Si hanno due modalità per analizzare il dollaro. Quella “congiunturale”, quando si commenta il suo andamento legato a vicende contingenti, e quella “strutturale”, laddove si discute del dollaro come moneta di riserva, ossia come architrave del sistema finanziario mondiale. La nostra conclusione è che il dollaro non dovrebbe rivalutarsi molto nei confronti dell'euro e che il suo ruolo di moneta di riserva non è contendibile.

Il cambio corrente e quello atteso

La modalità “congiunturale” osserva il cambio corrente – oggigiorno ci vogliono circa 1,08 dollari per avere un euro - e si chiede – e quindi tenta la previsione - se in futuro ci vorranno più o meno dollari per avere sempre un euro.

Alla lunga, ma proprio alla lunga, i cambi si muovono a seconda di come si muovono le inflazioni rispettive. Per esempio, il cambio del dollaro pesato per l'interscambio commerciale con tutti i maggiori paesi e depurato delle differenze di inflazione, è oggi circa allo stesso livello del 1973. Questo alla lunga, nel breve e nel medio termine si hanno altre influenze, tanto che è accaduto che il dollaro si sia discostato negli ultimi quindici anni anche del 30% dal cambio che riflette solo i differenziali di inflazione.

Prendendo il cambio del dollaro e dell'euro con le maggiori valute con cui gli USA e l'Euro-area hanno scambi - e senza aggiustare i cambi per le diverse dinamiche di inflazione - si hanno questi numeri:

2010=100 2011 2012 2013 2014 2015 2016-III trimestre
Stati Uniti 95,5 98,2 99,4 102,3 115,2 119
Euro-area 100,5 95,8 100,1 102,5 95,1 98,6

Un rialzo dell'indice indica un apprezzamento della valuta. Fonte: http://www.bis.org/statistics/tables_i.pdf

Come si vede, il dollaro ultimamente si è rivalutato, ma era - anche non troppo tempo fa - sottovalutato. La rivalutazione del dollaro verso l'euro (e non solo) si è materializzata nel 2014, quando si è avuto un forte movimento di capitali dall'euro-zona al dollaro, movimento alimentato dall'aspettativa che i rendimenti negli Stati Uniti sarebbero stati maggiori. Si è avuto un forte aggiustamento del cambio, e, da allora, nessun movimento maggiore.

Per approfondire: http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/4265-dove-andr%C3%A0-mai-l-euro-dollaro.html

Negli ultimi tempi si ha chi pensa che il dollaro si apprezzerà molto. Chi lo pensa ha in mente quanto accadde ai tempi di Reagan quando si ebbe una forte espansione del deficit pubblico combinato con una politica monetaria restrittiva, ciò che fece esplodere il dollaro. Oggi le cose sono diverse sul fronte del deficit (che dovrebbe essere meno elevato, anche simulando le maggiori spese in infrastrutture e la riduzione delle imposte), e, soprattutto, sul fronte dell'inflazione (che è modesta a differenza di allora).

Per approfondire: https://www.ft.com/content/43d87218-e6bc-11e6-893c-082c54a7f539

La moneta di riserva

Abbiamo il dollaro, l'euro, il yuan, e il rublo come monete di riserva effettive o candidate. Vediamo come tirar fuori una classifica di idoneità (una sorta di rating di prima battuta, ossia, come vedremo, privo di sfumature). Una moneta di riserva è tale se il suo valore è preservato anche in presenza di eventi gravi. Perciò:

  • Il Paese che detiene la moneta di riserva deve avere una forza militare in grado di scoraggiare ogni tentativo di conquista o di influenza rovinosa (condizione 1);

  • deve essere in grado di minacciare chi non sta alle regole del gioco attraverso il sequestro di beni dei riottosi; deve, in altre parole, offrire la certezza del diritto alla comunità internazionale (condizione 2).

  • Il Paese con la moneta di riserva deve possedere una tecnologia capace di mantenere un vantaggio sui nemici (condizione 3);

  • In caso di guerra protratta, il Paese con la moneta di riserva deve avere delle risorse sufficienti per sopravvivere; l'autosufficienza alimentare gioca quindi un ruolo importante (condizione 4);

  • Infine, il Paese con la moneta di riserva deve avere dei mercati finanziari grandi ed efficienti in grado di assorbire gli eventi negativi di un certo peso (condizione 5).

  Stati Uniti Europa Cina Russia
Forza militare si si si si
Garanzia diritto si si no no
Potenza tecnologica si si in parte no
Autosufficienza cibo si si no no
Efficienza mercati si si no no

Delle cinque condizioni la Cina e la Russia ne soddisfano solo una, la Cina quasi due, l'Europa e gli Stati Uniti tutte. (L'Europa non è in grado di intervenire militarmente nel mondo, ma non può essere invasa, insomma è una specie di Super Svizzera; per tornare alle sfumature di rating che non abbiamo messo, gli Stati Uniti avrebbero un si++, e l'Europa un semplice sì).

Per avere un'idea della dimensione dei mercati – la condizione 5 - necessaria perché una moneta sia una riserva di valore in un mondo globale, osserviamo l'attivo e il passivo degli Stati Uniti, della Cina, e della Russia. La posizione netta – pari alla differenza fra l'attivo e il passivo, il debito estero netto - degli Stati Uniti è negativa e per quasi 4.500 miliardi di dollari, quella della Cina è positiva per oltre 1.500 miliardi di dollari, quella della Russia è positiva per quasi 138 miliardi di dollari. Si afferma che gli Stati Uniti sono indebitati con l'estero, mente gli altri due Paesi sono creditori dell'estero. Secondo molti, questo è un segno di fragilità. Chi è indebitato deve, infatti, rendere conto a chi ha concesso il credito. Chi vuol mostrare la forza di Cina e Russia (della serie “i cinesi e i russi ci compreranno”, mentre “gli Stati Uniti sono in declino, figurarsi l'Europa”) si concentra su questi numeri, chi vuol mostrare il contrario ne esibisce altri.

Per approfondire: http://press.princeton.edu/titles/10182.html

Il numero finale della posizione netta ha, infatti, delle componenti molto diverse. Gli Stati Uniti hanno investito molto all'estero – investimenti diretti per quasi 5 mila miliardi di dollari e altrettanti in in investimenti indiretti, come le azioni - per quasi 10 mila miliardi di dollari, mentre la Cina ha investito negli stessi campi 650 miliardi di dollari, e la Russia quasi 400. Gli Stati Uniti, possedendo la moneta di riserva, non hanno riserve valutarie, la Cina ne ha per quasi 3.500 miliardi di dollari e la Russia per circa 500. Gli investimenti esteri degli Stati Uniti sono quindi “propulsivi” - investimenti fissi e azioni – mentre quelli di Cina e Russia sono “passivi” - sostanzialmente riserve investite in buoni del Tesoro altrui. Gli investimenti fissi del Resto del Mondo negli Stati Uniti sono pari a quasi quattro mila miliardi di dollari, quelli in Cina a oltre due mila miliardi e in Russia a circa 450 miliardi di dollari. Gli investimenti in azioni del Resto nel Mondo negli Stati Uniti e pari a circa quattro mila miliardi di dollari, in Cina a circa 250, e in Russia a meno di 200.

Gli Stati Uniti perciò investono nel resto del mondo in maniera diretta – impianti - o in maniera indiretta – azioni - dieci volte più della Cina e della Russia messe insieme. La Cina riceve gli investimenti fissi in misura considerevole, mentre la Russia li riceve in assai misura modesta. Entrambe, infine, ricevono dal Resto del Mondo degli investimenti azionari piuttosto modesti. Intanto che avviene questo, la gran parte delle riserve dei Paesi che hanno accumulato avanzi commerciali – come la Cina, la Russia e i Paesi produttori di petrolio - sono trasformati in riserve in dollari (e in minor misura in euro).

Gli allarmi che suonano – i cinesi e russi sono una potenza emergente e gli Stati Uniti e l'Europa, se non soccomberanno, certamente vedranno il loro potere presto ridotto – sembrano anticipare un po' troppo gli eventi. L'economia cinese soprattutto, e quella russa in misura minore, sono di dimensioni ragguardevoli. Inoltre, i Paesi emergenti – il Brasile, la Russia, l'India, la Cina e il Sud Africa -, se sommati, hanno un PIL simile a quello statunitense, anche se in termini pro capite la differenza resta enorme. Infine, l'economia statunitense e quella europea hanno una dimensione simile ed un reddito pro-capire non molto diverso.

Concludendo, l'economia reale dei Paesi emergenti è diventata ragguardevole, ma l'economia funziona come intreccio fra quella reale e finanziaria. L'economia finanziaria – concentrata negli Stati Uniti e in Europa - mobilita gli investimenti e, nello stesso tempo, agisce come riserva di valore del Resto del Mondo. Non casualmente durante la crisi ucraina sono usciti dalla Russia molte decine di miliardi di dollari per cercare rifugio da altre parti, mentre il contrario non è avvenuto. Ossia, se c'è del rischio politico, i russi portano “i soldi all'estero”, mentre a nessun statunitense o europeo verrebbe in mente, in caso di crisi politica, di portare i soldi in Russia. Va notato che i russi – intesi come privati - possono portare i soldi all'estero, mentre i cinesi – intesi sempre come privati – non possono farlo. I cinesi, infatti, investono come istituzioni e come imprese all'estero, ma non come diversificazione di portafoglio dei privati.

Per avere un'economia sviluppata, alla fine, si deve avere la “certezza del diritto”. Senza la certezza che i contratti saranno onorati nessuno investirebbe nel lungo termine – ossia, nessuno rinuncerebbe al consumo di oggi per avere una ricchezza maggiore domani.

Per approfondire: http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/4016-valute-di-riserva.html; http://voxeu.org/article/dollar-question-where-are-we