Le grandi scelte sulla gestione dell'ambiente e del territorio richiedono la partecipazione delle popolazioni interessate. Quali sono gli strumenti giuridici per partecipare? E chi partecipa, che cosa può fare? Il ruolo del decisore nell'ottica dello sviluppo sostenibile: l'importanza che le grandi scelte sull'ambiente le facciano i politici.
Il dialogo amministrazione-cittadini nella gestione ambientale
Il caso Tav ha fatto emergere due temi fondamentali: il dialogo amministrazione-cittadini e l'assunzione delle decisioni da parte dei poteri pubblici.
Lo strumento giuridico che permette ai privati, alle associazioni e ai comitati di «dialogare» con i poteri pubblici nel processo decisionale volto ad assumere una decisione in materia ambientale è la partecipazione procedimentale. Si tratta di un istituto molto importante: responsabilizza i decisori pubblici e i progettisti/finanziatori di opere che «aggrediscono» l'ambiente; consente il confronto democratico; fa emergere il dissenso; limita il contenzioso giurisdizionale; migliora la qualità delle decisioni, perché equilibra le asimmetrie informative e permette al decisore di assumere dati, informazioni, interessi, punti di vista.
Chi partecipa ai procedimenti amministrativi ambientali può:
  • esercitare il diritto di accesso agli atti e alle informazioni ambientali in possesso delle amministrazioni decidenti
  • presentare memorie scritte e documenti.
In particolare, quando si tratta di opere destinate a incidere in modo rilevante sull'ambiente (come nel caso Tav), la partecipazione avviene nel corso del procedimento di Via (valutazione di impatto ambientale). Scaduta la sospensione (31 luglio 2007) e salve le modifiche che saranno approvate (che però non dovrebbero riguardare le norme che qui rilevano), la Via sarà regolata dal codice dell'ambiente (decreto legislativo 152/2006), secondo cui:
  • tutti i soggetti interessati possono presentare all'autorità competente a valutare l'impatto ambientale osservazioni scritte in merito ai possibili effetti sull'ambiente dell'intervento;
  • è ammesso svolgere un'inchiesta pubblica (di solito svolta da una commissione) per l'esame dello studio di impatto ambientale, dei pareri forniti dalle amministrazioni coinvolte e delle osservazioni presentate dal pubblico;
  • in mancanza di inchiesta pubblica, l'amministrazione può organizzare un «sintetico contradditorio» tra i partecipanti e l'ente pubblico/privato che intende realizzare l'opera sottoposta a Via (c.d. «committente» o «proponente»).

Partecipazione forte: l'accesso ambientale
Intesa come «visione», la partecipazione ambientale è «forte». Infatti, chiunque ha il diritto di ottenere le informazioni ambientali che gli interessano dalle autorità pubbliche (tra cui rientrano anche i soggetti/enti privati che esercitano servizi o funzioni pubblici). Si tratta di uno strumento molto potente: infatti, senza dovere dare nessuna spiegazione, qualsiasi cittadino ha il diritto di recarsi presso un'autorità pubblica e ottenere le informazioni ambientali che gli interessano. E non basta: l'articolo 8 deldecreto legislativo 195/2005 stabilisce che le amministrazioni devono diffondere le informazioni ambientali, attivando entro il mese di ottobre 2007 banche dati elettroniche facilmente accessibili al pubblico tramite le reti di telecomunicazione. Le informazioni ambientali si possono cioè conoscere con un semplice «click». 

Partecipazione debole: l'ultima parola è della p.a.
Intesa come «voce», la partecipazione è invece debole. L'amministrazione decidente deve valutare le osservazioni/documenti che sono stati presentati dai soggetti privati e/o pubblici, ma non è obbligata a decidere nel senso prospettato da chi partecipa.
Quanto ai procedimenti di Via, l'attuale testo del codice dell'ambiente prevede che l'inchiesta pubblica debba comunque concludersi entro 60 giorni, qualunque sia lo stadio dei lavori e i suoi risultati non vincolano il giudizio di compatibilità ambientale dell'autorità competente. L'esito della partecipazione è invece interessante quando il proponente decide di uniformare il progetto ai rilievi emersi nel corso dell'inchiesta pubblica o del contraddittorio: in questo caso lo modificherà, per poi nuovamente presentarlo all'autorità competente a valutarne l'impatto ambientale. Per quanto più significativa, neppure questa volta la partecipazione incide direttamente sulla decisione finale: infatti, è il proponente a decidere di adeguarsi ai contributi partecipativi. 

Decisioni ambientali: scelte politiche per lo sviluppo sostenibile
Per quanto la partecipazione faccia emergere dissenso, opposizioni, soluzioni alternative ecc., alla fine decide sempre l'amministrazione. Anzi, nei procedimenti di Via per le grandi opere (quelle su cui il giudizio di compatibilità ambientale spetta allo Stato), chi decide sono addirittura gli organi politici. Infatti, sentita la Commissione speciale di valutazione di impatto ambientale, la compatibilità ambientale dell'opera è decisa dai ministri competenti (su tutti quello dell'Ambiente), mentre il provvedimento finale è adottato dal Cipe, contestualmente all'approvazione del progetto preliminare. E se c'è dissenso tra i ministri, la scelta finale spetta al Consiglio dei ministri (su questa procedura, si vedano gli articoli 182 e seguenti del decreto legislativo 163/2006, codice degli appalti).
Decidono i politici, dunque. E non potrebbe essere altrimenti. Se la partecipazione potesse «bloccare» le decisioni, si finirebbe con l'assistere alla sistematica prevalenza degli interessi locali su quelli regionali/nazionali. Inoltre, quando c'è di mezzo la gestione dell'ambiente e del territorio, il dissenso è fisiologico: o si escogitano sistemi per superarlo (vedi il caso della conferenza di servizi: articolo 14-quater, legge 241/1990), oppure diventa impossibile decidere.
Sulle grandi opere, sembra giusto che l'ultima parola spetti al Governo. Come proprio il caso Tav dimostra, si tratta per lo più di decidere alla luce di opinioni e pareri, in parte anche tecnico-scientifici, diversi e discordanti, tenendo conto di aspetti sociali ed economici molto complessi. Ci sono cioè in ballo scelte che, in un sistema democratico, devono assumersi non gli organi amministrativi, ma quelli politici, gli unici che rispondono direttamente ai cittadini del loro operato.
Senza contare che la scelta se aggredire oggi l'ambiente per ridurne l'aggressione domani è una scelta eminentemente «politica». Nella logica dello sviluppo sostenibile, si tratta infatti di coinvolgere le generazioni presenti, pensando a quelle future.