Secondo una casa di ricerca sui risultati dei fondi comuni, Morningstar, su 2.100 fondi diversificati che sono distribuiti negli Stati Uniti solo 17 hanno avuto risultati positivi nell’ultimo anno, quindi da luglio, e nell’anno in corso, quindi da gennaio.

Ossia, meno dell’1% dei gestori è riuscito a produrre risultati positivi. Questo vuol dire che pochissimi hanno una gestione che si discosti dagli indici. Come è possibile un risultato del genere? Una spiegazione potrebbe essere questa.
 
Secondo la casa di ricerca Gavekal, investire per principio negli indici è un comportamento per così dire «socialista»: le imprese sono giudicate attraenti per la dimensione acquisita e non per le prospettive di reddito. I capitali sono dirottati non dove si pensa che renderanno di più, ma dove si pensa che renderanno nella media. Quindi negli indici. Se tutti seguono questo comportamento, giocoforza si alzano i prezzi dei titoli delle imprese che hanno una dimensione maggiore senza che gli acquisti delle azioni ne elevino la redditività. I rapporti prezzi/utili si alzano e alla lunga il mercato diventa caro e senza trazione.

Investire negli indici presenta anche il vantaggio dei risultati simili. Se uno si discosta e per sua fortuna fa bene, allora guadagna, se si discosta e per sua sfortuna fa male, allora perde. Ma perdere in solitudine è considerato più rischioso che guadagnare rischiando. Se infatti uno perde in solitudine è cacciato, mentre se uno perde quanto la media che perde non si deve giustificare: la colpa dei risultati è degli eventi esterni e imprevedibili.