In Italia la popolazione con un’età superiore ai 65 anni era di 3,8 milioni di persone nel 1950. Sarà di 19 milioni di persone nel 2050. La popolazione con un’età compresa fra i 15 e i 64 anni era di 30,2 milioni di persone nel 1950. Sarà di 30,4 milioni di persone nel 2050. Nel 1950 c’erano quasi 8 persone in età di lavoro per ogni persona anziana. Nel 2050 ci saranno circa 1,5 persone in età di lavoro per ogni persona anziana. Negli altri paesi sviluppati i numeri non sono diversi.

 


Italia

1950

1970

1990

2010

2030

2050

Età

A

3,8

6

8,7

12,3

15,9

19

Milioni > 65

B

30,2

34,3

39

39,3

36,3

30,4

Milioni 15-64

B/A

7,94

5,7

4,4

3,2

2,2

1,6



L’onere pensionistico era diviso fra 8 persone ieri, mentre domani non sarà diviso nemmeno fra 2 persone. Sono disponibili le stime sulla spesa pubblica dovuta alle pensioni e alla sanità che riflettono l’invecchiamento della popolazione. La spesa pubblica (comprensiva della spesa per interessi sul debito pubblico) è circa il 50% del Pil. Segue che la metà della spesa pubblica sarà legata alla spesa per gli anziani. Negli altri paesi sviluppati i numeri sono diversi da quelli italiani: sono quasi tutti peggiori. In Italia la riforma delle pensioni è stata fatta, in quasi tutti gli altri paesi deve esser fatta.


Italia

2010

2020

2030

2040

2050

% Pil

 

22,4

23,7

26

28,4

28,8

Pensioni e sanità per anziani


Arriviamo al finanziamento della spesa pubblica. Esso può avvenire: 1) tagliando le spese e alzando le imposte; 2) non facendo niente e godendo di una crescita miracolosa; 3) non facendo niente, non godendo di una crescita miracolosa, con i sottoscrittori del debito pubblico in continua espansione che lo sottoscrivono solo a tassi crescenti. In quest’ultimo caso, il peggiore, i debiti pubblici esplodono e ovviamente il merito di credito degli stessi peggiora. In questo caso, i giudizi migliori – quelli di tripla A – quasi scompaiono intorno al 2030. Insomma, l’invecchiamento della popolazione peggiora i conti pubblici, che, non corretti, portano i debiti pubblici a livelli tali che i paesi che li emettono diventano dei debitori poco credibili. I rendimenti richiesti salgono, peggiorando i conti pubblici. I debiti sono quindi declassati dalle agenzie di rating. Nel caso peggiore, nel 2030 il giudizio di rating peggiore – quello detto speculative grade – è pari al 60% dei debiti pubblici emessi, contro il 20% di oggi.


Il futuro del debito pubblico è questo, a meno di correzioni robuste. Le correzioni robuste non sono ovviamente semplici da attuare. Le grandi manovre sui conti pubblici non sono perciò quelle di oggi, legate al peggioramento dei conti pubblici per la crisi in corso, bensì quelle di domani. L’entusiasmo che si ha negli ultimi anni nei confronti delle obbligazioni emesse dai Tesori – giudicate, a differenza delle azioni, un porto sicuro – forse non è ragionevole come sembra. Questo per sé non significa che le azioni siano attraenti, perché una popolazione anziana difficilmente investe in azioni.



Per i numeri e per gli approfondimenti:


Deutsche Bank, Long Term Asset Return Study. From the Golden to the Grey Age, 2010

Standard & Poor’s, Global Aging 2010. An Irreversible Truth, 2010.

Morgan Stanley, Bonds More Popular Now than Equities Were in 2000, 2010