Si dibatte (da decenni) sulla necessità di ridurre (in rapporto al PIL) il nostro debito pubblico. Come? Si hanno diversi approcci. Qui ne esponiamo sei. La nostra preferenza è per l'opzione numero sei, e, in subordine, la tre. Le altre opzioni o sono irrealistiche o sono pericolose. La nota è esplicitamente ispirata allo schema che trovate qui (1). Manca un punto essenziale nella nostra nota. Quale delle opzioni esposte è la più probabile - ciò che non coincide necessariamente con la più auspicabile. Per affermarlo, si dovrebbe già immaginare l'opzione che sarà scelta dalle forze politiche prevalenti. In fondo alla nota una guida ai nostri lavori su questi argomenti.

1 – Gli altri che condividono il rischio? 

L'idea è che gli altri stati dell'Euro-zona si accollino, almeno in parte, il debito del Bel Paese (1 – per la versione colta, 2 – per la versione pop). Un'opzione improbabile, perché nelle aree a moneta unica che hanno già raggiunto l’unità politica - come gli Stati Uniti - questo non accade. La ragione della non condivisione da parte dello stato centrale dei debiti generati dei diversi stati è che si alimenterebbe la tentazione dei singoli stati di seguire una politica fiscale molto accomodante, i cui costi – ossia il debito pubblico che ne scaturisce - sarebbero condivisi anche da chi è stato “virtuoso”. Il debito degli stati resta così responsabilità di chi lo ha emesso sia negli Stati Uniti sia - per ora e molto probabilmente anche in futuro - nell'Euro-area. Più precisamente, negli Stati Uniti i singoli stati debbono avere il bilancio in pareggio e possono andare in deficit solo per finanziare gli investimenti. Non che non vi siano gli aiuti. Si aiuta solo chi si trova in una crisi grave, ma ciò avviene - quando avviene – in maniera condizionata. Nell'Euro-area abbiamo lo strumento dello European Stability Mechanism. Segue dal ragionamento condotto fin qui che gli eurobond, semmai un giorno ci saranno, saranno emessi per finanziare solo il deficit centrale dell'Euro-zona, non per sostituire il debito dei singoli stati. 

1 - https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3208267

2 - https://www.valigiablu.it/gabanelli-debito-critiche/

2 – Vendere il patrimonio pubblico?

Si ha una difficoltà pratica ed un problema teorico. La prima ricorda che non si sono avuti dei casi di riduzione significativa del debito pubblico attraverso la cessione del patrimonio. La seconda sostiene che, se la cessione avviene al valore pieno dell'attività, allora venderla o tenerla nel bilancio dello stato non fa differenza. Il debito pubblico netto sarebbe, infatti, eguale al debito pubblico post vendita a valore pieno. Perciò la cessione del patrimonio ha senso da parte dello stato se avviene sopra il valore pieno - ma in questo caso ci rimettono i privati. Se, invece, avviene sotto il valore pieno, ci rimette lo stato. E perchè mai quest'ultimo dovrebbe vedere sotto il vaore pieno? Una risposta è quella che sostiene che i privati sono più efficienti dello stato nella gestione delle attività, e dunque che alla lunga lo stato incassa - grazie alla privatizzazione - più imposte di quante altrimenti incasserebbe. In proposito si possono citare dei casi a favore e contro senza giungere ad una conclusione.

3 – Che dire della ricetta della spesa pubblica in deficit?

Se ho un debito con la banca di dieci mila euro e guadagno dieci mila euro sono messo peggio di quanto sarei con un debito di cinquantamila euro se il mio reddito fosse di cento mila euro. Ossia, quel che conta è il rapporto fra il debito ed il reddito, nel nostro caso il rapporto fra il debito pubblico ed il PIL.

Non meraviglia perciò che si abbia chi propone per portare sotto controllo il debito (il numeratore) di far crescere il reddito (il denominatore). Per ridurre il rapporto tra debito/PIL occorre agire sul denominatore, ossia bisogna crescere di più e per crescere di più – secondo alcuni - occorre fare più deficit. Si aumenta il deficit, e quindi aumenta il PIL. Quest'ultimo aumenta grazie ai moltiplicatori – ossia grazie al maggior reddito che sorge a seguire la spesa iniziale. Insomma, grazie ai moltiplicatori il PIL sale, e sale più del debito che inizialmente si forma per farlo ripartire. Segue dal ragionamento che il rapporto Debito/PIL scende. Può però accadere che, grazie ad un deficit più elevato, aumenti il PIL, ma non il suo tasso di crescita di medio periodo. Intanto che il debito è diventatato maggiore e può crescere per effetto degli interessi che magari riprendono a salire. In questo caso, la soluzione della spesa pubblica in deficit non funziona (1).

1 - http://www.imf.org/en/News/Articles/2015/09/28/04/53/sores093014a

4 – E dichiarare bancarotta?

Più di due terzi del debito pubblico italiano è detenuto dagli italiani stessi. Dichiarare bancarotta (pop: default) comporta perciò una tassa di entità abnorme a rivalere sugli italiani stessi. Inoltre, la parte del nostro debito di pertinenza dei non residenti è detenuta soprattutto nell’area dell’euro. Quest'ultima – dato il peso dell'Italia - entrerebbe subito in crisi se dichiarassimo bancarotta con effetti pesanti per la nostra stessa economia che esporta soprattutto nell'Unione Europea. Senza contare che una volta che si sia dichiarata bancarotta non si vede chi possa – e per molto tempo - tornare a finanziare con obbligazioni la spesa pubblica quando è in deficit. Rimane a quel punto solo l'emissione di moneta nazionale, con il rischio di emetterne più de necessario, e quindi cadere nela spirale della iper-inflazione.

5 – Riesumare l'oro per la Patria

Si emettono titoli di stato che solo i residenti possono comprare. Ciò riduce i potenziali acquirenti, e quindi, per un volume dato di emissioni, salgono i tassi di interesse sul debito. E se i connazionali cambiassero idea? Li si può obbligare a tenere titoli di stato con dei vincoli di investimento. La “repressione finanziaria” è stata decenni fa uno dei strumenti per ridurre il debito. Uscire dall'euro e finanziare il deficit con le Lire è un altro modo per “dare oro alla Patria”. Uscire dall’euro, svalutando e causando inflazione grazie all'emissione di Lire è una tassa su chi ha comprato i titoli di stato. Monetizzare il deficit senza inflazione sarebbe possibile se e solo se chi viene ripagato in nuove Lire sia disposto a detenerle in quantità crescenti senza cercare di liberarsene. Il che è piuttosto improbabile.

6 – La saggezza dell'inerzia è una soluzione?

Si abbia un avanzo primario - la differenza tra entrate e uscite al netto degli interessi - del 1,5-2 per cento del PIL. Con questo livello di avanzo primario, che poi è quello corrente, il debito scenderebbe a una velocità accettabile solo con tassi di interesse molto bassi. Immaginiamo un avanzo primario doppio, del 3,5-4 per cento. Facendo i conti: 1) la crescita è quella corrente stimata, 2) la spesa pubblica reale al netto di quella per interessi resta invariata, 3) da 1) e 2) si ricava dopo poco tempo il pareggio di bilancio, la stabilizzazione del debito, e poi una sua riduzione rispetto al PIL che cresce ad un passo di 3 punti percentuali l’anno. Piano piano ci si allontana dal rischio grave.

(1) https://it.businessinsider.com/debito-pubblico-la-ricetta-di-cottarelli-per-uscire-dal-tunnel-bisogna-portare-lavanzo-primario-al-35-4/

Per approfondire:

Qui la sintesi di economia e politica del Bel Paese a seguito delle ultime elezioni e i molti link dei lavori precedenti: https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/ricerche/4944-le-elezioni-ultime-sono-una-novit%C3%A0.html; Due aggionamenti. Il reddito di cittadinanza: https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/4970-complicazioni-intorno-al-reddito-di-cittadinanza.html; Euro e sovranità: https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/4956-l-euro-come-instrumentum-regni.html

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