La Banca Centrale Europea (BCE) ha pubblicato nel giugno del 2017 (*) un’analisi sulla tempistica delle riforme strutturali attuate in quaranta paesi appartenenti all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e all’Eurozona in un arco temporale ampio e riguardante quattro aree di intervento: il mercato del lavoro, il mercato dei prodotti, l’ambiente economico e gli investimenti dall’estero.

Scopo dello studio consiste nelle verifica della capacità delle istituzioni di attivare processi di riforma nelle quattro aree individuate come le maggiormente sensibili alla necessità di cambiamento. In particolare la ricerca utilizza strumenti quantitativi per verificare se e quando le riforme sono state avviate e realizzate e, soprattutto, quali sono le cause interne ed esterne in grado di dare impulso o frenare la capacità di rinnovamento.

Scorrendo i risultati appare evidente l’impatto della crisi finanziaria, partita nel 2007, nella accelerazione delle riforme nei paesi dell’eurozona maggiormente colpiti dalla crisi (Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda e Francia). Relativamente al mercato del lavoro e dei prodotti le riforme in realtà erano state avviate già a partire dal 1990 mentre tra il 2003 e il 2016 ha ricevuto particolare impulso il rinnovamento del sistema economico generale ovvero gli aspetti che favoriscono l’attività di impresa.

Le riforme relative alla capacità di attrarre investimenti di società estere sono state modeste a livello di Eurozona; in questo ambito sono stati viceversa molto attivi altri paesi come Finlandia, Australia, Canada e Svizzera mentre, all’estremo opposto, gli USA non hanno attivato alcuna riforma. Del resto gli USA non hanno attivato alcuna riforma anche relativamente al mercato del lavoro mentre sono stati più presenti nel riformare il mercato dei prodotti e l’ambiente economico generale.

Dal punto di vista qualitativo l’analisi si sofferma sulle motivazioni che favoriscono l’attuazione di riforme strutturali nella quattro aree individuate. Ad esempio, si nota una legame diretto tra la gravità della recessione e la spinta alle riforme del mercato del lavoro e alla facilitazione degli investimenti esteri. Come dire che in situazioni di crisi le riforme diventano una necessità improrogabile. Può apparire ovvio ma anche un elevato livello di disoccupazione rappresenta una condizione che tende a favorire l’avvio di riforme riguardanti il mercato del lavoro.

Viceversa, aspettative di crescita potenziale elevate tendono a rallentare il processo di riforma in tutti i settori tranne che gli investimenti dall’estero. Banalmente, sembra che il processo di riforma sia meno impellente se le aspettative economiche sono positive rispetto a scenari meno favorevoli. Anche il livello basso dei tassi di interesse non favorisce l’efficacia dei processi di riforma in tre aree su quattro (il mercato dei prodotti sembra non essere influenzato dal livello dei tassi di interesse).

La variabile con l’impatto più ambiguo è la variazione del bilancio strutturale dello Stato (al netto dell’effetto del ciclo economico). Un peggioramento o una decisa distanza dalle condizioni ottimali del bilancio dello Stato favorisce l’avvio di riforme relative al mercato del lavoro ma tende a rallentare il cambiamento del sistema economico generale e comporta una minore apertura all’accesso dei capitali dall’estero.

A completare il quadro qualitativo interviene una variabile istituzionale ovvero l’esistenza di una maggioranza parlamentare in entrambi i rami del parlamento. In questo caso una forte maggioranza di governo sembra avere favorito una maggiore potenzialità e velocità del processo di riforma in tre ambiti su quattro. Anche in questo caso sembra che la volontà e l’efficacia delle riforme del mercato dei prodotti siano meno sensibili ad una forte maggioranza parlamentare e di governo. 

(*) https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/scpwps/ecb.wp2078.en.pdf 

 

necessità virtù
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