Come molti sanno il diritto fallimentare italiano è stato oggetto di una recente riforma (d.lgs 6 gennaio 2006, n. 5) e di alcuni interventi mirati nel settore delle ristrutturazioni industriali dovuti da un lato alla necessità di ottemperare al divieto comunitario degli aiuti di Stato (cosiddetta Prodi bis D.lgs 8 luglio 1999, n. 270) dall'altro da quella di fronteggiare il caso Parmalat (decreto Marzano D.L. 347 del 23 dicembre 2003 convertito dalla legge n. 39 dell'8 febbraio 2004 via via modificato fino alla legge 281 del 24 novembre 2004).

Nel caso di grandi imprese in crisi il nostro ordinamento prevede il ricorso all'amministrazione straordinaria (procedura concorsuale con finalità conservative del patrimonio produttivo mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali), sotto la supervisione del Ministero dell'Industria; tale procedura mette l'azienda in crisi nelle mani di uno o tre commissari i quali debbono accertare se vi sono ipotesi di rilancio, verificano le compatibilità con le disposizioni comunitarie mettendo nelle mani della Commissione Europea il programma, gestiscono le attività o provvedono alla vendita dell'azienda evitando la dispersione del patrimonio aziendale ancora valido. Laddove durante la procedura emerga l'impossibilità di una continuazione si arriverà ad una vera e propria dichiarazione di fallimento con la conseguente dismissione del patrimonio aziendale

Nel caso di grandi imprese irrimediabilmente in stato di insolvenza, sulla spinta del caso Parmalat, il legislatore ha introdotto una ulteriore forma di amministrazione straordinaria, che prevede l'immediata ammissione a tale procedura, che consenta un più rapido avvio e svolgimento accelerato delle procedure di insolvenza delle imprese grandissime, garantisca un'efficace ristrutturazione dell'impresa insolvente e dell'intero gruppo nella quale la medesima è inserita, nonché permetta di proseguire, senza far venir meno le garanzie per i creditori, l'obiettivo di conservare l'avviamento e la posizione di mercato dell'impresa, assicurando la ristrutturazione del passivo e l'eventuale dismissione delle sole attività non strategiche e coerenti con l'oggetto dell'attività principale d'impresa. Il decreto inseriva alcuni strumenti innovativi per conseguire le finalità richiamate, in particolare, un'innovativa figura di concordato che ha fatto dire a molti che il legislatore italiano si era ispirato alle procedure di turnaround statunitensi quali il famoso Chapter 11 del Bankruptcy Act del 1978.

Nel modello americano il debitore o un suo creditore possono chiedere che l'impresa in crisi sia ammessa ai benefici della procedura di ristrutturazione; in caso di ammissione il debitore assume in ogni caso la veste di "debtor in possession". Il titolare, o il management originario, mantiene la gestione dei propri affari, anche se l'autorità giudiziaria, a propria discrezione, può nominare un trustee (fiduciario) affinché svolga un'opera di supervisione sull'attività dell'impresa (1) . Egli manterrà tale identità fintanto che il piano di riorganizzazione venga approvato, oppure venga abbandonato, convertito nella procedura fallimentare vera e propria.
Nel caso delle procedure di rilancio, deve essere presentato un piano di ristrutturazione aziendale che determini le modalità di rimborso dei debitori. Esso deve essere approvato dalla maggioranza dei debitori e deve assicurare ad essi non meno di quanto si stima riceverebbero nell'ipotesi di liquidazione dell'impresa (2).
Non esiste nell'ordinamento statunitense una norma che stabilisca un termine massimo entro il quale occorre presentare un piano di riordino, tuttavia al debitore, al quale viene riconosciuta la priorità nella proposta, è riservato un termine di 120 giorni, decorrente dall'apertura della procedura concorsuale, durante il quale nessun altro può effettuare un'ulteriore proposta (3).
Tale termine non è perentorio: a discrezione della corte, infatti, può essere ampliato oppure ristretto. Se il debitore non si attiva nel termine predetto, lasciando spirare inutilmente il periodo di 120 giorni, egli decade dal diritto, e chiunque vi abbia interesse, creditori o trustee, può rivolgersi al giudice per effettuare una propria proposta (4).

Per quanto concerne, invece, la durata della procedura concorsuale volta a eliminare lo stato di insolvenza dell'impresa coinvolta, non è previsto un termine ultimo. Tale procedura può pertanto durare anche alcuni anni, a meno che la corte, lo United States trustee, il comitato dei creditori o chiunque possa esservi interessato, non agisca per l'apposizione di un termine massimo.
In base al § 1121, la corte ha l'onere di redigere un verbale di apertura della procedura il quale deve contenere informazioni relative ai beni esistenti e alle responsabilità e transazioni ancora pendenti in capo al debitore, al fine di fornire ai creditori elementi sufficienti per effettuare un giudizio ponderato circa la obiettiva possibilità di riorganizzare l'impresa e dunque soddisfare i propri crediti (5). Sempre la bankruptcy court deve verificare che il piano di riordino contenga una classificazione delle pretese creditorie e la specificazione di come ciascuna categoria di crediti verrà trattata nel periodo di vigenza del piano (6).
I creditori i cui crediti siano "impaired" (compromessi), ovvero quelli che subiranno modifiche o verranno liquidati soltanto in una percentuale del loro valore, avranno diritto di voto (by ballot) per l'approvazione del piano. Una volta approvato il "disclosure statement" ed esaurite le votazioni, la corte provvede a disporre un "confirmation hearing" nel quale acquisirà le valutazioni necessarie circa la conferma o meno del piano (7).

Chi conosce il modello americano e legge il Decreto Marzano, ma anche la Prodi Bis, non può non ammettere una serie di similitudini tra i due ordinamenti, similitudini amplificate dalla riforma fallimentare che in ossequio al modello anglosassone ha ridotto gli aspetti persecutori delle procedure fallimentari, dato un maggior ruolo ai creditori ed aumentato le possibilità di definizione stragiudiziale delle procedure concorsuali.
Tutto questo però non ha avuto alcun impatto nella vicenda Alitalia, il Governo ha gestito un'amministrazione straordinaria irrituale, dove al posto dei commissari ha nominato degli amministratori il cui compito non è stato altro che raccogliere le offerte di alcuni operatori industriali per tentare il rilancio della compagnia ed il salvataggio del salvabile.
Importare un modello legale da un altro paese non serve quando il contesto sociale ed economico non è il medesimo: troppo radicata nel nostro Paese è l'idea che lo Stato possa ingerirsi nelle vicende economiche, troppo forte il potere delle organizzazioni sindacali nel dettare le agende politiche, troppo frastagliato il sistema politico per poter imporre delle soluzioni economicamente efficienti.

(1) Generalmente si opta per questa soluzione quando l'insolvenza dipende dal comportamento fraudolento del gruppo dirigenziale.
(2) Nel 1997 si è raggiunto il picco massimo delle procedure concorsuali (bankruptcy filings): 1,4 milioni di aperture di procedure, con un incremento del 14% rispetto all'esercizio precedente. La maggioranza dei casi (96%), ha riguardato debitori individuali. Sebbene il 1998 abbia dimostrato un certo rallentamento, tale elevato numero di procedure, proprio in coincidenza con un periodo di netto sviluppo dell'economia, ha suscitato un acceso dibattito in merito alla necessità di introdurre cambiamenti sostanziali nella legislazione fallimentare. Il dibattito, ancora in corso, ha riguardato prevalentemente la regolamentazione dei debitori individuali (dati Banca d'Italia
– Relazione 1998 non pubblicata).
(3) 11 U.S.C. § 1121 (b)- la possibilità riconosciuta ai creditori di presentare un piano concorrenziale, una volta scaduto il termine riservato al debitore, funge da stimolo per quest'ultimo, il quale è incentivato ad attivarsi, accelerando così i tempi di avvio della procedura e limitando di conseguenza il periodo in cui l'impresa versa in stato di insolvenza.
(4) Allo United States Trustee è preclusa la possibilità di presentare un piano di riorganizzazione dell'impresa in base a quanto disposto dal Charter 11 § 307.
(5) 11 U.S.C. § 1125.
(6) 11 U.S.C. § 1123.
(7) 11 U.S.C. § 1128.