La misura della vita media del debito di un emittente, sia esso governativo o societario, è un indicatore molto interessante perché, associato al livello del debito e alla capacità di generare flussi finanziari adeguati per pagare le cedole e per affrontare le scadenze, permette di avere un quadro più completo della solidità finanziaria di un emittente. 

Precisiamo. Per vita media del debito si intende il calcolo di quanti anni mancano mediamente alla scadenza di tutte le emissioni, tenendo conto delle singole scadenze e della loro dimensione. Esemplificando: se siamo debitori di 100 euro con scadenza fra un anno e di 100 euro che scadono fra 10 anni avremo 200 euro di debito con una vita media di 5,5 anni ( 10 anni x 100 euro/200 euro + 1 anno x 100 euro/200 euro = 5,5 anni ). Lo spunto per l’analisi proviene da una sintesi grafica di Goldman Sachs sulla durata del debito pubblico dei maggiori emittenti governativi. L’accento è posto sul dato relativo agli Stati Uniti d’America in quanto le emissioni americani segnalano un valore non molto elevato, un po’ meno di 6 anni, superiore solo al debito emesso dalla Svezia e dalla Norvegia (quest’ultima poco sopra i 4 anni).

Al lato estremo superiore troviamo il Regno Unito con un stratosferico valore della vita media di 15 anni, segno che il Tesoro britannico ha una capacità veramente particolare ad emettere obbligazioni sempre con scadenze molto lontane nel tempo. Questa peculiarità inglese non è un fenomeno recente ma probabilmente si è ulteriormente accentuato negli ultimi tempi approfittando della opportunità che il livello storicamente basso dei tassi di interesse ha concesso (e in parte accentuato dalle insolvenze bancarie). Svizzera e Belgio sono altri due emittenti governativi molto “longevi”, tra 9 e 10 anni (nel caso svizzero il dato è quasi simbolico in quanto la repubblica elvetica ha un ammontare di debito pubblico poco significativo). Segue un gruppetto con durata tra i 6 gli 8 anni che comprende Giappone, Francia, Spagna, Germania e Italia.

Questa misurazione non considera la dimensione del debito ma ne descrive una caratteristica importante. Ad esempio, durante la crisi del 1991 il debito pubblico italiano aveva una vita media veramente bassa, poco meno di 3 anni, determinando una evidente preoccupazione per i tempi stretti in cui il Tesoro italiano si sarebbe trovato teoricamente a dover rimborsare BOT, CCT e BTP. Oggi una vita media del debito italiano di quasi 7 anni (*) segnala una situazione decisamente diversa oltre che un perfetto allineamento con gli altri paesi dell’euro zona.

Una ulteriore conferma del percorso di allungamento della vita media dei debiti governativi avvenuta nell’ultimo decennio è fornita dall’OCSE, dato che amplia, sia nel tempo che come campione, quanto recentemente fotografato da Goldman Sachs. Bisogna considerare che le insolvenze delle banche irlandesi, inglesi e islandesi (per citare solo i casi più sistemici), oltre alla ristrutturazione del debito greco, sono fenomeni che hanno comportato un allungamento “forzoso” del debito e che hanno certamente influenzato il dato. In ogni caso, anche al netto degli episodi forzosi, si nota come il valore sia cresciuto dal 2007 al 2015 da circa di 6,5 anni ad oltre 7,5 anni e in maniera diffusa tra tutti gli emittenti governativi, fenomeno che tenderà a perdurare anche per la sola necessità ed intenzione del Tesoro americano di procedere in questa direzione.

(*) http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/debito_pubblico/dati_statistici/Vita_media_ponderata_dei_titoli_di_Stato_31.03.2017.pdf

vitamediadebito1
vitamediadebito1

 

vitamediadebito2
vitamediadebito2