è finanziarizzato, il flussi sono enormi ed il mercato degli Stati Uniti è enorme. Le banche centrali sia asiatiche sia petrolifere, anche se appartengono a paesi non democratici, non hanno un vero interesse a rompere il gioco e saranno quindi un finanziatore stabile. (Rieccoci agli adulti consenzienti di australiana memoria).
 

 

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