Ecco il titolo dell'incontro (1): “Il crollo dell’Unione sovietica e la stagione ultra-liberista degli anni Ottanta e Novanta hanno prodotto un economicismo esasperato – It’s the economy, stupid! – e il divorzio tra finanza ed economia, concorrendo all’odierna crisi delle democrazie occidentali. Qual è il ruolo dei poteri finanziari nel convulso panorama geopolitico attuale? Di fronte ai problemi dell’economia mondiale, il capitalismo deve cambiare pelle? E come?”. Ed ecco la traccia del mio intervento.

1 - Possiamo suddividere gli ultimi decenni in tre sotto-periodi. Laddove si vede che è successo di tutto e di più (2), (3), (4), (5).

2 - Fatta la premessa, entriamo nel merito. Il cosiddetto liberismo si è affermato ben prima che l'Unione Sovietica crollasse. Con la Thatcher e Reagan circa un decennio prima. Prima di rientrare nel percorso centrale del dibattito del convegno è utile sfatare un mito, quello che afferma che i grandi economisti si occupino solo di economia (6), (7).

3 – Negli ultimi quaranta anni nel mondo è successo di tutto e di più, mentre gli economisti che hanno influenzato il secolo avevano in mente di trovare la soluzione dei problemi di natura politica. Abbiamo poi visto che il liberismo non sembra essersi più di tanto affermato in Occidente per la forte presenza della rendita. Passiamo ora alla finanza. Mostriamo prima - con un esempio che si riferisce all'Italia - come i mercati finanziari siano un contro potere che vincola il Principe. Mostriamo poi come la finanza si sia “staccata” dall'economia reale e come - nella soluzione della crisi del 2008 - sia stato l'intervento della Banca Centrale degli Stati Uniti a togliere “le castagne dal fuoco” (8), (9).

4 - Allo stato si hanno quattro opzioni di politica economica: quelle keynesiane suddivise in tre tipi, e quella austriaca. La prima opzione keynesiana vuole un ritorno della spesa pubblica in un contesto di minori diseguaglianze, la seconda vuole un ritorno della spesa pubblica senza altre specificazioni, la terza vuole un ritorno della spesa pubblica combinata con delle riforme sul lato dell'offerta. La quarta opzione propone una “de-finanziarizzazione” dell'economia combinata con il prevalere delle politiche dell'offerta (10).

Come sempre accade esistono elementi di verità in ognuna delle suesposte opzioni. La domanda vera alora è: quale, alla fine, prevarrà nell'arena politica?

5 - Lo spirito dei primi anni Novanta (11).

Agli inizi degli anni Novanta in un grattacielo di Londra – sede di una grande banca – mi sentii dire che ormai le cose del mondo erano cambiate. La caduta dell’Unione Sovietica mutava le prospettive finanziarie dell’Europa continentale. Le imprese tedesche avevano bilanci troppo prudenti. Se redatti come quelli delle imprese britanniche, gli utili sarebbero raddoppiati. Ossia, tecnicamente, le imprese tedesche esageravano con gli ammortamenti. L’Est Europa sarebbe poi diventato una miniera d’oro, con tutte le privatizzazioni, le fusioni e le acquisizioni che si sarebbero avute. La City si sarebbe mossa verso l’Europa, anche perché ormai in Gran Bretagna aveva poco da fare, dopo un decennio d’intense privatizzazioni.

Agli inizi degli anni Novanta in un grattacielo di New York – anch’esso sede di una grande banca – un ambasciatore di Sua Maestà spiegava la prima guerra del Golfo come un’esibizione di supremazia tecnologica. Caduta l’Unione Sovietica, si mostrava al mondo che gli Stati Uniti erano in grado di dargli un ordine. Alla domanda: «Non capisco il cambio dello yen, per tenerlo debole i giapponesi accumulano una gran quantità d’attività finanziarie statunitensi, anzi ne accumulano troppe», l’ambasciatore rispose che eravamo sul terreno della grande geopolitica. I giapponesi, detenendo molte attività finanziarie americane, che potevano vendere in ogni momento, avrebbero potuto influenzare gli Stati Uniti nel contenere l’ascesa della potenza cinese.

Agli inizi degli anni Novanta in un grattacielo di Francoforte – di nuovo sede di una grande banca – mi fu spiegato che cosa avevano in mente i tedeschi. Solamente con una moneta unica si sarebbe potuto costruire un mercato dei capitali enorme, il solo in grado di finanziare l’industrializzazione dell’Est Europa. Il mercato finanziario europeo – grazie alla moneta unica – si sarebbe emancipato da quello degli Stati Uniti. Esso avrebbe avuto la stessa dimensione – soprattutto quello obbligazionario – e non sarebbe stato influenzato dalla politica monetaria degli Stati Uniti.

Agli inizi degli anni Novanta in una modesta villa della Baviera – buen retiro di un esponente di spicco della CDU in terra CSU – mi fu spiegato che i tedeschi occidentali non si aspettavano una caduta così repentina della DDR. Neppure si aspettavano che la sua economia fosse così malmessa. I consulenti – una famosissima casa statunitense – avevano stimato, per un onorario impressionante, il valore dell’industria della Repubblica Democratica Tedesca. Sulla base di questa stima, fu costruita l’Iri tedesca – il Treuhand Anstalt, che avrebbe dovuto acquisire, ristrutturare e poi privatizzare il suo apparato. Quel che si vedeva dopo qualche anno era solo un boom edilizio, con le imprese ex DDR che venivano comprate solo al prezzo del loro valore immobiliare.

Agli inizi degli anni Novanta nel palazzo Wallenstein di Praga un banchiere berlinese raccontò durante una cena che finalmente si tornava alla Mitteleuropa, da lui definita come il cuore pulsante della Civiltà. I mezzi finanziari abbondavano e tutto quanto sarebbe stato costruito, sulle ceneri di una rovina che aveva all’origine le ubbie di un signore – definito con sprezzo «il maestro delle elementari Wilson» – che ignorava l’importanza della Chiesa e degli Asburgo. Un ufficiale statunitense della Nato si voltò verso di me, dicendo sottovoce che i tedeschi sono e moriranno «socialisti» (sic). «Lo dico a lei, perché degli italiani possiamo fidarci. Questi, invece, fanno di testa loro!».

Questo era il clima agli inizi degli anni Novanta. La posta in gioco era l’Europa dopo la caduta dell’Urss. Agli europei il resto del mondo non interessava. Si ricominciava daccapo. L’euro era lo strumento strategico per rimettere in moto le cose. Il cuore dell’Europa era la Germania, finalmente pacificata con la Francia. Si noti che – nel 1993 – fu tentato l’attacco al franco francese – sorta di assalto finale alla moneta unica. A differenza di quel che accadde ai tempi dell’attacco alla lira del 1992, la Bundesbank vendette tutti i marchi che servivano per comprare i franchi, e nulla accadde. Il segnale era chiaro. L’euro si fa. Punto.

6 - Approfondimenti. 

1 - http://biennaledemocrazia.it/evento/capitalismi-contro-il-ruolo-dei-mercati-nellera-del-ritorno-della-storia/

2 – Giddeon Rachman, Zero-Sum Future, 2010, Simon & Schuster.

3 - https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/5070-la-globalizzazione-%C3%A8-in-ritirata.html

4 - Mario Deaglio (a cura di), Il Mondo cambia pelle?, 2018, Guerini, da pagina 65 a pagina 80. 

5 - Leszek Kolakowski, Lo spirito rivoluzionario, La radice apocalittico-religiosa del pensiero politico moderno, 2013. Pgreco, da pagina 7 a pagina 21. 

6 - https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/5046-la-grande-crisi-di-dieci-anni-fa-%E2%80%93-quarta-puntata.html

7 - https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/5083-dove-sta-il-%E2%80%9Clibberismo%E2%80%9D.html

8 - https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/5031-la-grande-crisi-di-dieci-anni-fa-%E2%80%93-prima-puntata.html

9 - http://www.limesonline.com/crisi-economica-finanziaria-2008-subprime-usa/110348

10 - https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/4217-opzioni-di-politica-economica.html

11 - http://www.limesonline.com/cartaceo/geopolitiche-delleuro