Nella ricerca delle condizioni di equilibrio dei mercati finanziari abbiamo sempre cercato di evitare i posizionamenti estremi senza volere essere sostenitori a tutti costi di una moderazione di maniera. Da diverso tempo le preoccupazioni sulla sostenibilità delle quotazioni della Borsa americana si manifestano ripetutamente, e con forza, per ragioni legate sia al livello e alla qualità degli utili delle società americane sia alla tempistica della fine del Quantitative Easing attivato dalla banca centrale americana.

Il deciso rafforzamento del dollaro rispetto a tutte le altre valute, iniziato un anno fa, ha introdotto un nuovo elemento di riflessione associato alle più consuete aspettative sul livello dei tassi a lungo termine. Un ulteriore elemento che è entrato in gioco è l’inizio dell’ultimo anno di mandato del presidente Obama, il cosiddetto anno dell’anatra zoppa quando il potere decisionale del capo dello stato americano tende ad indebolirsi.

Questo ultimo elemento si riflette nell’andamento dell’indice di incertezza intorno alla politica economica misurato dal sito www. policyuncertainty.com che già dall’anno scorso segnala un deciso rialzo. A questo indicatore è stato associata la crescita implicita di lungo termine degli utili delle società americane (1). Questa è misurata con un modello econometrico (2) che si basa sugli utili stimati dal consenso degli analisti e sul tasso decennale, valori che vengono scontati per il premio per il rischio richiesto per detenere azioni rispetto alle attività non rischiose come le obbligazioni governative. Il premio per il rischio è rilevato da un sondaggio della Duke University effettuato su un campione di Direttori Finanziari delle principali società americane, valore che a marzo 2015 era indicato al 5,2%.

L’analisi segnala una crescita implicita degli utili prossima al 10% che si confronto con una valore storico medio del 7% (valore misurato dal 1945). L’abbinamento di una crescita implicita più elevata della media storica con un peggioramento delle condizioni politiche generali si traducono in un risultato che segnala un eccessivo ottimismo sulle prospettive delle corporate americane.

Questa analisi non intende aggiungere un inutile tassello alla pubblicistica sui crolli ma semplicemente segnalare la necessità per gli Stati Uniti di verificare la portata delle politiche monetarie in termini di impatto sulla crescita economica più di quanto accadesse nel recente passato. Non avendo il supporto del dollaro ed essendo in fase di assorbimento il QE, diventa cruciale capire l’impatto interno dell’effetto monetario sull’ammodernamento del capitale fisso e sul processo produttivo in generale. E’ presumibile che la FED sia più di chiunque altro estremamente sensibile a queste dinamiche e che persegua l’interesse a mantenere un percorso più lineare possibile, evitando indesiderati scossoni.

1) Nomura, “A Looming Risk to the Downside”, Quantitative Investment Strategy, Aprile 2015

2) Frankel and Lee, “Accounting diversity and international valuation,” NYSE working paper, 1996

 

Incertezza e crescita
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