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La pace e la difesa europea

Peace and European Defence

Categoria/Category
Anno XXXVIII, n. 168, gennaio-aprile 2003
Editore/Publisher
Centro Einaudi

Abstract

In questo articolo l’autore, sulla base di una ricognizione della storia intellettuale del concetto di pace, discute delle conclusioni possibili dal punto di vista dell’Unione Europea, nella situazione attuale delle relazioni internazionali. Il primo riferimento è al progetto per la pace perpetua di Kant; un’utopia positiva che mantiene tratti di attualità, soprattutto nell’intuizione che la pace è possibile solo fra stati "repubblicani" (oggi si direbbe democratici). Vengono poi esaminati il pacifismo economico (pace in regime di apertura dei mercati), il pacifismo da Norberto Bobbio definito "strumentale" (che si sostanzia nelle politiche di disarmo) e il pacifismo istituzionale (pace fra le democrazie). Rispetto alla guerra vista come radicalità del male, si mostra come anche la Chiesa con la Gaudium et Spes abbia adottato una concezione della pace come costruzione istituzionale. In questo senso, dopo l’11 settembre si confrontano due modelli di pace, uno affidato ai delicati equilibri del multipolarismo e l’altro all’egemonia della superpotenza americana. Perché il primo si affermi, è indispensabile che l’Europa si assuma compiti (e costi) maggiori sullo scacchiere globale.

In this article, the author sets out from a reconnaissance of the intellectual history of the concept of peace to discuss feasible conclusions for the European Union in the present situation of international relations. The first reference is to Kant’s perpetual peace project, a positive utopia that still conserves features of topical interest, especially in so far as it senses that peace is possible only among ‘republican’ – nowadays we would say democratic – states. The author goes on to examine economic pacifism (peace as the opening of markets), the ‘instrumental’ pacifism of Norberto Bobbio (substantiated in disarmament policies) and institutional pacifism (peace among democracies). Speaking of the idea that war is the root of all evil, he demonstrates how, with Gaudium et Spes, the Church too has adopted a conception of peace as an institutional construct. After September 11, he argues, it is possible to view and compare two models of peace: one based on the delicate equilibria of multipolarism and the other on the hegemony of the American superpower. If the first is to assert itself it is indispensable for Europe to assume greater tasks (and costs) on the global chequerboard.