ROE = Return On Equity, ovvero il rendimento percentuale del patrimonio netto di una società. Quando si costituisce una nuova società, ad esempio una start-up di ultima generazione, si parte con il capitale versato dai soci, in inglese chiamato equity, che si può ipotizzare pari a 100. Alla fine del ciclo degli investimenti e del processo produttivo e commerciale la vena imprenditoriale dovrebbe essere premiata dagli utili rimanenti, che potrebbero essere pari a 10. Gli utili possono essere a loro volta o reinvestiti o distribuiti ai soci. Ma in ogni caso il loro ammontare rapportato al valore dell’equity iniziale si chiama, appunto, ROE, che nel nostro caso sarà pari a 10/100= 10%.

Le attività imprenditoriali di maggior successo sono caratterizzate da livelli di ROE sicuramente superiori al nostro esempio, mentre ci sono aziende, o interi settori come le banche nel 2008, che generano perdite. In questo caso il ROE è negativo e, se la situazione non inverte in positivo, il patrimonio iniziale tenderà ad esaurirsi. Per questa semplicità interpretativa il ROE è un indicatore solitamente apprezzato nella valutazione della redditività di un azienda anche se sembra essere più efficace nel descrivere il passato che nel fornire indicazioni prospettiche.

Ed è, infatti, il passato delle aziende americane che ci interessa illustrare utilizzando il ROE. Una prima verifica (grafico 1) segnala come il livello attuale del ROE delle aziende non finanziarie appartenenti all’indice S&P 500 sia su livelli simili al picco del 2000, ovvero quasi il 20%. L’indice complessivo è su valori inferiori solo perché le aziende finanziarie esprimono valori di ROE particolarmente bassi, intorno al 10%, non avendo mai recuperate le percentuali pre-crisi. Inoltre, bisogna sottolineare che il divario di ROE, che si è creato successivamente alla crisi del 2008, è rimasto quasi invariato intorno al 10% mentre nel periodo pre-crisi le società finanziarie e non si muovevano su valori di ROE costantemente identici.

Una seconda rappresentazione (grafico 2) si basa sulla distinzione tra aziende globali, rappresentate dall’indice delle grandi capitalizzazioni Russell 1000, ed aziende non globali, rappresentate dall’indice delle piccole capitalizzazioni Russell 2000. In questo caso si nota come le grandi società abbiano beneficiato della fase di iperglobalizzazione partita dal 1990 mentre le aziende minori hanno subito un netto declino del ROE, dal 16% al 9%. Nel 2010 il divario di ROE tra aziende globalizzate e non è arrivato a quasi dieci punti percentuali. 

Dal 2011 questa tendenza ha cominciato ad invertirsi sia per la discesa del ROE delle grandi società globali sia per la risalita del ROE delle piccole società locali. Ancora oggi il divario di ROE è di circa sette punti percentuali a favore delle realtà globali. Entrambi i grafici forniscono una chiara informazione sull’evoluzione del ROE negli ultimi quarant’anni, mentre non possono dire nulla sulla direzione futura. Associandoli si potrebbe ipotizzare la ripresa del ROE delle società finanziarie e delle società di dimensioni minori forse accompagnato da un andamento meno brillante rispetto al passato delle società non finanziarie e globalizzate. Altri scenari sono altrettanto possibili e, seppure al momento meno visibili, non è detto che siano meno probabili.

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