Ecco la traccia del mio intervento ad un dibattito fra soli specialisti che si tiene domani a Milano sul ruolo dell'associazione degli imprenditori nel prossimo futuro.

 

 

Le polemiche in corso nascondono la contrapposizione fra il popolo dei cittadini e il popolo dei creditori. Il popolo dei cittadini è nazionale, quello dei creditori è internazionale; i creditori “votano” ogni giorno attraverso i mercati definendo il rischio del debito pubblico, mentre i cittadini votano ogni cinque anni definendo le forze al governo. I primi sono interessati ai servizi dello Stato Sociale e non danno peso al meccanismo del loro finanziamento, i secondi sono interessati alla credibilità degli impegni finanziari dello stato e non danno peso alla legittimità politica necessaria per perseguire i propri intendimenti.

Questa contrapposizione ultimamente ha preso la forma della “ribellione delle masse” ma “virtuali” (1). Tempo fa non esisteva un astio profondo come quello di oggi verso le classi dirigenti, che, secondo i critici, si giustifica per l'uso fatto a loro esclusivo interesse della politica economica.

Secondo questo punto di vista, la politica monetaria ha spinto al rialzo le attività finanziarie che, in massima parte, sono detenute dai benestanti, mentre le politiche fiscali dette "austere" hanno congelato i servizi offerti alla popolazione meno abbiente. Non solo la politica economica ha contribuito all'astio, ma anche la sempre maggior importanza delle “rendite”. Queste ultime sono da intendere come quei redditi che non traggono origine dal successo imprenditoriale - in questo caso sarebbero, infatti, “profitti” - ma dalla protezione politica, come la rendita fondiaria (2).

In breve, la politica economica – volta a dotare di un paracadute i benestanti, vale a dire volta a non far cadere il prezzo delle azioni e delle obbligazioni - e la struttura dell'economia - divenuta in misura crescente "redditiera" - hanno contribuito a redistribuire a sfavore dei meno abbienti il reddito, la ricchezza, ed anche, e forse questa è la cosa più importante, le opportunità. Insomma, quel che raccontano i populisti, e quel che sembra essere all'origine – il senso di “ingiustizia” insieme al “ressentiment” - del loro successo.

Una crescita robusta è dunque necessaria. Già, ma come ottenerla? Abbiamo in campo l’idea (maggioritaria) di una politica trainata dalla domanda, ed una trainata dall'offerta (minoritaria).

Una politica centrata essenzialmente sulla domanda – ultimamente i trasferimenti per le pensioni e per il reddito di cittadinanza – non sembra un motore adatto. Una politica centrata sulle infrastrutture è molto meglio, ma non esaustiva. In nota trovate una digressione sulla vicenda dei moltiplicatori che, contraiamente a quanto si vorrebbe, sono modesti (3).

Ed ecco l’argomentazione a favore della politica dell’offerta. In Italia, su sessanta milioni di abitanti solo 23 milioni lavorano. I disoccupati non sono poi molti – 3 milioni, mentre molti sono gli inattivi in età di lavoro – 13 milioni. Vedi il grafico. Quindi i disoccupati e gli inoccupati sono circa nello stesso numero degli occupati. Quelli che lavorano sono quasi tutti occupati nelle imprese con al massimo dieci dipendenti. Le imprese italiane di piccola dimensione hanno una produttività inferiore a quelle delle imprese tedesche e francesi della stessa classe, mentre quelle di dimensione maggiore hanno una produttività eguale o maggiore (4). Dunque il punto non è l'”italianità incapace di fare industria” o “l”euro che ci ha rovinati”. I salari possono salire stabilmente – e quindi aiutare il finanziamento sia della spesa pubblica sia di quella pensionistica - solo se aumenta la scala delle imprese e quindi il valore aggiunto distribuibile generato dalle stesse.

 

1 - https://www.centroeinaudi.it/agenda-liberale/articoli/4865-la-ribellione-delle-masse-virtuali.html

2 - https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/4825-immobili-e-diseguaglianza.html

3 - La maggior spesa per consumi – frutto delle imposte - ridotte dovrebbe stimolare la crescita economica. Lo stesso vale per le maggiori spese per investimenti. Qui entrano in gioco i moltiplicatori. L'argomento è controverso. Due ragioni per lo scetticismo.

Un moltiplicatore “moltiplica” il reddito se è maggiore di 1, ossia se lo stato spende un euro in più e il PIL cresce per più dell'euro speso. Il moltiplicatore moltiplica molto se l'economia è in depressione, perché la spesa pubblica stabilizza la domanda, mentre riduce l'apprensione degli investitori e dei consumatori, ossia un euro “produce” più di un un euro. In condizioni normali, invece, i moltiplicatore moltiplica poco, ossia un euro “produce” meno di un euro. Oggi non siamo in depressione, l'economia, infatti, cresce molto poco, ma cresce.

Questa dell'efficacia dei moltiplicatori che è massima in depressione ma non in condizioni normali è la prima argomentazione scettica sul loro ruolo “salvifico”. Va però ricordato che il moltiplicatore degli investimenti ha comunque una sua valenza (ma non "salvifica") anche al di fuori di un contesto di depressione.

La seconda argomentazione scettica è questa: i moltiplicatori sono tanto maggiori quanto più solida è la posizione fiscale del governo. Ossia, un governo che ha un gran debito pubblico avrà un moltiplicatore meno pimpante di uno che ne ha uno ridotto. Nel caso italiano, se si spende in deficit e il PIL non cresce abbastanza, il debito pubblico crescerà più del PIL. Nel caso di un aumento dei tassi e dei rendimenti il debito diventerà più oneroso, e sarà tanto più oneroso tanto maggiore è il debito. Per fronteggiare un elevato onere del debito si dovranno - come scelta immediata - alzare le imposte, così deprimendo l'economia.

4 - Ecco i grafici: http://www.oecd.org/economy/surveys/Italy-2019-OECD-economic-survey-reviving-growth.pdf. Li trovate anche qui: https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/5107-le-scelte-del-bel-paese-nei-prossimi-mesi.html

Primo grafico. La produttività italiana è comparativamente molto modesta come media, ma attenzione alla varianza. Secondo grafico. Disaggregando per classi dimensionali, si vede che l'Italia ha delle imprese ad alta produttività, ed ecco la varianza. Terzo grafico. I giovani sono più poveri della media. Quarto grafico. I poveri in Italia sono meno protetti che da altre parti. Quinto grafico. Le donne non possono lavorare in gran numero per mancanza di asili.

 

nanismo1
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