Osservatorio Europa (2003)
Il 21 novembre 2002 Tony Blair diceva, in un discorso pronunciato allo European Research Institute di Birmingham: "l’Unione Europea è negli interessi economici inglesi. La Gran Bretagna non ha alcun futuro economico al di fuori dell’Europa".
Ma allora perché non passare dalle parole ai fatti? La ragione ufficiale è che il Regno Unito non rispetta i cinque criteri, fissati nel 1997 dallo stesso governo inglese, che dovrebbero condizionare l’entrata del paese nella zona euro. Questi criteri dovrebbero stabilire, in modo inequivocabile:
- che c’è una convergenza stabile fra le economie del Regno Unito e dell’Unione Europea;
- che l’economia britannica è abbastanza flessibile per adattarsi all’inevitabile rottura con la politica monetaria nazionale e agli choc che ne possono derivare, specie sul mercato del lavoro e sulla politica fiscale;
- che l’effetto dell’entrata nella zona euro sarà positivo sugli investimenti;
- così come sull’industria finanziaria;
- e che sarà positivo anche per la crescita economica e per l’impiego.
Il 9 giugno 2003 il cancelliere dello scacchiere Gordon Brown ha rigettato l’adozione della moneta unica: la nazione non rientra nei parametri, formulati in modo ambiguo e generico, senza tener conto che l’economia non è una scienza esatta e che la sua gestione è un work in progress che deve variare al variare della situazione congiunturale. Gli economisti inglesi sono divisi al riguardo, ma occorre necessariamente considerare la scelta da un punto di vista politico ancor più che economico. Non esistono scelte senza rischi, e qui il rischio politico è senz’altro più imponente di quello economico: il 60% degli inglesi è contrario all’adesione alla zona euro e quindi sarebbe dura far passare il referendum popolare. Inoltre, il sentimento anti-europeista è aumentato durante la guerra in Iraq, quando il Regno Unito si è schierato con gli Stati Uniti senza riserve. Da sempre, con la creazione della cosiddetta terza via, Blair cerca di catturare l’elettore medio, attuando spesso scelte di comodo che lo dividono dai suoi stessi compagni di partito.
Sinceramente, si ha un po’ l’impressione che i laburisti al governo non abbiano le idee chiare, oppure che cambino idea al cambiar del vento. Blair ha definito la sovranità (di cui l’amata sterlina è un simbolo) come il potere di massimizzare la forza del proprio paese negli affari, nel commercio, nella politica estera e nella difesa: come farlo al di fuori dell’Europa e dell’euro? La politica estera inglese, in mancanza di una politica estera europea convincente, si è ridotta a un’azione "ancillare" nei confronti dei fratelli di oltreoceano; per quel che concerne la moneta unica, gli industriali di molti paesi (il Giappone fra gli altri) hanno investito nel Regno Unito prevedendo che questo sarebbe entrato nell’euro e ora alcuni di essi minacciano di ritirare i propri investimenti. Anche personalità politiche in seno alla compagine governativa sono chiaramente favorevoli all’adozione dell’euro (il ministro dell’industria Hewitt, il ministro dell’istruzione Clarke e il ministro per i rapporti con l’Unione Europea Hain), così come figure del partito conservatore e dei liberaldemocratici. Questi ultimi hanno aspramente criticato l’indecisione che domina il governo (infatti, colmo dei colmi, pare che lo scontro principale sia tra lo stesso Blair, vagamente favorevole a un referendum, e Brown, che si dichiara nettamente contrario), poiché essa porterà a una caduta degli investimenti e delle esportazioni e a un aumento del costo della vita per i consumatori britannici. Secondo Taylor (cancelliere "ombra" dei liberali inglesi), la convergenza economica necessita di una volontà politica chiara e basata su programmi stabili, che dia ai cittadini la possibilità di decidere su questioni così importanti.
In ogni caso, l'ingresso della Gran Bretagna nell'Europa è rinviato a data da destinarsi. A questo proposito, pare che gli studi messi a punto negli anni scorsi, e di cui questo sito ha dato notizia, per dimostrare quanto alti siano i costi dell'isolamento monetario per l'economia britannica, non hanno sortito effetti. L'euroscetticismo britannico ha vinto ancora una volta.