C'è questa settimana un passaggio cruciale: se la banca centrale degli Stati Uniti alzerà o meno i tassi. Allo stato si può argomentare – con motivazioni convincenti - sia a favore di un rialzo, sia a favore di un mantenimento dei tassi al livello corrente, con l'impegno di alzarli in futuro. Vi è una complicazione – il primo punto qui sotto. Ed una estensione del ragionamento fatto nella nota del 10 settembre (1) – il secondo punto qui sotto.

 

 

1 - La prima trae origine dal comportamento delle banche centrali. Abbiamo da una parte la decisione di alzare o meno il tasso di interesse praticato dalla banca centrale, che, per ora interessa solo la banca centrale statunitense, e, dall'altro, la questione del Quantitative Easing (QE), ossia l'acquisto di titoli obbligazionari da parte delle banche centrali, che non interessa più dallo scorso anno la banca centrale statunitense. Il quale QE inietta liquidità nel sistema, ossia aggiunge potere d'acquisto perché compra le obbligazioni – emesse dai Tesori e dai privati - dal settore privato, che può usare  i mezzi di pagamento ricevuti per comprare altre obbligazioni, oppure azioni. Questa liquidità aggiuntiva è oggi fornita sia dalla Banca Centrale Europea (ECB) sia dalla Banca centrale del Giappone (BoJ), mentre gli acquisti di obbligazioni da parte della banca centrale statunitense (FED) sono terminati lo scorso anno. Questa liquidità aggiuntiva può essere bilanciata dalle vendite delle banca centrali dei paesi emergenti (EMCB). Molti paesi emergenti si trovano in difficoltà, e di conseguenza sono in una condizione di “fuga dei capitali”. La quale fuga abbatte il cambio. Per evitare che il cambio cada troppo, le EMCB vendono la valuta che posseggono. Ossia, vendono dollari, euro, e yen per comprare le loro monete. La valuta si trova nelle riserve. Quindi le riserve delle EMCB si riducono. Ma il punto cruciale non è qui. La vendita di dollari ed euro avviene vendendo obbligazioni. La banca centrale del paese emergente X vende i titoli del Tesoro del paese emerso Y. Riceve il controvalore in valuta, in dollari, euro, e yen, e con questa valuta compra la propria moneta, per tenere il cambio. Si ha così un andamento opposto a quello del QE: invece di dare moneta al settore privato la si toglie, nel senso che si danno dei titoli in cambio di moneta. L'offerta di moneta si riduce. Perciò le banche centrali dei paesi emersi – la ECB e la BoJ - danno liquidità ai mercati, mentre quelle dei paesi emergenti la tolgono. Rileva perciò il saldo. Negli ultimi mesi il saldo è zero. Altrimenti detto, l'espansione monetaria della ECB e della BOJ è stata annullata dalla contrazione monetaria delle banche centrali dei paesi emergenti. I numeri si trovano qui (2).

2 - La seconda trae origine da che cosa si intende per inflazione. Se quella dei beni o servizi, oppure se quella delle attività finanziarie. Nel primo caso l'inflazione non si vede proprio, né la si vede anticipata dalla dinamica salariale. Perciò non si ha motivo per non continuare ad avere una politica monetaria lasca, che si suppone aiuti la ripresa. La considerevole domanda di obbligazioni da parte delle banche centrali dei paesi sviluppati schiaccia però il rendimento di tutte le attività finanziarie, perché si riducono quelle a disposizione dei privati. Questi ultimi le chiedono lo stesso, e perciò i loro prezzi salgono. I rendimenti si addensano, sia che il rischio sia basso, sia che sia elevato. Le obbligazioni di qualità non hanno, alla fine, un rendimento molto diverso da quelle di qualità scarsa. I bassi rendimenti di tutte le obbligazioni spingono a comprare le azioni. I prezzi delle attività finanziarie salgono in senso assoluto – ossia si ha un un livello dei prezzi maggiore, senza che si presti una particolare attenzione ai prezzi relativi. I prezzi delle obbligazioni e delle azioni - che sono ormai molto addensati - non mandano dei segnali significativi: i prezzi non aiutano a scoprire le informazioni (3). La preoccupazione non è, infatti, solo la bassa inflazione o la deflazione nel campo dei beni e dei servizi, ma l'inflazione nel campo delle attività. Se si continua a sostenere il prezzo delle attività finanziarie attraverso i tassi bassi – o negativi tenendo conto della pur modesta inflazione - e le politiche di acquisto delle obbligazioni, ossia se le banche centrali continuano con le politiche correnti, si ottiene che i loro prezzi si allontano sempre più dai fondamentali, ossia dalla loro “sostenibilità”. Il che, prima o poi, porta a una crisi, perché i prezzi delle attività vanno giù fino a quando non trovano un “fondamento” che li sostenga. Per i particolari sulla valutazione “tirata” dei mercati si veda (4).

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/ricerche/4194-il-prossimo-passaggio-cruciale.html

http://blogs.ft.com/gavyndavies/2015/09/13/will-emerging-economies-cause-global-quantitative-tightening/

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3948-che-cosa-direbbero-gli-austriaci.html

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/4170-il-punto-sui-mercati.html

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