Un criterio relativamente semplice di valutazione dei mercati finanziari come la Regola del 20 (*) mostra una distanza apparentemente anomala nelle valutazioni relative dei mercati azionari, con la Borsa americana che segna i valori più elevati mentre quella italiana ha i valori più sacrificati.

È’ necessario premettere che sono tali e tanti i criteri e le metodologie di valutazione dei mercati finanziari che a nessuno di questi è possibile attribuire un primato di affidabilità. Ma ogni volta che si prova a determinare la qualità e il livello delle quotazioni si acquisiscono informazioni che risultano comunque utili e funzionali al processo di investimento.

Ad esempio, una tra le tante metodologie offerte dalla modellistica finanziaria cerca di definire il possibile rendimento futuro sulla base del CAPE, Cyclical Adjusted Price Earning, elaborato da Robert Shiller e modellizzato da un gruppo di investitori (**). Come tutti i modelli di valutazione che si rispetti è soggetto ai pareri favorevoli degli estimatori e ad altrettante critiche da parte degli oppositori.

Ciò che sembra essere maggiormente interessante è la sostanziale coincidenza di conclusioni con la Regola del 20 nonostante dal punto di vista metodologico i due criteri presentino diversi livelli di complessità, maggiore per il CAPE, minore per la Regola del 20. Il risultato della simulazione, effettuato proiettando sui prossimi dieci anni il rendimento reale (al netto dell’inflazione) annuo atteso sulla base delle valutazioni correnti del CAPE, segnala un valore nullo per le azioni delle società americane grandi e piccole.

Al rendimento reale annuo atteso il modello associa la volatilità attesa, indicatore quest’ultimo del livello di oscillazione dei prezzi che ci si può attendere per ogni mercato azionario considerato. Le azioni delle grande e piccole imprese americane si contraddistinguono per una volatilità attesa più contenuta rispetto agli altri paesi, soprattutto nel caso delle aziende maggiori.

Nella grafica di sintesi delle prospettive di rendimento e volatilità si trova conferma di quanto già in parte evidenziato dalla Regola del 20, ovvero che alcuni paesi della zona euro, tra cui l’Italia, sembrano offrire prospettive di rendimento maggiori (oltre il 5% annuo), peraltro associate a livelli di volatilità prospettica inferiore ai più importanti mercati emergenti.

 

(*) Lettera Economica, La Regola del 20, 3 ottobre 2018

(**) Il modello di stima dei ritorni attesi si basa sulla seguente assunzione: “The most basic equation for calculating the return of an investment is the sum of the change in value of the asset plus any cash flows received during the holding period.” Se la variazione dei flussi di cassa attesi è nullo il ritorno atteso deriva esclusivamente dalla variazione del valore delle attività e dalla crescita dei dividendi. Non vengono fatte assunzioni sulla volatilità da che si presume che sia associata ai valori storici corrispondenti ai rendimenti attesi. In questo modo si spiegherebbe la bassa volatilità delle azioni americane. Per una spiegazione dettagliata:

https://www.researchaffiliates.com/documents/AA-Expected-Returns-Methodology.pdf

 

ritorno potenziale
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