Affrontiamo “di petto” le difficoltà che si sono in parte palesate quest'anno, ma che dovrebbero emergere con forza l'anno prossimo, prima in campo economico con la fine della politica monetaria ultra-espansiva, e poi in campo politico con lo scetticismo che sommerge l'Unione Europea. Un'alternativa? Con il surplus commerciale del nord Europa finanziare gli investimenti nel sud Europa; a rischio altrimenti è il futuro della moneta unica.

1 - La politica economica (in astratto)

Quando un'economia rallenta, la Banca centrale cerca di ridarle vigore, in prima battuta abbassando il tasso di sconto. Le banche di credito ordinario ottengono così dalla Banca centrale il credito a un costo inferiore e prestano a loro volta alle famiglie ed alle imprese a un costo inferiore. Il minor costo del denaro spinge il settore privato ad alzare i consumi e gli investimenti. L'economia di conseguenza prima smette di rallentare e poi si riprende.

Gli investimenti e l'occupazione però ripartono solo se gli imprenditori pensano che in futuro ci sarà una maggior domanda, superiore a quanto sono già in grado di produrre con gli impianti e la manodopera in essere. Se non lo pensano, non investono e non assumono. Il costo del denaro diventa perciò meno importante delle aspettative intorno alla domanda. Segue che il costo del denaro, per quanto lo si schiacci fino a portarlo intorno allo zero, diventa via via meno (“al margine”) importante. Lo stesso vale per le famiglie, che tornano a consumare (ossia a risparmiare di meno) solo se pensano che in futuro avranno un reddito maggiore.

A quel punto – quanto la ripresa non si palesa -  si fa strada l'idea che, in un mondo subissato dall'incertezza, deve agire chi ha orizzonti temporali lunghi e non ha vincoli finanziari. Ecco la spesa pubblica in deficit. Uno Stato solido non solo ha un orizzonte secolare, ma può sempre alzare le imposte per pagare i propri debiti. Lo Stato spende in deficit (ossia spende più di quanto raccolga con le imposte) e, in presenza di una sottoccupazione significativa degli impianti e della manodopera, riesce, generando una domanda addizionale dal nulla, ad alzare la domanda più di quanto altrimenti avverrebbe. La maggior domanda si riverbera nell'economia depressa, rianimandola.

2 – Gli acquisti da parte delle Banche Centrali ...

Insomma, se c'è una crisi, prima si agisce sul versante della politica monetaria, e poi, se questa non funziona, sul versante di quella fiscale. E tutto torna come prima. Fin qui abbiamo osservato i flussi di reddito (consumi, investimenti, spesa pubblica), ma non lo stock (debito pubblico), di cui adesso dibattiamo.

Dalla partenza della crisi il Giappone ha accumulato un debito pubblico che è diventato il doppio del PIL, due volte quello accumulato nello stesso periodo dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, e dall'Euro-zona. Nonostante la consistenza questi debiti, grazie agli acquisti delle Banche Centrali (il famigerato Quantitative Easing), essi costano molto poco. Il Tesoro nipponico paga, infatti, meno dell'uno per cento sul debito, mentre la Germania paga il due, l'Italia il tre per cento. Inoltre, la Banca Centrale rende al Tesoro i propri profitti meno una quota accantonata per prudenza – con i profitti che ovviamente includono le cedole sul debito acquistato.

La tentazione di considerare il debito un “non problema” è perciò molto forte. Per quando esso sia enorme, alla fine, non costa. Se il debito non è un problema, allora si può espandere la spesa pubblica per il periodo necessario al rilancio. Per fare un esempio concreto, si prendano i documenti del Tesoro italiano. Si osservino le proiezioni fatte dal documento del 2013 e quelle del documento del 2016 sul costo del debito pubblico in miliardi di euro. Nel 2013 non si potevano immaginare gli effetti del Quantitative Easing, che è stato lanciato dopo. Nel 2016 si hanno i consuntivi e le proiezione del triennio successivo. La differenza corrente fra  cento miliardi previsti tre anni fa e i 65 miliardi di oggi è enorme.

  2012 2013 2014 2015 2016 2017
DEF 2013 82 86 88 91 97 104
DEF 2016 ... 77 72 68 66 65

 

3 – … non possono però durare all'infinito

C'è però un limite a questa politica di salvataggio - ossia, il maggior debito che costa molto poco - basata sul debito pubblico comprato dalla Banca Centrale. La crescita del debito pubblico, se continua, arriverà, infatti, a pesare troppo sul complesso delle attività finanziarie. A un certo punto dovrebbe perciò scattare - per il settore privato - la tentazione di diversificare. Per trattenere la ricchezza dei privati nel debito pubblico, i tassi di interesse dovranno così salire, e quindi il bilancio pubblico andrà sotto pressione, perché dovrà pagare degli interessi maggiori su un debito che è diventato pari (negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, nell'Euro-zona) o anche il doppio (in Giappone) del PIL. Inoltre, una spesa pubblica in largo deficit con il paracadute degli acquisti dei titoli del Tesoro da parte della Banca centrale darebbe forza al “partito della spesa”, con ciò aiutando a spostare nel tempo la necessità di fare le riforme – e questa è la critica che viene spesso mossa dai tedeschi.

Il Quantitative Easing – attenzione quando sia senza “intoppi” - funziona in questo modo:  1 - la Banca Centrale acquista senza vincoli titoli che hanno una vita residua lunga. Così si rendono liquidi i bilanci delle banche, in quanto venditrici di titoli. Nella prima fase - coincidente con la crisi del credito e la stagnazione economica, motivi per cui il QE viene attivato - le banche utilizzano la liquidità incassata depositandola presso la stessa banca centrale a tassi molto bassi - il tasso della banca centrale sulle riserve in eccesso. 2 - nella seconda fase - quando il ciclo del credito dà segni di miglioramento e l’economia comincia a riprendersi - le banche cominciano a ritirare i depositi presso la Banca Centrale per finanziare gli impieghi verso le famiglie e le imprese, mentre la Banca Centrale comincia a ridurre la propria esposizione verso i titoli a lungo termine. 3 - Nella terza fase – il ciclo del credito si è pienamente ripreso e l'economia è in crescita - la banche smettono di depositare in eccesso presso la Banca Centrale, la quale tende a riportare il proprio portafoglio titoli verso dimensioni fisiologiche.

I vincoli che rendono complicato – ecco gli “intoppi” - l'agire della Banca Centrale Europea sono l’ammontare dei titoli di Stato che può detenere e a quale rendimento può comprarli. Il limite è fissato al 33% per ogni singola emissione e per ogni singolo Stato. Non solo, ma la Banca Centrale Europea non può comprare titoli che abbiano rendimenti inferiori al tasso applicato sulle riserve. Questo tasso è oggi negativo. Quest’ultimo vincolo ha un forte impatto per i Paesi le cui emissioni hanno rendimenti negativi, come la Germania, che vede esclusa la metà dei titoli emessi a causa del loro rendimento inferiore al tasso sulle riserve in eccesso.

(Mercoledì 9 novembre 2016 sarà pubblicata su AL la seconda parte dell’articolo, dedicata a approfondire le questioni critiche della politica economica europea).