Ho visto un uomo arso vivo dai suoi carcerieri. Per mia scelta, ho prima cercato e poi guardato il video diffuso dall’Isis in cui si vede un prigioniero dato alle fiamme nel modo più disumano immaginabile. Avrei potuto evitare di vederlo.

Come ha sostenuto Gillian Tett sul Financial Times (7-8 febbraio 2015, p. 6), il modo migliore per battere questi criminali è non guardare la loro propaganda: è fatta apposta per seminare il terrore. Ma se l’obiettivo fosse quello di comprendere il fenomeno, distogliere lo sguardo non servirebbe. E l’Isis si sta rivelando una minaccia tutt'altro che secondaria nello scacchiere internazionale, e va compresa per quello che è. Non solo è una organizzazione molto più solida di quanto non si potesse immaginare solo qualche mese fa, ma è anche una organizzazione che non conosce limiti di alcun tipo. Come il video intende dimostrare fuor d’ogni dubbio.

Come si combattono i totalitarismi.

In quanto segue partirò dal video per giungere a una prima conclusione in itinere, ovvero che l’Isis è un movimento totalitario nella definizione esatta data da Hannah Arendt. Concluderò quindi con una considerazione che riguarda il modo in cui si combattono i totalitarismi, che vanno battuti su due terreni: quello militare e quello simbolico. Il secondo è forse più importante del primo perché la sconfitta simbolica è la sola che conta davvero per chi non riconosce l'umanità dell'avversario.

Medio Evo anche con un video.

Guardando il video (e mi scuso per l’insistenza sul soggetto osservante, ma è l’unica oggettività possibile data l’assenza di altre testimonianze) ho tenuto lo sguardo fisso sull’unico “dato” dell’intera rappresentazione: per quanto possiamo sapere, la messa in scena ha portato alla morte di un uomo. Perché di messa in scena si è tratta. In una piazza virtuale, è stato giustiziato un uomo. Né più né meno di come si faceva nella penisola italica nel Medio Evo. Cola di Rienzi fu trascinato da cavalli per le strade di Roma prima di venire esposto al pubblico ludibrio con le budella penzolanti e la testa mozzata. Come allora, alla morte del corpo condannato corrispondeva la morte simbolica del nemico. Nel Medio Evo il nemico non si faceva prigioniero, si dileggiava. E il video è un osceno dileggio del nemico in quanto essere privo di comune umanità.

Su di un piano diverso, il fatto stesso che è un nemico ad essere dileggiato porta al riconoscimento statuale di chi compie il dileggio. Ovvero, se quel povero pilota giordano è dovuto morire in quel modo atroce era per segnalare al governo giordano, e al mondo intero, che l’Isis non è una semplice organizzazione terroristica ma uno stato. È a questo che ambisce quest’organizzazione, di non essere una nuova al Qaeda, ma un califfato. Questo, come vedremo, è un dato importantissimo. È il bandolo della matassa.

Su di un altro piano ancora, il video è un prodotto di editing che usa le tecniche del film d’azione e del fumetto per adulti per comunicare il proprio messaggio simbolico: non solo l'Isis è uno stato a tutti gli effetti, ma è uno stato di gente "tosta", che non si tira indietro di fronte a nulla.

Mi è costato uno sforzo enorme distogliere lo sguardo dal carattere raccogliticcio e ridicolo della messa in scena. Un po’ Western, un po’ manga. Può un cartone animato diventare stato? Apparentemente sì. Tutto questo mi ripugna, perché questo circo ha portato alla morte di un uomo. Fa male vedere che in certe regioni del mondo il Medio Evo non è mai finito. 

L'abominio: un nuovo Medio Evo totalitario.

In verità non si tratta di Medio Evo ma di nuovo totalitarismo. Hannah Arendt definì il totalitarismo come il governo del “terrore per il terrore”, come l’imperialismo era fondato sulla “espansione per l’espansione”. Senza motivo e senza obiettivi si governa in modo efferato perché si fa coincidere giustizia e azione. Visto che il potere può agire, la sua azione è giusta. Oggi sono gli ebrei, domani i cristiani, in futuro chiunque. Chiunque può essere travolto perché nulla si frappone più fra la potenza e il potere, fra il poter permettersi di fare e il fare.

Questa gente, usando la versione takfiri-salafita dell’Islam ha raggiunto lo stadio più avanzato della degenerazione dell’umano, quello che non riconosce più la comune umanità del nemico, ovvero il fatto che prima di tutto siamo esseri umani. Il pilota giordano per costoro ha cessato di essere umano e quindi poteva essere usato come un prop hollywoodiano da movimentare in moviola. Perché va notato - e questo è il punto - la volontà di potenza slegata dall’etica della comune umanità si sposa agevolmente con la razionalità strumentale più avanzata. Nulla impedisce che si possano usare telecamere e moviole, siti web o piattaforme multichannel, e prefiggersi obiettivi perfettamente medievali. È quello che Conrad in "Cuore di tenebra" chiamava l’orrore. Lo scoprire che la modernità svanisce quando ci troviamo armati fino ai denti di fronte a gente seminuda che non riteniamo umana e che incidentalmente possiede qualcosa che vogliamo. Quello che segue è l’orrore.

Sconfiggere la tenebra dell'Isis.

Per sconfiggere i totalitarismi non esistono formule o strategie. Ogni totalitarismo è diverso. Ma occorre evitare che l’umano rimanga indifeso di fronte a esso. Hannah Arendt riteneva che tutti gli umani dovessero ricadere sotto la tutela della carta dei Diritti dell’uomo. Nessuno più in futuro doveva essere espropriato della propria umanità. Oggi questo è solo un lato del problema (un lato non secondario, perché il giorno che è morto il pilota giordano potrebbero benissimo essere anche morte le Nazioni Unite, organizzazione che non può muovere un dito per impedire che cose come queste accadano di nuovo).

Oggi il problema è diverso. Se l’Isis fa tutto questo per essere stato, allora occorre disconoscere la sua statualità. È per questo che muovere un esercito contro il suo “territorio” è di fatto un errore. Equivarrebbe a riconoscere il califfato, e quindi ci farebbe regredire al Medio Evo. La manovra di un esercito fonderebbe il piano militare con quello simbolico facendo il gioco di questi assassini.  

Bene fa l’amministrazione Obama a degradare da distante le loro capacità d’offesa. Attualmente ci sono 1,600 osservatori americani in Iraq. Ovvero, un piccolo esercito di forze speciali che di sicuro non se ne sta con le mani in mano. Allo stesso modo vanno degradate le loro capacità di penetrazione propagandistica in rete. Chi chiede un intervento armato a bandiere spiegate fa l’errore compiuto dall’amministrazione Bush figlio, che ha iniziato combattendo un network terroristico ed è finito per concedere un territorio all’Isis. Perché non è stato il ritiro delle truppe americane a produrre questo paradossale risultato. È l’averle inviate lì che ha causato la situazione in cui ci troviamo.

Noi occidentali, e soprattutto noi europei, dobbiamo ricominciare a pensare la guerra, perché la fine della guerra fredda non ha portato alla pace perpetua di kantiana memoria, ma al mondo multipolare in cui viviamo. E negli interstizi di questo mondo instabile ritornano rigurgiti di passato — il Medio Evo takfiri-salafita, l’espansionismo moscovita, la pirateria in alto mare — che purtroppo solo la dissuasione militare può degradare e contenere.

Ripensare la guerra, però, significa agire nell’ombra e non a bandiere spiegate in campo aperto. Questo di per sé costituirebbe il riconoscimento dell'Isis in quanto stato. E il califfato non è uno stato, ma una fantasia di morte che va estirpata nel silenzio e nella distrazione dell’opinione pubblica. Senza l'odio delle piazze, ma con forte e incessante determinazione.