Dalla relazione trimestrale del Bollettino Economico della Banca d'Italia un quadro in chiaroscuro. La crisi dei mutui subprime sembra in gran parte riassorbita. Le autorità monetarie hanno lavorato bene. Qualche strascico rimane soprattutto per le prospettive di crescita dell'economia statunitense e per gli alti premi per il rischio perduranti sul mercato interbancario. L'Italia, di per se poco colpita dalla crisi sub-prime, è comunque tornata ad un tasso di crescita prossimo allo zero nel primo semestre dell'anno, mentre l'Europa viaggia su tassi prossimi alla crescita potenziale, che non sarà straordinaria ma vale comunque un +2%. Soffre la macroeconomia, la produttività e la competitività internazionale del Paese continuano a peggiorare. L'allarme Bankit sulla finanza pubblica che stenta a porre un freno alla spesa primaria.
La crisi sub-prime, la buriana sembra passata .... anche se.
La crisi subprime ha avuto effetti tanto repentini quanto profondi e pervasivi sui mercati monetari, finanziari e borsistici. Le autorità monetarie sono state tempestive nell' iniettare nel sistema adeguate dosi di liquidità per limitare le turbolenze sui mercati. La crisi non sembra aver impattato più di tanto sulla crescita economica mondiale attesa su un solido +5% per l'anno in corso. Solo negli Stati Uniti, "epicentro della crisi", la buriana si è mangiata quasi un punto percentuale di crescita attesa, rivista al ribasso da +3% a +2%.
L'abbassamento dei tassi di sconto effettuata dalla Federal Reserve, in presenza del perdurante squilibrio dei conti esterni degli Stati Uniti, ha comportato un ulteriore deprezzamento del dollaro nei confronti di tutte le valute, compreso il renminbi cinese, portando il dollaro a toccare i minimi dagli inizi del 1997. 
Nel giro di un paio di mesi le tensioni sui mercati si sono in larga parte ridimensionate. Gli indici delle principali Borse del mondo sono tornati sui livelli pre-crisi di metà luglio, superando in taluni casi i precedenti massimi storici. 
L'aumento del premio per il rischio sulle obbligazioni societarie, che aveva subito una vera e propria impennata soprattutto per i prenditori con merito creditizio più basso e per le controparti finanziarie e bancarie si è arrestato e sembra aver avviato un percorso di riassorbimento progressivo. L'applicazione spesso indiscriminata di un rischio controparte mantiene ancora in tensione le condizioni di mercato sull'interbancario, con possibili effetti restrittivi sulle condizioni di offerta di credito al sistema economico. 

L'Italia: macroeconomia in affanno, tengono i margini delle imprese 
L'Italia, da un punto di vista macroeconomico, arranca. Dopo un primo semestre a crescita pressoché zero, vi è stata una accelerazione di "modesta entità" nel corso dell'estate. Le stime per il 2007 parlano con un certo ottimismo di una crescita al di sotto del 2% e intorno all'1,3-1,5% per il 2008. La crescita è sostenuta dai consumi la cui dinamica positiva compensa gli andamenti negativi degli investimenti e delle esportazioni nette. L'occupazione è stabile così come l'inflazione (al di sotto del 2%). Mentre una dinamica della produttività ancora insoddisfacente e prossima allo zero ha determinato nel primo semestre dell'anno un aumento del costo del lavoro per unità di prodotto (+2,8%) contribuendo in tal modo a un ulteriore peggioramento della competitività della nostra industria sui mercati internazionali. Qualche notizia positiva arriva dalla microeconomia. L'attività produttiva è in lieve accelerazione. Le imprese mantengono e in certi settori migliorano gli elevati livelli di redditività operativa (misurata dal Margine Operativo Lordo) del 2006, pur operando in una situazione difficile con oneri finanziari in aumento e un euro rivalutato. 

La finanza pubblica: allarme sulla spesa primaria
Dal 2006 i conti pubblici sono in progressivo miglioramento. L'extragettito fiscale rispetto alle stime dell'autunno 2006 ammonta per i primi nove mesi dell'anno a oltre 18 miliardi di euro (l'1,2% del PIL). L'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche per il 2007 è stato rivisto al ribasso dal 2,8% - come risulta dalle stime del luglio 2006 - al 2,4% di quelle di settembre 2007 che accompagnano la "Relazione previsionale e programmatica". Quindi a fronte di maggiori entrate per 1,2% del PIL il disavanzo è stato ridotto dello 0,4%. In pratica due terzi delle maggiori entrate sono stati utilizzati per finanziare aumenti di spesa. Se tutto l'extragettito fosse stato impiegato per la copertura del disavanzo senza sostenere nuove spese, il nostro Paese avrebbe potuto beneficiare nel 2007 di un disavanzo molto contenuto intorno all'1,5% del PIL. 
Per il 2008 l'indebitamento delle Amministrazioni pubbliche è previsto che scenda al 2,2% del PIL. Tuttavia la manovra di bilancio per il 2008 contribuisce ad aumentare il disavanzo di 6,5 miliardi di euro portandolo di 0,4 punti del PIL al di sopra del suo valore tendenziale pari all'1,8%. Il maggiore disavanzo assorbirà i 2,5 miliardi di minori entrate per gli sgravi ICI, i 2,2 miliardi di maggiori spese per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego, le maggiori spese correnti per 1,3 miliardi per ministeri e Forze Armate. La Banca Centrale individua chiaramente una criticità sul tema del controllo della spesa primaria, che ha ormai raggiunto livelli record e sulla perseverante timidezza dell'azione di Governo sul terreno del risanamento del debito pubblico previsto solo in leggerissima flessione quest'anno - dal 106,8 del 2006 al 105% - a fronte di un aumento non marginale della pressione fiscale.