Specie ora che è arrivato il DEF (1) fioriscono i comportamenti da hooligan (2). Questi comportamenti si contrappongono a quelli da hobbit (3). In questo secondo caso ci si isola, mentre nel primo si prende partito, ma da tifosi. In alternativa, si può diventare vulcan (4), se si prova a non avere delle opinioni prefissate. La tassonomia la si trova qui (5).

 1 – L'approccio da hooligan

Il Governo ha appena dichiarato che ha in programma un deficit pari al 2,4% del PIL per il prossimo triennio. Ecco che questo intendimento trova subito – nel sistema mediatico - chi ricorda – proprio per anticipare le polemiche della parte avversa - che Renzi ne voleva uno maggiore, pari al 2,9% del PIL. Quindi non si difende il merito della decisione, ma si ricorda a chi è pronto ad attaccare che “chi non ha peccati lanci la prima pietra”. Ossia, secondo il famoso adagio, se tutti peccano, nessuno è peccatore. Lo scorso anno Renzi giustificava la proposta anche con il costo dei terremoti e dell'accoglienza dei migranti. Oggi non ci sono, per fortuna, i terremoti, mentre il Governo in carica si vanta di avere ridotto in maniera quasi definitiva lo sbarco dei profughi. E dunque non ci si può appellare a delle cause esterne per spendere di più in deficit. Ci si sposta così su quelle interne, ossia si vuole il rilancio, perché siano gli italiani a primo posto e non gli imbelli cosmopoliti amici dei migranti.

Questo del ritorno tellurico contro lo sradicamento – un fenomeno già emerso negli anni Trenta - è vicenda ormai globale: America first, Veri Finlandesi, ecc. Come i tifosi che mostrano agli avversari le sciarpe con i colori della beneamata, così gli schieramenti politici si combattono con affermazioni ad effetto. Ciò non è una novità, avendo il Bel Paese registrato nel corso dei decenni i cortei e le adunanze con le monetine ai corrotti, con i girotondi degli onesti, con i Vaffa-day alla classe dirigente.

2 – L'approccio da vulcan

Il governo intende mantenere il rapporto deficit-PIL al 2,4 per cento nel periodo 2019-2021. Un deficit al 2,4 per cento del PIL è in netto rialzo rispetto al deficit tendenziale dello 0,9 per cento del PIL previsto dal governo precedente per il 2019.

Proviamo a ragionare da vulcan (6). Lo 0,9 di deficit previsto dal governo precedente per il 2019 era il risultato di una crescita del 2019 del 1,4 per cento. A causa del rallentamento delle economie - e non solo della nostra - la crescita attesa per il 2019 ora non arriva al 1 per cento. Ciò che che porta il vecchio deficit calcolato con la nuova crescita al 1,2 per cento del PIL. Se si tiene conto che il dato tendenziale precedente incorporava fra le entrate uno 0,8 per cento del PIL come frutto degli aumenti automatici delle imposte indirette, ecco che si ha un andamento della vecchia manovra - aggiustata non solo per la minor crescita ma anche per le voci in entrata - vicino al 2 per cento. Si può dire allora che il 2,4 per cento previsto dal governo per il 2019 si limita ad aggiungere un modesto 0,4 per cento – 6 miliardi di euro circa - ai “numeri di Gentiloni”. Si direbbe che i tifosi sovranisti della spesa in deficit e i tifosi cosmopoliti dell'austerità si agitano inutilemente, dal momento che si ha a che fare - volenti o meno - con uno stentato pareggio.

Questa modesta variazione della spesa in deficit ha - nelle intenzioni del nuovo governo - lo scopo di accelerare - vedremo nel paragrafo successivo che cosa dicono i moltiplicatori su questa crescita indotta, ossia se è verosimile - il passo della crescita. Con una crescita reale del 1,6 per cento del PIL e un’inflazione – più precisamente con un deflatore del PIL - del 1 per cento, si ha una crescita nominale del PIL del 2,6 per cento (1,6 + 1). Il rapporto debito/PIL - grazie a questo andamento - potrebbe sì scendere, ma solo di un punto percentuale circa  – la differenza tra il 2,4 del deficit e il 3,6 del prodotto della crescita del PIL nominale.

Lo sforamento degli impegni - alias il maggior deficit con un debito in sostanza invariato - non è però sufficiente a far fronte alle promesse – peraltro di molto ridotte rispetto a quanto dichiarato ai tempi delle elezioni – degli esponenti della maggioranza. Se, infatti, si sommano le varie misure di spesa - pur riviste dopo le elezioni - e si sottrae sul fronte delle entrate la “pace fiscale”, si arriva a più o meno 17 miliardi (7). Ergo, mancano una decina di miliardi (17 – 6) per soddisfare le (pur ridotte) promesse elettorali. Giocoforza è allora riesumata - e per l'ennesima volta - la “spending review”. Quest'ultima, se attuata, taglierebbe la spesa e quindi attenuerebbe, almeno nel breve termine, l'impatto della manovra fatta di maggior spese in deficit.

3 – Appunto sui moltiplicatori

La maggior spesa per consumi – frutto delle imposte ridotte per alcune fasce di cittadini e del reddito di cittadinanza – dovrebbe – secondo quanto in parte è nei numeri resi pubblici dal nuovo governo e in parte è nelle considerazioni verbali di alcuni dei suoi esponenti - stimolare la crescita economica. Lo stesso vale per le maggiori spese per investimenti, di cui purtroppo non abbiamo parlato, perché non abbiamo ancora dei riferimenti. Qui entrano in gioco i moltiplicatori. L'argomento è controverso.

Un moltiplicatore “moltiplica” il reddito se è maggiore di 1, ossia se lo stato spende un euro in più e il PIL cresce per più dell'euro speso. Il moltiplicatore moltiplica molto se l'economia è in depressione, perché la spesa pubblica stabilizza la domanda, mentre riduce l'apprensione degli investitori e dei consumatori, ossia un euro “produce” più di un un euro. In condizioni normali, invece, i moltiplicatore moltiplica poco, ossia un euro “produce” meno di un euro (8). Oggi non siamo in depressione, l'economia, infatti, cresce molto poco, ma cresce.

Questa dell'efficacia dei moltiplicatori che è massima in depressione ma non in condizioni normali è la prima argomentazione scettica sul loro ruolo “salvifico”. Va però ricordato che il moltiplicatore degli investimenti ha comunque una sua valenza (ma non "salvifica") anche al di fuori di un contesto di depressione (9).

La seconda argomentazione scettica è questa: i moltiplicatori sono tanto maggiori quanto più solida è la posizione fiscale del governo (10). Ossia, un governo che ha un gran debito pubblico avrà un moltiplicatore meno pimpante di uno che ne ha uno ridotto. Nel caso italiano, se si spende in deficit e il PIL non cresce abbastanza, il debito pubblico crescerà più del PIL. Nel caso di un aumento dei tassi e dei rendimenti il debito diventerà più oneroso, e sarà tanto più oneroso tanto maggiore è il debito. Per fronteggiare un elevato onere del debito si dovranno - come scelta immediata - alzare le imposte, così deprimendo l'economia.

Note:

1- Il DEF definisce la manovra di finanza pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale. Nel DEF si delineano gli scopi pluriennali che si intende perseguire e si delimita l'ambito entro cui costruire il bilancio annuale. Il Governo è impegnato a redigere il successivo bilancio annuale secondo quanto scaturisce dal dibattito parlamentare.

2 – Termine associato ai giovani violenti, in genere tifosi di calcio.

3 – Gli hobbits non si interessano di ciò che accade fuori da loro mondo, amano solo mangiare e bere. Organizzano molte feste dove trascorrono gran parte del loro tempo.

4 – Termine associato a chi si comporta in maniera distaccata, cambiando opinione quando opportuno: “When the Facts Change, I Change My Mind. What Do You Do, Sir?”, sentenza attribuita, ma non è sicuro, a Keynes.

5 – J. Brennan, Against Democracy, Princeton, 2016

6 - http://www.lavoce.info/archives/55280/il-mancato-rispetto-degli-impegni-e-lazzardo-dei-conti-del-governo-lega-m5s/

7 – Uscite: Reddito di cittadinanza, 10 miliardi. Aliquota di imposta al 15 per cento per 1,5 milioni di partite Iva, 1,5 miliardi. Quota 100 (62 anni + 38 di anzianità) per superare la legge Fornero, 6-8 miliardi. Risarcimenti ai truffati dalla banche, 1,5 miliardi. Entrate: Condono per i contribuenti con pendenze con il fisco, 3 miliardi.

8 – I moltiplicatori sono il rapporto fra la variazione del PIL (ΔY) dovuto a una variazione discrezionale della spesa e/o delle imposte (ΔG e/o ΔT). Il moltiplicatore misura l'effetto di un euro di spesa in più o in meno e/o di effetto di un euro in più o meno di imposte sul PIL. Un moltiplicatore “virtuoso” spinge il PIL sopra un euro per un euro di spesa o di taglio delle imposte. Per non complicare il testo riportiamo qui il grafico che mostra le stime dei diversi moltiplicatori per le economie avanzate. Il taglio delle imposte e la spesa pubblica per investimenti sono le variabili che più muovono i moltiplicatori, che però non sono - in questo studio - maggiori di 1

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Fonte del grafico: https://www.imf.org/external/pubs/ft/tnm/2014/tnm1404.pdf

9 - https://www.imf.org/en/News/Articles/2015/09/28/04/53/sores093014a

10 - https://voxeu.org/article/fiscal-multipliers-and-fiscal-positions-new-evidence7