Brecht diceva che è «triste un popolo bisognoso di eroi». E infatti l’Occidente ha bisogno di supereroi. E fa credere di averne trovato uno. Una specie di Batman, non in carne e ossa, che appare improvvisamente nella notte e fa piazza pulita dei cattivi. Il Joker della situazione parla russo – chissà perché i problemi nascono sempre da quelle parti – e si diverte con i rubinetti e i caloriferi delle famiglie europee.

Siamo all’inizio dell’autunno e fortuna vuole che il sole e il caldo di questi ultimi giorni, insieme alla tregua in Ucraina, abbiano sgonfiato per un po’ le polemiche sul freddo cui potremmo essere condannati il prossimo inverno. Attenzione però. Perché basta un brusco calo delle temperature, o una ripresa degli scontri laggiù, in quelli stremi d’Europa, che subito politici, media ed esperti (si fa per dire) del mestiere tornino a rigirare la frittata sull’inaccettabile vincolo tra Vecchio continente e Cremlino.

Nel frattempo, da oltre due anni, quindi da prima che l’orso russo scagliasse i propri artigli contro Kiev, Obama sta declamando il successo dell’impennata in perforazioni ed esplorazioni per la ricerca e lo sfruttamento del gas di scisto. Dalla Casa Bianca e dal Campidoglio, in maniera sostanzialmente traversale fra repubblicani e democratici, si è tornati a esaltare l’indipendenza energetica degli Stati Uniti, per merito dello shale gas. In America è arrivato Batman, che farà polpette del Joker moscovita.

Sull’autonomia di gas e petrolio, Washington fa una questione di onore. Non è soltanto economia. È un nodo storico-politico. Tornare a essere autosufficienti in fatto di risorse energetiche vuol dire chiudere una ferita che risale al 1973, ovvero alla crisi petrolifera provocata dai Paesi arabi per contrastare Israele durante la Guerra del Kippur. Risalendo ancora prima nel tempo, nessuno in America dimentica la foto di Roosevelt che, tornando dalla conferenza di Yalta nel 1945, approfitta per incontrare il re d’Arabia, Saud. L’interprete statunitense, immortalato in ginocchio dinnanzi al sovrano saudita, viene tutt’oggi visto come il simbolo dell’asservimento degli Usa al regime di Riyadh. Per gli Stati Uniti si tratta di orgoglio nazionale e storico. Sono loro ad aver imboccato la strada dell’industrializzazione petrolifera. Sono loro ad averne definito le strategie di estrazione e consumo che poi sono state copiate dal resto del mondo.

Questo rigurgito di autonomia cela qualcosa di davvero ancestrale. Lo si potrebbe vedere addirittura come un anacronistico richiamo alla vecchia dottrina Monroe dell’isolamento. Perché, una volta che le case di tutti gli americani saranno calde, i serbatoi di auto e moto pieni e le industrie tornate a pompare come o meglio di prima della crisi – pompare combustibile made in Usa, s’intende – cosa potrà mai importare alla Casa Bianca di quel che succede nel resto del mondo? Per gli americani l’autonomia energetica (sfera economica) sottintende il loro svincolarsi da tanti focolai di crisi (sfera geopolitica), magari accesi (in)direttamente dalla stessa Washington. Ora, con gli Usa che si chiudono a riccio, qualcuno deve pur spegnere gli incendi sparpagliati qua e là tra Medio Oriente, Africa e Asia centrale. L’Europa? La Nato? Le opzioni tutto sommato sono limitate. E rimane pure inevaso il dubbio se sia lecito per il poliziotto del mondo tornare repentinamente in caserma senza aver trovato una soluzione per la pace tra i popoli.

D’altra parte c’è Batman. Personaggio di fantasia, la cui identità è ignota, che interviene per risolvere i problemi di Gotham City (Washington), per poi tornare nell’ombra. Se lo shale gas rispettasse le attese di Obama, farebbe proprio la parte del misterioso supereroe contro il corrotto Joker. Meno male che c’è lui, quindi. Secondo gli osservatori più ottimisti, grazie alle prossime estrazioni in Nord America, gli Usa potrebbero tornare a essere totalmente autonomi in fatto di energia già nel 2035. Tuttavia, restano le incognite che né le analisi geopolitiche né i numeri sono ancora in grado di svelare.

Insomma, millanteria o visione di un futuro realizzabile grazie alla concretezza dei calcoli effettuati al presente? L’immaginazione non sempre ci azzecca. Perché il gas non è il petrolio. Nel senso che uno non sostituisce l’altro così automaticamente come si tende a credere leggendo i giornali. Dalla tecnologia estrattiva al trasporto, dal potere calorifico allo stoccaggio. Non ci sono due combustibili naturali più differenti quanto il gas e il petrolio. Peggio ancora se il primo è shale, la cui industria resta in una fase sperimentale.

Banalmente la conferma si ha dalle automobili a gas: più lente, con un serbatoio che occupa spazi importanti a discapito dell’abitacolo oppure del portabagagli. Elementi cui il normale viaggiatore occidentale su strada non sa rinunciare. L’interscambio tra petrolio (benzina) e gas è un luogo comune piuttosto errato. Ma questo non significa che sia da escludere.

Ripresa economica, ossigeno al mercato interno del lavoro (già comunque in salita), crescita di investimenti tecnologici e dei consumi nazionali. È indiscutibile che dall’altra parte dell’Atlantico i motori stiano tornando a girare. Ma non per il gas di scisto. Bensì per merito delle ottime relazioni Washington-Riyadh che, nonostante il caos del mondo arabo, sono rimaste stabili. E resteranno tali in futuro, dopo che gli Usa e Paesi del Golfo si sono trovati concordi nel bombardare l’Isis tra Iraq e Siria. Forse con la celata speranza di colpire incidentalmente Assad a Damasco, oppure qualche iraniano di troppo che si aggira da quelle parti.

Quindi gli Stati Uniti sullo shale gas stanno bluffando? Chi può dirlo. L’inganno è tale finché non lo si svela. Come un supereroe. Tutti vi credono, alcuni sospettano, nessuno parla. Quindi Batman? Batman può essere un’ombra per intimorire Joker. Uno specchietto per le allodole… per i falchi russi convinti, da servitori di un petrostato che petrostato non è, di controllare il mondo con una e una sola ricchezza naturale. Il bluff può essere utile a Washington e può anche funzionargli. Sarebbe l’unico successo internazionale dell’Amministrazione Obama. Ma in tal caso, la palla non sarebbe stata messa in rete dalla diplomazia, o da qualche dipartimento economico. Bensì dalla comunicazione spregiudicata con cui Obama ha più volte dimostrato di saper giocare.

Batman è un fake? Batman non esiste? È presto per dirlo. Quell’ottimismo che rimanda all’anno 2035 non può essere smentito da nessuno. I documenti finora pubblicati mostrano numeri interessanti. Tuttavia, ragionando su base industriale, e non solo a livello micro (il Mario Rossi ecofriendly, con la sua brava auto a gas), il passaggio è plausibile su una prospettiva decennale. La conversione di un mondo che vive di petrolio a uno che si scalda, viaggia e lavora grazie al gas non è immediata. È solo un’arma validissima che, sul breve periodo, funziona nelle trattative contro un petrostato che sta alzando troppo la cresta.