Osservatorio Europa (2003)
Alla disperata ricerca di denaro privato da riversare nelle pubbliche casse, l’amministrazione fiscale italiana dimostra tanto zelo da attirare su di sé l’attenzione della Commissione europea.
È stata infatti aperta una procedura d’infrazione contro l’Italia per la mancata o inadeguata applicazione della Direttiva 90/434/CEE, che disciplina il regime fiscale applicabile, tra l’altro, agli scambi azionari tra società. Secondo la Commissione, l’Italia, che pure ha recepito la Direttiva (D. lgs. 544/1992), dimostra una prassi applicativa lesiva delle libertà sancite dal Trattato UE.Il punto focale su cui si innestano le critiche europee al Fisco italiano consiste nell’interpretazione eccessivamente restrittiva che viene data al decreto legislativo. La Direttiva considera fiscalmente neutri gli scambi azionari, pur consentendo agli Stati membri di tassarli se le società che procedono allo scambio attribuiscono ex post ai valori scambiati un valore fiscale superiore. Il Fisco italiano richiede che i valori scambiati siano uguali anche a fini contabili, e non solo fiscali: un eccesso di rigore che potrà condurre a una sentenza della Corte di Giustizia e, da lì, a un buon numero di richieste di rimborso da parte dei contribuenti colpiti. Chi accusa l’UE di tiranneggiare i portafogli dei contribuenti europei questa volta dovrà ricredersi.