La sortita sui «bamboccioni» di Padoa-Schioppa fa arrabbiare. È il segnale evidente non solo di scarsa attitudine istituzionale, ma anche di poca conoscenza del mondo giovanile. È il segnale del modo di pensare dei «tromboni», che mentre i giovani invocano pane rispondono «qu'ils mangent de la brioche!»

Bamboccioni
Facciamo finta che si tratti di una battuta o, alla meglio, di una svista, un'inesattezza, un'imprecisione dialettica.
Dal punto di vista istituzionale, è gravissimo che un Ministro scherzi su una decisione del Governo proprio nel momento in cui la sta illustrando al Parlamento, che da lì a poco sarà chiamato a votarla.
Altrettanto grave che, in tempi di magra, il Ministro dell'Economia motivi in questo modo un provvedimento che prevede un minor gettito pari a 1119 milioni nel 2008, 668 nel 2009 e nel 2010. I soldi del contribuente sono una cosa seria e non possono spendersi per finanziare gli sciocconi, i semplicioni.
E infine, come non piace un Presidente del Consiglio che fa le corna nelle foto ufficiali dei summit tra capi di Stato, così non piace un Ministro della Repubblica che per fa lo spiritoso cadendo in una clamorosa gaffe.
Facciamo ora finta che non sia uno scherzo, per quanto maldestro, ma ciò che davvero Padoa-Schioppa pensa dei circa 3 milioni di giovani tra i 20 e i 30 anni che beneficeranno degli sgravi fiscali per affittarsi la casa.
In questo caso il Ministro si merita le proteste, lo sdegno, la sfiducia totale che pressoché tutti gli hanno scaricato addosso.
Non si dica che sono reazioni passionali ed emotive. Infatti, contrariamente alla sortita del Ministro, tutti gli argomenti pro «bamboccioni» fatti valere in questi giorni hanno una solida base scientifica (oltre agli studi pubblicati in riviste specializzate, si v. quelli disponibili on-line in www.neodemos.it ewww.conferenzanazionalesullafamiglia.it).
È stato ampiamente dimostrato che anche i giovani italiani, come i loro coetanei europei, vorrebbero lasciare la casa dei genitori, ma che non lo fanno perché non trovano lavoro, vivono nel precariato, sono sottopagati e non possono sostenere il peso di canoni di locazione ormai alle stelle. Ed è vero che i giovani europei che vanno a vivere da soli sono circa il doppio degli italiani, ma guarda caso nella fascia d'eta 20-25 anni gli italiani occupati sono il 40%, gli europei il 60%; nella fascia 25-30 anni, gli italiani che lavorano 2 su 3, mentre la media europea è 3 su 4. Se poi consideriamo i salari, i nostri guadagnano il 50% in meno dei coetanei inglesi, francesi e tedeschi (A. Rosina).
E pensare che al Ministro bastava cercare all'interno della stessa maggioranza per trovare uno dei più attenti studiosi di queste tematiche, che ha recentemente dimostrato come, rispetto ai loro coetanei europei, i giovani italiani «dispongono di risorse monetarie che in misura assai maggiore provengono dai genitori, anziché dal lavoro... hanno tassi di attività e di occupazione assai minori e per conseguenza entrano mediamente più tardi nell'età attiva... se hanno un lavoro, guadagnano mediamente meno (M. Livi Bacci, senatore dell'Ulivo).

Tromboni e brioche
Se poi uno guarda l'Italia con gli occhi dei giovani veri (20-30 anni) o di quelli che, pur non essendolo, vengono ritenuti tali (30-40 anni), emerge vivido il problema dell'esistenza (che è al contempo esistenziale) dei «bamboccioni»: i «tromboni». Che arraffano, pontificano e ostacolano. Ma soprattutto conservano, perché le riforme (quelle vere) non le fanno. Le respingono tutte, sdegnosamente alterandosi quando gliele si propongono bell'e pronte, solo da ricopiare. D'altronde le riforme rischierebbero di aiutare i giovani.
Il trombone insiste e persiste. Nel Paese della controriforma che non ha conosciuto la riforma, numerosi esponenti del vecchio conio si ribellano alle proposte volte a svecchiare la classe dirigente prima ancora che il loro potere venga in qualche modo messo in discussione.
Il merito, in primo luogo il merito, non l'età, si afferma con vigore su alcune pagine di noti quotidiani economici. È vero: solo merito dev'essere per misurare le persone. Peccato che non sia indifferente il sostrato culturale dei selezionatori. Facciamo il caso dei giuristi italiani: un gruppo sociale arroccato su docenti, avvocati e giudici tra i 65 ed i 75 anni valuterà — salve le dovute eccezioni — i propri successori sulla conoscenza dell'impianto dogmatico dell'ordinamento, sulla conoscenza del diritto nazionale, sulla capacità di interpretare le norme codicistiche alla luce della Costituzione repubblicana. Peccato che nel mondo la scientia juris sia da trent'anni ispirata dall'analisi economica del diritto, che gli schemi dogmatici siano messi in crisi dall'esplosione delle fonti autoritative e che il modello nazionale sia ormai condizionato da quello europeo e, in alcune materie, da quello globalizzato di impronta americana.
Il paradosso è che molti tromboni di oggi, avvinghiati alle poltrone, ai ruoli, alle proprie idee sono quelli che nel '68 volevano cacciare i «baroni» e che, in nome del cambiamento a tutti i costi, hanno innescato una delle più roventi critiche al «sistema». È ora che si accorgano che il tempo è passato anche per loro, incapaci della generosità dei loro padri, invidiosi e sospettosi dei loro figli. I bamboccioni non chiedono 80 euro al mese per diventare indipendenti, ma di avere spazio per lavorare, disposti pure a pagare ricche pensioni.
Il Paese dei bamboccioni non vuole brioche, ma far tornare alla normalità l'Italia, come il resto dell'Europa.