La decisione di due delle tre maggiori agenzie di rating di spostare nel tempo (Moody's), oppure di mantenersi per un po' neutrali (Fitch), come giudizio di merito sul debito pubblico sono due segnali molto importanti. Danno, infatti, del tempo per varare - senza pressioni ulteriori - una manovra fiscale – entro la fine di settembre quella “domestica”, il DEF, entro la metà di ottobre quella “estera”, le proposte programmatiche verso l'Unione Europea - che sia “accettabile”. Con questo ultimo termine si intende una manovra che non metta a repentaglio la tenuta del debito pubblico del Bel Paese (1), la cui crisi avrebbe degli effetti negativi a livello globale sia in campo finanziario sia in quello politico.

Che quanto sta accadendo non sia nell'ordinaria amministrazione lo si vede dai movimenti dei capitali in uscita: vi sono state delle fuoriuscite consistenti. Tre sono state le crisi negli ultimi anni: a) quella del 2011-2012, quella del 2016, e quella in corso. La prima – il passaggio da Berlusconi a Monti - è stata quella che ha registrato la massima uscita “cumulata” di capitali; b) la seconda – la sconfitta referendaria di Renzi - è stata quella che ha registrato la massima uscita “puntuale” di capitali; c) la terza è quella in corso – a seguire il nuovo governo - ed ha le entrambe le caratteristiche delle crisi precedenti, ossia è cospicua sia in termini “cumulativi” sia in termini “puntuali”.

I numeri si trovano nel grafico (2).

trecrisicomeuscitedicapitali
trecrisicomeuscitedicapitali

Le agenzie di rating, contrariamente a quello che molti pensano, “ragionano”, non sono dei miopi “speculatori” al soldo della finanza “senza cuore”. Ragionano secondo il modello economico “mainstream”, come ovvio (3), non essendo un gruppo di brillanti ricercatori universitari, ma non è questo il punto. Il punto è delicatezza del momento internazionale da combinare con il peso dell'Italia, un Paese troppo grande per essere salvato, troppo grande per lasciarlo fallire – e, si potrebbe aggiungere, troppo grande per punirlo senza remore (too big to fail, too big to bail e too big to jail) .

Abbiamo le elezioni in Svezia (9 settembre), in Baviera (15 ottobre), negli Stati Uniti (6 novembre, le elezioni di Mid-term). Nei primi due casi la destra estrema potrebbe vincere, nel terzo Trump potrebbe mantenere il controllo del Congresso. L'equilibrio europeo del Secondo dopoguerra ruota intorno all'alleanza fra cattolici, socialdemocratici, e liberali, così come sull'Ordine liberale, che ha come garante gli statunitensi. Se la destra estrema s'impone, mettendo in crisi l'ordinamento sovra-nazionale, e se gli Stati Uniti perseguono l'isolamento, ecco che quest'equilibrio è messo in discussione (4). E viene messo in discussione prima delle elezioni europee della primavera del 2019. Queste utime potrebbero registrare la sconfitta – o il ridimensionamento – delle forze storiche che hanno governato l'Europa del Secondo dopoguerra. Per chi ama i confronti storici il precedente - inteso come rischio di frantumazione di un assetto sovra-nazionale - è l'Impero austro-ungarico (5).

1 - https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/4921-adelante,-pedro,-cum-juicio.html

2- http://www.lavoce.info/archives/54754/capitali-stranieri-la-grande-fuga/

3 - http://www.limesonline.com/cartaceo/legemonia-gramsciana-delle-agenzie-di-rating

4 - https://www.foreignaffairs.com/articles/europe/2018-08-31/europes-quest-financial-independence?cid=int-fls&pgtype=hpg

5 - https://www.economist.com/europe/2018/09/01/lessons-for-the-eu-from-the-austro-hungarian-empire