Il modello che abbiamo seguito per l’asset allocation è stato nei mesi scorsi questo, che riportiamo. Possono riprendersi i mercati azionari, dove per “riprendersi” intendiamo un qualche cosa che non sia una ripresa che segue una caduta e che dura poco, giusto prima di una nuova caduta? La risposta va cercata nelle condizioni che rendono il mercati azionari attraenti.

Esse sono semplici, dal momento che i prezzi delle azioni sono i profitti scontati per il rendimento delle obbligazioni: 1. I rendimenti delle obbligazioni non possono che scendere, 2. I profitti delle imprese non possono che salire. Condizioni che, a loro volta, si suddividono in due sotto condizioni: 1. I rendimenti scendono se scende sia l’inflazione sia la sua volatilità (= l’inflazione varia poco da un anno all’altro, in altre parole, essa è prevedibile), 2. I profitti salgono in presenza di una domanda in evidente crescita, mentre le imprese ristrutturano Oggi non abbiamo alcuna delle succitate condizioni, e quindi i mercati azionari non possono salire, possono rimbalzare, dopo le sessioni in discesa.
 
La previsione che scaturisce dal modello non è stata smentita. Se si osserva la borsa statunitense si vede che è caduta “a gradini”: da ottobre a marzo in flessione, poi a marzo è rimbalzata ma senza raggiungere i massimi precedenti, poi è ricaduta, rimbalzata, con il massimo di agosto circa eguale al minimo di marzo. Grafico 1. Gli utili sono flessi, ma in maniera disomogenea. Se escludiamo il settore finanziario, quello dei consumi di beni durevoli (e le telecomunicazioni) gli utili hanno un andamento normale. Grafico 2. Il settore finanziario è andato davvero male e le perdite da registrare sono ancora molte.
 
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La fine della caduta dei corsi, sempre secondo il nostro modello, si ha, in assenza delle succitate condizioni, quando i prezzi arrivano ad un livello tale che la capitalizzazione delle imprese è circa eguale al patrimonio netto (prezzo eguale a valore di libro) e, soprattutto, quando i rendimenti (per cassa) delle azioni (dividendo diviso prezzo) sono circa eguali al rendimento delle obbligazioni. In sostanza, quando le azioni valgono quanto le obbligazioni, ossia quando perdono il premio per la crescita.
 
Il rapporto fra dividendo e prezzo in alcuni paesi è diventato da superiore o quasi eguale a quello delle obbligazioni, in Italia, in Spagna, in Francia, in Germania. Grafico 3. Difficile che a questo punto, a meno di supporre un taglio dei dividendi, da almeno un terzo in su, che questi mercati possano cadere. La Spagna sembra mal messa, per effetto della crisi immobiliare, ma gli altri tre paesi non sembrano troppo malmessi. Dovremmo quindi concludere che per questi tre mercati abbiamo un pavimento per i prezzi. Ormai incassare i dividendi o le cedole, ovviamente in rapporto al prezzo dell’attività finanziaria che li genera, si equivale.
 
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Intanto che accadeva tutto questo, l’andamento economico internazionale è peggiorato. Gli Stati Uniti hanno registrato un andamento negativo, peraltro previsto, nel quarto trimestre 2007, ma la flessione dell’Europa e del Giappone nel secondo trimestre del 2008 non era prevista. Possiamo aggiungere che in un mondo in forte rallentamento al di fuori degli Stati Uniti è facile che il dollaro salga ed il petrolio scenda. Nel primo caso perché non vi sono i differenziali di interesse in ascesa a sostenere le altre monete, nel secondo perché cade la domanda. Il dollaro è rimbalzato troppo negli ultimi tempi, quasi a segnare una presa di coscienza improvvisa che tutta l’economia mondiale sta rallentando. Grafico 4. Possiamo pensare che il dollaro si fermi in una banda fra 1,4 e 1,5 contro l’euro, da una banda di 1,5 e 1,6 di prima.
 
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In tutte le asset allocation precedenti non abbiamo trattato dei problemi di geopolitica. Il motivo era che nelle cose concrete non si avevano cambiamenti. Vigeva il sistema degli accordi di cambio di fatto, detti Bretton Woods II, per cui i paesi emergenti industriali e petroliferi compravano dollari e non interferivano, se non a parole, nella politica estera statunitense. Con le vicende della Georgia questo non sembra più vero. Il segnale di fermare l’ammissione nella NATO dei paesi ex satelliti della URSS sembra molto chiaro. Uno può anche arguire che l’Iran avrà nella Russia un alleato meno defilato. Questo non dovrebbe avere effetti diretti ed immediati sulla finanza, ma resta una novità che va segnalata.
 

Riguardo agli Stati Uniti pensiamo che le cose possano peggiorare, e quindi manteniamo il giudizio negativo nel rapporto fra azioni e obbligazioni. Cambiamo opinione in Europa, quella continentale, dove le azioni e le obbligazioni si equivalgono in termini di rendimento, ma teniamo anche conto che le prime non hanno trazione. I rendimenti delle obbligazioni sono eguali al tasso di inflazione, per cui i loro prezzi potrebbero scendere per alzare i rendimenti reali. Esiste quindi un rischio tasso, per cui pensiamo che le obbligazioni a breve scadenza siano migliori. Alla fine l’attività migliore oggi sono le obbligazioni a breve termine denominate in euro.

 

Agosto 2008
Stati Uniti
Europa Euro
Azioni Obbligazioni
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0
Obbligazioni Liquidità
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Quando la previsione è quella di un’attività finanziaria che va molto peggio di un’altra si ha un giudizio di “---“. Due meno o un meno solo sono giudizi meno negativi. Lo stesso vale con “+++”, e a discendere con due e con un “+”.

 

 


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