La notizia di questi giorni è la “non-notizia”: i mercati finanziari non sono caduti in seguito alle vicende di Bruxelles, e quindi nessuno ha potuto titolare “bruciati X mila miliardi di euro”, con a fianco una foto di un trader con le mani nei capelli. Come mai?

 

 

Ai tempi delle Due Torri ci fu una prima reazione molto negativa dei mercati finanziari, tanto che quelli statunitensi furono - per la prima volta in due secoli - chiusi. A seguito degli attentati degli anni successivi - Madrid, Londra, Parigi, Bruxelles - la reazione iniziale è stata negativa, ma è durata, a differenza di quella precedente negli Stati Uniti, per poco tempo. A seguito degli attentati i mercati oggigiorno reagiscono in questo modo: si ha inizialmente una flessione (più o meno marcata) dei corsi delle azioni (le attività rischiose), ed un'ascesa (più o meno marcata) dei corsi delle obbligazioni (le attività poco rischiose). Passato questo primo momento, si ha andamento opposto: le azioni si riprendono, mentre termina la corsa verso le obbligazioni. Ha una base razionale questo comportamento di “indifferenza” al Terrorismo? Sì, perché l'impatto economico del Terrorismo, che, a prima vista, sembra formidabile, in realtà non lo è. Ed è quello che si è appreso nel corso del tempo dopo il primo grande attentato.

La paura effettiva del Terrorismo può essere misurata, a differenza di quella percepita. Morire per mano dei terroristi è un evento molto (ma molto) poco frequente. Secondo i conti fatti sugli Stati Uniti, la probabilità di morire per mano del terrorismo nel corso della vita è di 1 su 69 mila, mentre per gli incidenti automobilistici è di 1 su 88. Vero il conto, uno dovrebbe temere l'uso dell'auto più dell'ISIS. Ciò che ovviamente non è, perché la paura percepita non dipende da un freddo calcolo statistico, ma da come le emozioni di ciascuno ed il complesso sistema mediatico catturano l'impatto mortifero del Terrorismo. Con l'esaurirsi degli attentati, arriva la calma, e prevalgono nei comportamenti “i numeri”, numeri che mostrano l'impatto ridotto del Terrorismo fra le cause di morte. La probabilità di finir male guidando il motorino da ubriachi è, infatti, di gran lunga maggiore della probabilità di finire dilaniati da una bomba.

Secondo gli studi condotti in Israele, chi abitualmente usa l'autobus continua a usarlo anche dopo un attentato, mentre cade il numero dei passeggeri che lo usa solo saltuariamente. Qui è interessante osservare le probabilità che sono date agli eventi. Alcuni pensano che un attentato successivo all'autobus abbia una probabilità bassa a sufficienza (l'attentato c'è già stato e la sicurezza è più “occhiuta”) per continuare a prenderlo. Altri pensano che la probabilità sia la stessa o, addirittura, maggiore. Oppure anche, chi non può fare a meno di prendere l'autobus è indotto a pensare che la probabilità di un nuovo attentato è bassa, mentre chi può spostarsi senza i mezzi pensa che sia meglio non rischiare. Come che sia, dopo un po' l'impatto del terrorismo è assorbito, e riprende la vita di tutti i giorni.

Passiamo all'economia. La ricchezza dipende dal capitale umano. Un palazzo, un aereo – il capitale “fisico” - distrutto da un attentato può essere ricostruito, perché solo il capitale “umano” sa fare le cose, mentre il contrario non è vero. Perciò, finché il capitale umano è preservato, l'impatto economico del Terrorismo non può che essere modesto. Il Terrorismo punta, infatti, sul capitale umano: sulla paura, sulla perdita della fiducia nel futuro, sul timore a muoversi, viaggiare, investire, o anche uscire di casa. Dopo un po' questi effetti sono riassorbiti e gli umani tornano attivi. Cadono le Due Torri, ed ecco che sorge una nuova domanda per edifici, per computer, e via dicendo. Così come sorge una nuova domanda per sistemi di sicurezza. Questa nuova domanda può persino compensare la minor domanda che si ha per effetto dei minori consumi di servizi di ristorazione, di trasporto, eccetera. Ed il PIL può addirittura crescere.

Fin tanto che gli attentati sono grandi ma infrequenti (le Due Torri, Madrid, Londra, Parigi, Bruxelles), oppure piccoli ma frequenti (le intifade in Israele), non si hanno effetti sistemici né sulla vita di tutti i giorni né sull'economia. Non abbiamo perciò a che fare con un rischio in grado di far deragliare il nostro sistema (Modernità, Mercato, Stato Sociale).

La guerra del terrore in realtà divampa non in Occidente, ma nel mondo musulmano, dove sta mettendo in ginocchio le economie emergenti come l'Egitto, la Nigeria o, negli anni scorsi, il Pakistan, prendendo di mira lo sviluppo stesso di queste nazioni. Si potrebbe obiettare che questa ”indifferenza” dei mercati finanziari verso il Terrorismo in Occidente potrebbe essere un grave errore, se gli attentati fossero grandi e frequenti. Vero, ma si potrebbe contro obiettare che in quel caso ci sarebbe una reazione forte, in grado di fermalo.

Digressione 1- La borsa europea è circa pari a due terzi del PIL, quindi è intorno ai dieci mila miliardi di euro. Poniamo che in un giorno sia scambiato il 5% dei titoli, quindi cinquecento miliardi. Questo scambio poniamo che avvenga con i prezzi che cadono del 10%, quindi cinquanta miliardi di euro. Attenzione lo scambio avviene per il 5% dei titoli, non su tutti. Se tutti i titoli fossero scambiati, avremmo altri prezzi. Si prende lo stesso tutta tutta la capitalizzazione di dieci mila miliardi e la si riduce del 10%, e quindi si sostiene che sono stati “bruciati” mille miliardi.

Digressione 2 – Ben diverso dal Terrorismo è l'impatto della caduta del prezzo del petrolio, come si evince dal grafico. Per le ragioni: http://www.centroeinaudi.it/le-voci-del-centro/send/2-le-voci-del-centro/871-perch%C3%A9-il-petrolio-a-buon-mercato-non-ci-ha-restituito-il-sorriso.html

Oro nero
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