Il forte rialzo dei rendimenti (con conseguente discesa dei prezzi) delle emissioni governative e societarie della zona euro è il tema più dibattuto del momento. Grecia, illiquidità, rendimenti negativi, inflazione, crescita e altre motivazioni sono sostenute per dare senso ad un fenomeno in parte comprensibile, in parte di difficile motivazione. La parte più comprensibile potrebbe essere quella che riguarda i rendimenti più sacrificati, sotto o prossimi allo zero. La parte meno comprensibile riguarda, viceversa, le aree con rendimenti ancora appetibili.

E’ pensabile che la lunghissima ed estenuante trattativa sulla ristrutturazione del debito greco abbia influito sulla forte risalita dei rendimenti, coinvolgendo in egual misura le obbligazioni con rating alti e bassi in un contesto di mercato dove la liquidità fatica ad affluire regolarmente e, ancor di più, a disperdersi sulle diverse classi di attività in modo omogeneo. La segnalazione del Governatore della BCE sulle possibilità di incremento della volatilità avevano indicato per tempo queste difficoltà.

Il recente avvio del Quantitative Easing da parte della BCE non può aver già esaurito, dopo pochi mesi, le molteplici funzioni ed obiettivi prefissati. Non è, ad esempio, pensabile che l’effetto sulla ripresa del ciclo degli investimenti e, a cascata, sulla crescita economica sia arrivato già a maturazione, richiedendo tempi più lunghi dei pochi mesi e risorse che sono state finora impiegate. Anche le dinamiche inflazionistiche, nonostante i primi segnali positivi dal lato della lotta alla deflazione, sono troppo premature da giustificare un’anticipazione così repentina.

Restano le esigenze di fine semestre dei grandi detentori di obbligazioni di realizzare copiose plusvalenze per chiudere il bilancio di metà anno a spiegare una parte del fenomeno, ingigantito dalla coincidenza con il tormentone greco e l’impatto specifico dell’illiquidità del sistema bancario ellenico. A questo punto vale forse la pena dare un'occhiata alle valutazioni dei mercati azionari anche perché i mercati obbligazionari stanno catturando ormai da moltissimo tempo l’attenzione e i portafogli degli investitori. Anche solo, e non è poco, per la minore volatilità e maggiore regolarità di rendimenti.

Gli ultimi mesi hanno costretto a ragionare anche sulla appetibilità relativa delle obbligazioni rispetto alle azioni europee e globali. Tenendo conto dei problemi di liquidità che sta affrontando il mercato obbligazionario, a causa dell’assorbimento di titoli da parte delle banche centrali, lo spostamento verso il mondo azionario viene sempre più preso in considerazione anche dagli investitori meno propensi.

Utilizzando due parametri, Prezzo/Patrimonio e Prezzo/Utili rettificati per il ciclo economico, abbiamo un quadro parziale ma interessante sullo stato attuale della valutazione rispetto al comportamento storico. L’Italia è il mercato più sacrificato, perdendo tra un terzo e metà del valore rispetto alle medie storiche. La Germania è, come forse prevedibile, la più sopravvalutata a livello europeo e seconda solo agli Stati Uniti a livello globale. Più che la eventuale discesa dei mercati con valutazioni elevate è preoccupante la difficoltà delle aree decisamente sottovalutate nel recuperare i valori del passato.

PE con QE
PE con QE