Essendo il tema della globalizzazione complesso e delicato dobbiamo ricorrere ad una visione storica più ampia per guadagnare in prospettiva ed evitare, per quanto possibile, di essere travolti dalla contingenza e dalla deriva ideologica. Per fare ciò ricorriamo ad una rappresentazione grafica che misura il grado di apertura internazionale in termini di interscambio tra le diciassette maggiori economie, partendo dalla seconda metà dell’800 per arrivare ad oggi. Si possono individuare quattro mega-periodi:

In una nota precedente (“Limiti al libero commercio?”, Lettera Economica) avevamo già individuato alcuni vincoli logici alla crescita inarrestabile della globalizzazione, pur partendo da una prospettiva storica meno estesa ma allo stesso tempo da una dimensione maggiore dell’interscambio. Il grafico sui cicli della globalizzazione evidenzia quanto accaduto dal 1990 in poi, ovvero il fenomeno cosiddetto di iperglobalizzazione successivo alla caduta del muro di Berlino. Questo fenomeno potrebbe aver trovato un limite superiore segnalato dalla penetrazione a livello istituzionale di istanze in tema di libera circolazione di beni e servizi una volta confinate in settori marginali della società.

Forse la circolazione dei beni (acciaio, alluminio e via dicendo) è più facilmente imbrigliabile di quanto lo sia la circolazione dei servizi, soprattutto in un mondo in cui il tasso di penetrazione degli smartphones e di altri strumenti di comunicazione elettronica ha raggiunto livelli non reversibili. Inoltre il settore dei servizi è legato al mondo dei beni immateriali di cui fa parte l’informazione e che ha contribuito in maniera più determinante che nel passato allo sviluppo dei legami economici e commerciali.

Non stupisce che sia proprio quest’ultimo aspetto, ovvero la gestione della socializzazione virtuale esemplificata dalle criticità emerse dall’utilizzo delle informazioni contenute in Facebook, ad essere particolarmente chiamato in causa. Il tipo di implicazioni sistemiche che le recente vicende stanno evidenziando alimentano ancor di più la necessità di decifrare un fenomeno che è forse la manifestazione più avanzata del livello di globalizzazione raggiunto e la cui crisi potrebbe essere meno transitoria del previsto.

globalizzazionexpuppini
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