Osservatorio Europa (2002)
ll Vertice europeo di Göteborg ha definito una "bozza" di calendario relativo alla chiusura delle negoziazioni con i paesi candidati all'ingresso nell'Unione. Secondo il Commissario Verheugen saremmo ormai giunti al "punto di non ritorno" del processo di allargamento.
Esistono tuttavia numerose incertezze: la previsione di chiudere i negoziati entro il 2002 sembra oggi eccessivamente ottimistica, e questo potrebbe mettere in pericolo l’adesione entro la data fatidica del 2004 del primo gruppo di paesi candidati. Se ormai si sono perse le speranze di avere nell’Unione la Romania e la Bulgaria nella prima tranche degli ingressi, i negoziati, e con essi le profonde riforme interne in atto nei paesi coinvolti, sono in larga parte a buon punto. Dal punto di vista dei paesi candidati, le richieste europee comportano spesso processi di riforma radicali in tutti gli ambiti delle loro politiche interne: dalle politiche sociali all’economia, dalla concorrenza alle politiche ambientali, alla fiscalità. Il principale nodo da sciogliere resta il problema della libera circolazione dei lavoratori: alcuni paesi europei sono disponibili ad accogliere già da subito il prevedibile flusso di immigranti-lavoratori proveniente dall’Est. Molti altri sono del tutto restii ad aprire fin da subito le proprie frontiere, avendo già richiesto un periodo transitorio di sospensione degli accordi di Schengen, che non potrebbe estendersi comunque al di là dei sette anni. A rendere ancora più intricata la vicenda è l’assenza di dati certi relativamente alle previsioni sui flussi migratori. I paesi frontalieri – Germania e Austria in testa – che si sono dimostrati più recalcitranti ad accogliere fin da subito questi eventuali immigrati fondano le loro preoccupazioni più su un prevedibile timore che su dati concreti. La recente richiesta della Commissione agli Stati membri di far conoscere in tempi rapidi le proprie posizioni in merito si scontra dunque con questa inattesa assenza di dati previsionali.
La situazione si complica quando si esaminano i periodi transitori richiesti, questa volta, non dagli Stati membri, ma dai paesi candidati: Lettonia, Polonia e Slovenia, ad esempio, hanno richiesto periodi transitori per la piena implementazione del capitolo sociale. Si tratta di un aspetto non secondario, dal momento che a giudizio della Commissione il rispetto dei parametri di Copenaghen è prioritario rispetto a quello dei criteri di Maastricht. Ulteriormente, un periodo transitorio sul tema sociale può provocare effetti distorsivi sulla concorrenza, oltre che ostacolare l’armonizzazione fiscale. Senza dire degli aggravi finanziari per l’Unione: ogni periodo transitorio richiederà fondi ulteriori, e il rischio di "sforare" il budget concordato a Berlino diventa sempre più realistico.