La narrazione che va per la maggiore è quella che afferma che il mercato delle azioni statunitense è giunto a dei massimi storici, perché riflette la fiducia nella ripresa. Ripresa che può essere smentita in un trimestre, ma che tuttavia continua, come si evince dalla crescita dell'occupazione. Nonostante sia arrivato “così in alto”, il mercato delle azioni non è caro, perché gli utili attesi sono sufficienti per portare il rapporto fra prezzi e utili – il Price to Earnings Ratio, o P/E – in linea con le serie storiche, e quindi in una condizione di normalità. La narrazione termina sostenendo che è difficile che possa esserci un vero movimento al ribasso. Si può – direbbe Carneade – argomentare – con egual convinzione – anche in maniera opposta. Proviamo.

Il mercato delle azioni è molto caro, ma è esso sostenuto dalla politica monetaria ultra espansiva e dagli acquisti di azioni proprie. Quando questi due motori si fermeranno, il mercato resterà sospeso nel vuoto. Quindi sono tre gli andamenti da misurare: 1) se è caro, 2) se la politica monetaria ultraespansiva ha spinto davvero all'acquisto di azioni; 3) a quanto ammontano gli acquisti di azioni proprie.

Il mercato delle azioni è caro? Dipende da quale criterio si usa. Quelli che sostengono che non lo sia prendono le previsioni di utile. Le quali si prestano a molte critiche, soprattutto legate alle previsioni che sono sistematicamente maggiori dei risultati effettivi (1). Un criterio alternativo è quello di prendere la media degli utili degli ultimi dieci anni. Facendo così il futuro, se pessimo, lo sarà meno, se magnifico, lo sarà meno. Il nome di questo approccio è Cyclically Adjusted Price to Earnings Ratio – che in acronimo è CAPE. Naturalmente anche questo aprroccio è criticabile (2). Osservando la serie storica della capitalizzazione di borsa in rapporto alla media storica degli utili, ossia il CAPE, si evince che, superate certe soglie, il mercato delle azioni è sempre sceso. Il primo grafico mostra il punto. Questo non significa che esso deve scendere qui e ora.

Anche in passato il mercato delle azioni è sceso dopo che era giunto a dei livelli di valutazione molto elevati. Anzi, per essere precisi, come si diceva all'inizio, oggi è difficile che scenda fino a quando la politica monetaria sarà ultra espansiva e le imprese compreranno copiosamente le proprie azioni (3).

L'impatto delle politiche monetarie ultra espansive (tassi a zero e acquisto di obbligazioni) lo osserviamo – il secondo grafico mostra il punto - attraverso le variazioni degli acquisti della banca centrale (linea rossa) che sono consistentemente correlati al miglior andamento delle azioni rispetto alle obbligazioni (linea blu). Le azioni, infine, non sono acquistate dal largo pubblico, ma dalle imprese medesime, come mostra la prima tabella. Il largo pubblico, anzi, disinveste – come mostra il terzo grafico.

Ora supponiamo che la borsa statunitense non riesca a tenere questi livelli (perchè è cara, perché la politica monetaria diventa meno espansiva, perchè gli acquisti di azioni proprie non bastano). Conviene ridurne il peso o anche eliminarla e comprare – come sembra logico - le altre borse – quando queste sono meno care (4)?

La risposta è ambigua.

E' lo è per tre ragioni: 1) le borse maggiori sono crescentemente correlate, e dunque è difficile che se una cade, le altre restino ferme – quarto grafico; 2) oltre tutto quando gli Stati Uniti cadono, le altre borse cadono di più – seconda tabella; 3) questa è la parte più contorta – le cadute sono anticipate dai movimenti della volatilità, e questa negli Stati Uniti è di gran lunga più bassa – quinto grafico. Perciò la borsa più cara è quella che manda meno segnali – visibile dal variare dei prezzi - di debolezza potenziale.

(1) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3713-la-tentazione-dell-ottimismo.html

(2) http://lexicon.ft.com/Term?term=cyclically-adjusted-PE-ratio-_-Shiller-PE-_-CAPE

(3) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3781-del-salire-e-del-rimanere-sospesi.html

(4) http://blogs.ft.com/andrew-smithers/2014/07/when-to-underweight-us-equities/

 

NO USA 4
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Az Obb e FED
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Flussi USA
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NO USA 5
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NO USA 1
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NO USA 2
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