2011

Una difesa del modus vivendi a partire da John Rawls

WP-LPF 5/11

Categoria/Category
LPF
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Abstract

Che ragioni si possono dare agli individui perché si comportino nel modo in cui essi vorrebbero che anche gli altri si comportassero? Quali ragioni o anche quali motivi potrebbero indurli ad adottare una condotta pubblica preferibile ad altre ponendosi nell’ottica che anche gli altri facciano altrettanto? Oltre alle ragioni occorre prendere in considerazione le motivazioni: non basta cioè dire, per esempio, che è giusto e desiderabile rispettare le leggi, bisogna aggiungere perché è ragionevole farlo. Non solo argomenti, dunque, ma anche desideri e bisogni vanno presi in considerazione perché gli ideali non siano troppo astratti e finiscano per diventare utopistici. Una simile preoccupazione è fatta propria da Rawls quando afferma che la desiderabilità della giustizia come equità non può prescindere dalla sua capacità di motivare gli individui ad adottarla. La questione è fondamentale: se si intende elaborare una teoria ideale della giustizia, non ci si può esimere dal soddisfare alcune condizioni di possibilità per la sua concreta ‘adozione’. Mio intento è quello di vagliare la portata realistica della teoria di Rawls, capire cioè se essa corrisponda al suo intento di fare della giustizia un ideale praticabile. Procederò come segue: a partire dall’insoddisfazione accusata da Rawls nei confronti della Teoria della giustizia per il suo «irrealismo», per cui la teoria mostra di non essere, alla luce del fatto del pluralismo, praticabile, mi soffermerò sul rimedio offerto dalla ‘politicizzazione’ della teoria, al centro di Liberalismo politico, in particolare sulla figura del consenso per intersezione e sull’idea di ragionevolezza. A partire dalle critiche mosse a tali figure, proporrò l’adozione di una prospettiva più realistica di quella assunta da Rawls, sostenendo un’idea di modus vivendi stabile che integri il consenso per intersezione e che si offra come via alternativa per l’inclusione di coloro che non condividono la moralità del liberalismo, espressa – nonostante Rawls – nell’idea stessa di ragionevolezza.